"Per la vicenda Telecom Italia Sparkle abbiamo pagato
all'Agenzia delle Entrate, beneficiando dello sconto, 418
milioni di euro, tra Iva, sanzioni e interessi, una cifra per noi
rilevantissima, versata senza contestare l'accertamento. Questo
non perché fossimo convinti della correttezza degli accertamenti
svolti dalla stessa Agenzia delle Entrate ma perché il contesto
generale ci induceva ad aderire alle pretese erariali. Senza
interventi, la Procura aveva minacciato il commissariamento della
società e noi intervenimmo per sanare prudenzialmente la
situazione riscontrata". Lo ha detto il presidente di Telecom
Italia, Franco Bernabè, ascoltato come teste al processo per il
maxi-riciclaggio di 2 miliardi a carico di una ventina di imputati,
tra cui, per soli reati fiscali, anche alcuni ex dirigenti di
Fastweb e di Telecom Italia Sparkle (Tis) in carica tra il 2003 e
il 2007.
Bernabè, che già il primo ottobre 2010 era stato ascoltato come
testimone dai Pm titolari dell'indagine, è tornato a parlare
della vicenda davanti ai giudici della Prima sezione penale del
Tribunale di Roma, precisando di essere arrivato al vertice di
Telecom Italia solo all'inizio del 2008, dopo che i contratti
tra Tis e le società riconducibili all'affarista Gennaro
Mokbel che avrebbero generato l'evasione dell'Iva erano
già stati chiusi.