Euroconsult gli ha assegnato il premio di “Migliore Operatore
mondiale per i servizi di comunicazioni satellitari” per crescita
e profittabilità basata sui risultati degli ultimi tre anni. Un
riconoscimento di prestigio che per Giuliano Berretta,
amministratore delegato e ceo di Eutelsat, ha un sapore
particolare dopo tanti anni alla testa di Eutelsat: la
certificazione che sotto la sua guida l’azienda si è trasformato
da sonnacchioso consorzio interstatale nel terzo operatore
satellitare privato al mondo, quotato alla Borsa di Parigi ed
apprezzato dal mercato. Dal momento della quotazione, tre anni fa,
il valore del titolo è raddoppiato ed ha retto bene al crollo dei
mercati. Il bilancio di quest’anno parla di una crescita
dell’utile netto del 45%, un fatturato record a 940 milioni di
euro (+7,2%) e un margine Ebtda del 78,9%, al top fra i grandi
operatori del mercato. Ad inizio novembre Berretta lascerà a
Michel De Rosen la direzione operativa di Eutelsat, ma rimarrà
come presidente. Una permanenza per la quale è stato necessario un
cambio di statuto, che suona come un chiaro riconoscimento al suo
ruolo determinante nel successo della società. Dopo tanti anni
all’estero, prima in Olanda all’Esa e poi a Parigi all’ESA e
poi in Eutelsat, Berretta ci annuncia in questa intervista che
prenderà casa e ufficio a Roma pur continuando a fare, ovviamente,
la spola con il quartir generale di Parigi. “L’Italia è il mio
Paese e ci torno volentieri – spiega – E poi l’Italia resta
il più importante mercato per Eutelsat. A Torino abbiamo
installato il più grande teleporto al mondo per le comunicazioni
bidirezionali via satellite e in Sardegna ne sarà presto
completato un altro”.
Come ha fatto a prendere a calci la crisi?
Con le strategie giuste. In un contesto economico difficile,
abbiamo mostrato capacità di resistenza eccezionali.
Abbiamo puntato a diventare il più grande operatore regionale del
mondo. Niente frammentazioni, ma posizioni orbitali concentrate:
questo ci consente un load factor migliore e maggior compattezza
gestionale. Piuttosto che molte debolezze, pochi ma importanti
punti di forza.
Come gli HotBird.
L’Hot Bird è la più importante concentrazione di tv dallo
spazio del mondo. Ma abbiamo aperto altre posizioni secondo una
logica che è stata chiamata della cascata. I “fari” più
importanti e richiesti, ma anche più costosi come l’HotBird,
hanno “filiato” posizioni minori ma meno onerose, concentrate
su specifiche aree geografiche e precise fasce di mercato. Possiamo
così proporre ai clienti un menu differenziato per esigenze e
possibilità di investimento.
Su che mercati?
Il nostro core market va dall’Europa occidentale ai Paesi Stan.
Oltre all’Africa che, contrariamente a quanto si può pensare, ha
subito meno di altri la crisi e vede in aumento la richiesta di
capacità satellitare per televisione e Internet.
Ma in Europa la crisi si è sentita, eccome.
In tempi di crisi la gente si fa bene i conti. E al piacere
immediato preferisce quello prolungato nel tempo. Meglio vedersi la
pay tv un mese piuttosto che, per lo stesso prezzo o quasi, andare
al ristorante. E poi, cosa può fare un broadcaster? Interrompere
le trasmissioni per risparmiare sul trasporto del segnale che vale
appena il 4% dei costi di una Tv medio-grossa? Sarebbe un
suicidio.
Ciò basta a spiegare il successo della tv dallo
spazio?
Questo spiega perché ha retto bene in un periodo di crisi. Ma il
trend di fondo che supporta il satellite è la moltiplicazione dei
canali, la specializzazione. Si pensi al boom della pay-tv. Senza
il satellite non sarebbe stato possibile. È il mezzo più
efficiente e meno costoso per il broadcasting: servire un abbonato
via satellite costa al broadcaster pochi centesimi all’anno,
anche nelle posizioni premium come i 13° Est dell’Hot Bird.
Ultimamente, poi, abbiamo assistito ad un fenomeno nuovo. Sa quale
è?
Me lo dica lei.
I canali etnici. Gli emigrati turchi in Germania, ad esempio, sono
un mercato importante per i bouquet televisivi in turco. Oppure
tutti i canali arabi: ne nascono sempre più. Ovviamente, non vanno
sull’Hot Bird, troppo oneroso per loro, ma su posizioni meno
costose, ma sempre concentrate. Abbiamo creato poli di eccellenza
mirati su singoli mercati. Più che moltiplicare la capacità,
abbiamo puntato al valore aggiunto per unità di prodotto. E a
rafforzarci dove non eravamo presenti, come in Germania.
Paese stracablato e saldamente in mano al vostro
concorrente Ses-Astra.
Non abbiamo attaccato direttamente né gli operatori via cavo né
Astra. Invece, abbiamo creato una nuova domanda aggregando noi
stessi una serie di canali etnici e tedeschi. Ed ora forniamo
questo pacchetto a migliaia di operatori via cavo detti di livello
4. In effetti, abbiamo creato una pay-tv chiamata KabelKiosk con
una mescolanza di canali tedeschi e stranieri.
E i nuovi servizi via satellite? Se ne parla tanto ma
restano una parte minore del vostro fatturato.
Ma sono in crescita significativa e danno un valore aggiunto
maggiore. Il satellite è il mezzo migliore per coprire le zone di
digital divide più estremo. E non solo quello: abbiamo più
richieste del nostro servizio di broadband in Veneto o Lombardia
che non in Calabria o Campania.
In prospettiva il digital divide è destinato a
ridimensionarsi di molto.
Ma quando? E comunque resteranno sempre aree mal servite. Magari
saranno poco rilevanti per le telco tradizionali, ma per noi
rappresentano un business molto interessante.
La qualità non è paragonabile a quella della
fibra.
Ma quanta fibra c’è oggi nelle case degli europei? E comunque,
la qualità dell’Internet via satellite è paragonabile a quella
dell’Adsl. Oggi Eutelsat è in grado di offrire una velocità
sino a 3,6 megabit al secondo a un prezzo fra i 30 e i 35 euro al
mese, tutto incluso. Abbiamo una cinquantina di distributori fra
cui, in Italia, Telecom e Fastweb. Il mercato si sta scaldando
adesso.
Quanto gli ci vorrà per andare a regime?
Non molto. L’anno prossimo lanceremo un satellite ottimizzato per
Internet, con fasce di ricetrasmissione focalizzate su singole
aree. È una rivoluzione nel campo delle tecnologie satellitari
televisive dove, al contrario, conta l’ampiezza del fascio per
ottimizzare l’investimento. Ma Internet non vuole broadcasting,
vuole collegamenti one-to-one.
Per renderli economicamente sostenibili, manderemo nello spazio un
satellite ad hoc, chiamato KaSat, dotato di ben 82 spot. Un
investimento di 350 milioni. KaSat avrà da solo una capacità più
che doppia rispetto a tutta la flotta attuale di Eutelsat con un
costo del bit di otto volte minore. Potremo servire sino a 2
milioni di utenti in tutta Europa con banda di 10 megabit. Anche
sulla cima del monte Bianco.
Berretta: “Le mie ricette anticrisi”
Investimenti e innovazione. Parola del numero uno di Eutelsat
Pubblicato il 28 Set 2009
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