Franco Bernabè non è il tenente Drogo. E Telecom Italia non è
una fortezza isolata, i suoi dipendenti non si interrogano sul
proprio ruolo, ma sono ben coscienti che la loro missione è
fornire infrastrutture e servizi sempre più efficienti e
innovativi per sostenere la competitività del sistema Paese e per
rendere più semplice la vita dei cittadini. Risponde così, con
una lettera a Repubblica, l’amministratore delegato di Telecom
Italia all’articolo pubblicato lunedì 30 marzo da Affari e
finanza, in cui la situazione dell’azienda italiana e del suo
numero uno veniva accostata a quella del noto romanzo di Dino
Buzzati.
Un accostamento “assai poco pertinente”, replica Bernabè oggi.
“Ritengo che affermare che Telecom Italia operi ai ‘confini del
regno’ o in un ‘avamposto remoto e isolato’ sia profondamente
sbagliato e offensivo”.
Telecom Italia, prosegue l’Ad, non sta perdendo né soldi, né
valore, né rilevanza strategica. “Negli ultimi due anni,
nonostante l’imperversare della crisi economica, il margine
operativo lordo organico di Telecom Italia si è stabilizzato
intorno a 11,3 miliardi di euro mentre il margine operativo netto
nei primi nove mesi dello scorso anno è aumentato passando da 4,1
a 4,3 miliardi di euro”.
Ancora, per quanto riguarda la rilevanza strategica, “basti
pensare che nel nostro ultimo piano industriale per il triennio
2009-2011 abbiamo previsto investimenti complessivi in
infrastrutture di rete per 6,7 miliardi di euro. Con questi
investimenti Telecom Italia rappresenta uno dei principali
propulsori dell’economia del nostro Paese”.
Nonostante diversi commentatori si “affardellino per proporre in
maniera spesso fantasiosa le proprie valutazioni su quale sia la
strada che Telecom Italia deve percorrere”, il gruppo ha le idee
chiare sul suo futuro, garantisce Bernabè: “Dobbiamo mantenere
l’integrità dell’azienda a dispetto di quelli che suggeriscono
una sua amputazione, sostenendo il curioso argomento per il quale
una Telecom Italia amputata e quindi impossibilitata a farsi carico
degli investimenti per ammodernare la rete, rispondesse meglio alle
esigenze del Paese”.
Alla questione regolatoria, sulla base della quale era stata
invocata per la prima volta la separazione della rete, Telecom
Italia ha risposto con gli impegni presi di fronte all’Agcom e la
creazione di Open Access. “Non esiste altro motivo per procedere
ad una separazione della rete perché il ragionamento secondo cui
la separazione della rete servirebbe a risolvere i problemi
finanziari di Telecom Italia è un’argomentazione che cozza non
solo contro i limiti del buon senso, ma anche contro quelli della
realizzabilità, tenuto conto che i circa 34 miliardi di euro di
debiti di Telecom Italia si sostengono proprio anche grazie al
valore e ai flussi di cassa generati dalla rete”.
Prosegue Bernabè: “Telecom Italia è in grado di sostenere e
ridurre gradualmente l’elevato livello di indebitamento ereditato
dal passato continuando a remunerare i propri azionisti”, e
ancora: “La verità è che il Paese, per dotarsi delle
infrastrutture in grado di sostenere lo sviluppo dei servizi a
banda larga e ultralarga e più in generale dell’Ict, deve poter
contare sugli investimenti di Telecom Italia”.
E a dimostrazione che i progetti dell’ex incumbent non si
fermano, anche in settori nuovi, arriva la notizia, pubblicata dal
Sole 24 Ore, del nuovo accordo nell’agguerrito settore della
pubblicità locale online siglato con il Gruppo L’Espresso, che,
secondo il quotidiano economico, varrebbe 4-5 milioni di euro.
Nel dettaglio Matrix, società controllata da Telecom, ha siglato
un contratto per la raccolta degli spot digitali con il gruppo di
Carlo De Benedetti, sulla scia di quello già in essere con Rcs e
Il Corriere della Sera. La partnership prevede la raccolta
pubblicitaria sul canale “directories”, legata dunque alla
ricerca per categorie, che verrà inserita su tutti i siti delle
edizioni locali di Repubblica.it e delle testate dei quotidiani
online del Gruppo L’Espresso. In tutto si tratta di 30 siti di
news locali pari a circa 6 milioni di utenti unici, cui vanno
aggiunti i 12 milioni di utenti al mese del portale Virgilio, i 6
milioni di clienti Tim e gli 8 milioni di clienti annuali del
1254.
Un accordo “strategico ma dai numeri ancora risicati”, commenta
Il Sole, “perché la parte più importante della raccolta
pubblicitaria sul web avviene attraverso la ricerca e quindi passa
da Google, che nel 2009 ha generato, secondo alcune stime, 350
milioni di ricavi dagli spot: una cifra che potrebbe salire a 500
milioni da qui a dicembre”.