L'INTERVISTA

Borgherese (Assocontact): “Sfida industriale per il comparto customer care”

Il presidente dell’Associazione: “Serve una riforma in grado di sostenere le aziende che investono e operano nella legalità. Rendere strutturale il Fondo nuove competenze per finanziare piani di upskilling e reskillig”

Pubblicato il 28 Gen 2021

Lelio-Borgherese-assocontact

Il settore del  Customer Care ha dimostrato tutta la sua centralità nel periodo più duro della pandemia. In questo quadro Assocontact si sta muovendo su più fronti per dare al comparto un impianto “industriale”, necessario a sostenere competitività e occupazione.

Lelio Borgherese, Presidente dell’Associazione che riunisce le aziende del Business Process Outsourcing, delinea a CorCom i cambiamenti in atto e le azioni messe in campo per abilitare la trasformazione. E anche le criticità da superare

Borgherese, l’emergenza sanitaria ha messo in risalto il ruolo strategico della vostra attività. Quali le novità più rilevanti?

Nei mesi di emergenza il settore dei contact center ha dimostrato di essere cruciale, uno di quelli che doveva rimanere aperto per Dpcm, avendo consentito alle persone di continuare a fruire dei servizi essenziali e, cosa non meno importante, di farle sentire meno sole. Il Customer Care è dunque tornato al centro del dibattito mentre importanti cambiamenti hanno visto coinvolti i servizi legati alle attività outbound

Si riferisce alla riforma del registro delle opposizioni?

Esattamente, si tratta di un importante risultato oramai quasi ottenuto anche se dopo un iter complesso e decisamente troppo lungo, soprattutto nella parte riguardante i decreti attuativi. Ma finalmente ci siamo, si attende solo il passaggio definitivo in Cdm e la pubblicazione in Gazzetta.

Quali sono i punti salienti della riforma?

Riguardano in particolar modo le utenze cellulari – in Italia sono circa 80 milioni – che potranno iscriversi al registro per dire no alle chiamate indesiderate. Grazie a questa riforma i cittadini che inscriveranno il proprio numero di cellulare non riceveranno più alcuna chiamata di orientamento all’acquisto di servizi e prodotti né tantomeno potranno essere contattati per partecipare a ricerche di mercato. L’iscrizione al servizio fa infatti scattare la revoca di tutti i consensi precedentemente rilasciati alle aziende. Uno strumento fondamentale per la tutela dei consumatori.

Ma questo non rischia di penalizzare le aziende che fanno attività outbound?

Tutt’altro. Premia le imprese che rispettano le regole e operano nella più trasparente legalità, inibendo i comportamenti criminali. L’esito diretto è il ripristino della fiducia tra consumatore e consulente telefonico affidabile, l’incremento del tasso di risposta e il miglioramento della presdisposizione all’acquisto di servizi e prodotti a quel punto considerati utili e sicuri. Il combinato disposto di questo circolo virtuoso con gli investimenti in tecnologia e formazione che le aziende serie fanno e faranno con sempre più energia ed entusiasmo, determina il miglioramento dell’offerta e delle modalità di interazione. Così si costruisce un sistema sano, competitivo e positivo. Ecco perché Assocontact si è battuta affinché la riforma fosse approvata.

Le vostre aziende associate sono scese ancora una volta in campo a tutela dei consumatori, aggiornando il Codice di autoregolamentazione e il decalogo per i consumatori, redatto insieme ad Oic (Osservatorio Imprese e Consumatori). Di che si tratta?

Il Codice Procedurale di Autoregolamentazione è un insieme di regole che oggi abbiamo reso più stringenti con l’obiettivo di stabilire un modello di interazione corretto e rispettoso dei Dati dei consumatori, della Legge e della volontà dei cittadini. Le norme si specchiano nel Decalogo,  un vademecum a vantaggio dei consumatori per riconoscere sin dalle prime battute se dall’altra parte del telefono c’è un consulente telefonico serio e affidabile o se si trova davanti a un tentativo di truffa. Il numero dell’operatore, ad esempio, deve essere sempre in chiaro e ricontattabile; i nostri collaboratori devono presentarsi sempre con il nome dell’outsourcer ma anche del committente. O ancora, si devono rendere noti al cliente i diritti relativi al trattamento dati e deve essere esposta chiaramente anche la possibilità di opporsi al trattamento. Devono dare piena evidenza di dove hanno reperito il contatto. Infine, ma non meno importante, si dà uno stop definitivo alle chiamate mute. È un decalogo che le nostre aziende associate già usano da tempo. Un buon risultato raggiunto anche grazie alla collaborazione dei committenti. Il vademecum dei consumatori rappresenta, invece, una preziosa raccolta di suggerimenti per aiutare i cittadini a riconoscere comportamenti opachi e smascherare le truffe.

Il risultato più innovativo della vostra collaborazione con Oic riguada la camera di compensazione…

Abbiamo realizzato una “camera di compensazione”, una sorta di organismo intermedio a cui il cittadino può fare ricorso per denunciare comportamenti fraudolenti e che a sua volta può adire il Garante Privacy qualora ravvisi l’illecito. Le segnalazioni riguardanti i Call Center sospetti potranno essere inviate direttamente all’attenzione di Assocontact e Oic,  accedendo alla sezione dedicata nei loro siti. Ancora uno strumento a tutela dei nostri clienti e delle aziende serie del comparto.

Da anni Assocontact si batte per un riordino complessivo del settore dal punto di vista legislativo…

Noi puntiamo a mettere in campo una serie di norme di legge – l’ideale sarebbe un ddl governativo – che tuteli il settore e di conseguenza gli utenti a cui noi offriamo i servizi. Per prima cosa è necessario adottare un sistema di certificazione, una sorta di Bollino Blu utile per monitorare la loro capacità manageriale, organizzativa e di investimento. A nostro avviso potrebbe essere il Mise a gestire l’albo delle aziende qualificate. Il Bollino Blu sarebbe anche una garanzia di professionalità degli addetti ai servizi. C’è bisogno di distinguere tra chi rispetta le regole, ha capacità manageriale e opera investimenti in formazione e innovazione, sperimentando nuovi modelli di organizzazione per aumentare le performance, migliorare i servizi e contenere i costi e chi invece non fa nulla di tutto questo.

C’è poi il grande tema della tenuta occupazionale del settore che in questi anni ha subito dei veri e propri “terremoti”, soprattutto al Sud. Su questo fronte quali soluzioni immaginate?

Sono due i pilastri della nostra proposta di riforma. Il primo riguarda la clausola sociale, che deve essere normata dentro una cornice legislativa ad hoc per evitare interpretazioni soggettivistiche della stessa che non proteggono né le aziende né tantomeno i diritti dei lavoratori. Il secondo pilastro riguarda le tabelle tariffarie del Mise che vanno aggiornate per rendere sostenibile la filiera e dunque l’occupazione sia nelle attività outbound che inbound. Si tratta però di un impegno che deve coinvolgere necessariamente anche i committenti i quali devono fare ricorso a politiche di pricing sostenibili per noi outsourcer. Solo così possiamo pensare di evitare crisi di occupazione strutturale nei territori, soprattutto al Sud.

Il comparto sta attraversando un’importante fase di trasformazione. L’avvento dei chatbot e dei sistemi di intelligenza artificiale richiede un impegno importante sul versante upskilling e reskilling del personale. Lei che idea si è fatto?

La formazione continua deve essere la bussola del nostro business. Abbiamo già un metodo da seguire: gli operatori che vendono servizi bancari e assicurativi sono certificati dall’Ivass. Se consideriamo che molti dei professionisti svolgono attività di intermediazione molto delicata – basti pensare a chi lavora con gli utenti Inps – e hanno sviluppato competenze altissime, è chiara la necessità di tutelarle e implementarle.

Per farlo servono investimenti poderosi. Le aziende Assocontact sono in grado di sostenerli?

Crediamo che un’operazione così strategica non possa essere realizzata se non con un importante contributo pubblico. Attualmente c’è il Fondo Nuove Competenze, che sicuramente è un buon punto di partenza, ma che a nostro avviso deve essere reso strutturale. Sulla scia di quanto previsto per gli ammortizzatori sociali perché oggi il lavoratore non si tutela solo sostenendo il suo reddito ma anche mettendolo nelle condizioni di rimanere competitivo su un mercato del lavoro in continua trasformazione.

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