L'INTERVISTA

Bertoluzzo: “Il nostro futuro si giocherà sulla qualità”

Il numero due del gruppo Vodafone: “Le reti sono sempre più convergenti, e lo sono le aziende per le quali la convergenza è un’esigenza di business. Noi puntiamo su performance sempre migliori”

Pubblicato il 30 Set 2013

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«C’è bisogno di aziende solide, stabili e con prospettive di lungo periodo indispensabili per investire. Se l’impegno di Telefonica è volto a dare stabilità a Telecom Italia, e soprattutto se ha prospettive di investimento, allora sarà una cosa positiva per tutto il settore. Noi all’Italia crediamo: abbiamo appena acquisito per 3 miliardi il 23% di Vodafone Italia in possesso di Verizon”, commenta Paolo Bertoluzzo, dal primo ottobre chief commercial and operations officer del Gruppo Vodafone, in pratica il numero due al mondo dopo Vittorio Colao.

Usciti dall’America, avete molta più cassa di Telefonica per acquisizioni.

Non usciamo dagli USA, abbiamo gestito molto bene una partecipazione finanziaria che abbiamo ceduto, per 130 miliardi di dollari. Oltre Il 70% lo abbiamo distribuito agli azionisti, 8 miliardi di euro andranno ad accelerare i nostri investimenti organici, una parte servirà a ridurre un debito già molto basso aumentando ulteriormente la nostra flessibilità per crescere anche attraverso acquisizioni, se ci saranno buone opportunità.

Avete comprato Cable&Wireless in Uk e Kabel Deutschland in Germania. Innamorati del fisso?

Non è questione di innamoramento ma di strategie di crescita. Investiamo con quattro priorità: reti mobili dati, in particolare di nuova generazione, in particolare 4G; dare ai nostri clienti il miglior servizio possibile; reti fisse e convergenza; servizi e soluzioni per le aziende. Il deal con Verizon ci consente di accelerare la nostra strategia di investimenti, ma questo non significa che abbassiamo le nostre aspettative di ritorno sugli investimenti. Anzi aumentiamo ulteriormente il nostro livello di rigore.

Da dove nasce l’attenzione al fisso?

Tecnologicamente le reti sono sempre più convergenti. Come lo sono i comportamenti dei clienti che chiedono un accesso a Internet con la stessa esperienza da tutte le piattaforme: mobile, wifi, fisso. E lo sono le aziende per le quali la convergenza è un’esigenza di business. Abbiamo lanciato “Rete Unica” proprio in Italia quattro anni fa e l’abbiamo esportata negli altri paesi del Gruppo Vodafone. Avendo l’ambizione di essere fornitori di telecomunicazione a tutto tondo, è evidente la nostra crescente focalizzazione di investimento anche sulle reti fisse. Credo che Vodafone sia l’operatore alternativo che ha investito di piu’ in Europa. In Italia abbiamo speso 2,5 miliardi nella rete fissa, in Germania acquisito la totalita’ di Arcor e recentemente Kabel, in UK abbiamo comprato C&W, e stiamo costruendo fibra in Spagna e Portogallo.

L’Italia è indietro nel broadband.

Quello che crea sviluppo è la concorrenza, e nel fisso – diversamente dal settore mobile – questa spinta è mancata. Negli altri paesi europei c’è concorrenza tra le infrastrutture degli incumbent e quelle degli operatori via cavo. In Italia la rete è un monopolio naturale in mano ad un operatore privato che, mancando una sana concorrenza infrastrutturale, è portato ad investire con un approccio molto più conservativo.

Ci vuole lo scorporo della rete?

Credo che dal punto di vista delle politiche industriali non sia bene avere un monopolio naturale in mano ad un operatore totalmente privato. Se fatto correttamente lo scorporo va nella direzione positiva di un bilanciamento tra investimenti, sviluppo e concorrenza. Se l’infrastruttura in monopolio naturale non fosse più di proprietà esclusiva di un investitore privato, potrebbero arrivare capitali di natura diversa a partire dalla Cdp, accelerando lo sviluppo delle tecnologie di nuova generazione, e togliendo il freno a quella concorrenza che nel fisso è stata sempre depressa.

Che significa separazione corretta?

Il tema è molto delicato. Stiamo parlando di aziende private la cui indipendenza va tutelata. Se potessimo disegnare un equilibrio a me piacerebbe vedere una rete con una governance completamente indipendente da un singolo operatore, e con un assetto proprietario non esclusivo, in grado quindi di decidere di investire in una prospettiva di ritorno anche di lungo periodo per lo sviluppo del Paese.

Parlava di aziende sane. Non fa bene a nessuno la guerra dei prezzi in atto nel mobile.

La concorrenza fa bene perché ci costringe ad essere innovativi, competitivi ed efficienti. Ma in Italia da tre anni c’è una guerra dei prezzi senza prospettiva. Se dovesse continuare avrebbe impatti forti sul fronte degli investimenti del settore e sulla capacità di offrire ai clienti reti, servizi di qualita’ e innovazione. È una guerra che fa male agli investimenti, alle aziende, all’occupazione, ai consumatori. E anche al Paese visto che le nostre reti sono un’infrastruttura nevralgica per lo sviluppo.

E allora, perché ci siete cascati tutti?

Non tutti gli operatori guardano al futuro con la stessa prospettiva di lungo periodo. C’è chi pensa al mordi e fuggi e quindi fa prezzi da arrembaggio che finiscono inevitabilmente per condizionare il mercato. Ma così, lo ripeto, non si costruisce nulla.

Come se ne esce?

Ad esempio chiedendosi se in un Paese come l’Italia non siano troppi quattro operatori mobili infrastrutturati. È auspicabile un sano consolidamento che premi chi si da prospettive di lungo periodo.

Potreste cominciare collaborando alla posa delle reti Lte.

La collaborazione nelle reti passive fa bene alle aziende per le efficienze di costo, ma anche all’ambiente perché riduce i consumi di energia e di territorio. In Europa Vodafone Italia è fra gli operatori che ha la maggior percentuale di torri condivise. Ma è fondamentale che la tecnologia resti indipendente: è il nostro elemento di differenziazione sul mercato su cui vogliamo accelerare e investire per offrire di piu’ in termini di capacità, velocità, e qualità. La qualità paga ancora rispetto al mero prezzo? Bisogna ritornare a parlare di “differenziazione basata sulla qualita” e non solo sul prezzo.

C’è chi dice che le telco o vendono nuovi servizi come gli OTT o diventano dumb pipe.

Noi dobbiamo fare bene il nostro core business per offrire connessioni di grande qualità, ovunque, con performance sempre migliori e con tutto il portafoglio di assistenza e servizio al cliente.. Anche, ovviamente, lanciando nuovi servizi come già abbiamo fatto, ad esempio con soluzioni di security e di cloud. Più che dumb pipe, direi smart pipe. Ma questo non vuol dire fare le app o i contenuti..

Gli OTT entrano a gamba tesa in servizi voce o messaggistica prima monopolio delle telco.

Credo che il mercato debba fare la sua parte ma nell’ambito di regole che devono valere per tutti. Si parta tanto di net neutrality ma parlerei anche di “service neutrality”. Se gli Over the Top offrono servizi voce o messaggistica, devono sottostare alle stesse regole in termini di privacy, tutela della sicurezza, trasparenza e interconnessione, applicate agli operatori tradizionali. Anche agli OTT deve essere poi applicata la stessa attenzione regolatoria contrastando la formazione di monopoli o duopoli sui sistemi operativi, motori di ricerca, appstore ecc.. Kroes mira al consolidamento nelle telco.

Il consolidamento non può fare che bene, se le aziende che ne emergono avranno la capacità di investire. Ma l’Europa è ancora fatta di tanti mercati locali: si parta da lì, considerando le specificità dei singoli Paesi. Ma non hanno certo giovato interventi drastici e veloci come i tagli delle tariffe di terminazione, il poco spettro disponibile a fronte di alti costi delle licenze Lte, una ossessiva attenzione al roaming , ben diversa da quella che c’è, ad esempio, in Canada e negli Usa dove, tra l’altro, i prezzi delle telefonate sono più cari che in Europa.

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