Qualcomm in Corea farà ricorso contro la decisione dell’Alta corte di Seul che ha confermato la sanzione da 873 milioni di dollari – un record nel paese asiatico – imposta dalla Korea Fair trade commission (Kftc) nel 2016 per abuso di posizione dominante nell’ambito del licensing dei brevetti e vendita dei chip modem. Lo riporta Reuters.
Sono diverse le cause legali (alcune chiuse, altre in corso) che hanno coinvolto Qualcomm per le questioni relative a antitrust e licenze dei brevetti. Tra queste rimane aperta una disputa con la Federal trade commission americana.
Le accuse in Corea
In Corea del Sud, dopo un’indagine durata tre anni, il regolatore Korea Fair trade commission ha accusato Qualcomm di avere violato le leggi sulla concorrenza limitando l’accesso di produttori rivali ai propri brevetti, rifiutandosi di offrire licenze su alcune proprietà e offrendone altre con pacchetti contenenti brevetti non necessari.
Secondo la Kftc, Qualcomm impediva inoltre ai concorrenti di utilizzare brevetti legati ai cosiddetti “standard essenziali” su tecnologie di connettività moile, fenomeno che impediva una sana concorrenza all’interno del mercato. Oltre alla multa da 873 milioni di dollari la Kftc ha ordinato a Qualcomm di modificare la strategia commerciale utilizzata e porre fine ai comportamenti illeciti: niente più “patent-bundling” e Qualcomm che deve offrire ai clienti la possibilità di rinegoziare gli accordi.
La nuova sentenza
Secondo l’Alta corte di Seul Qualcomm “ha esercitato una significativa influenza sui produttori di telefoni cellulari” sia tramite relazioni commerciali sbilanciate sia costringendoli a dipendere dalle sue forniture di chip modem.
Il tribunale coreano ha confermato i rimedi proposti dall Kftc, tra cui l’ordine di cessare la condotta che discriminava i rivali che voleva usare i suoi brevetti mobili “essenziali” e sviluppare chip modem per gli smartphone concorrenti. Il giudice ha invece respinto le accuse del regolatore secondo cui Qualcomm avrebbe svantaggiato i produttori di smartphone firmando accordi di licensing “onnicompresivi” e ha così lasciato aperta la possibilità per l’azienda americana di ricevere una quota del prezzo dei telefoni come introito sulla licenza.
La replica di Qualcomm
“Dissentiamo dalla decisione del tribunale che ha accettato parti dell’ordine della Kftc e ricorreremo immediatamente in appello contro la sentenza della suprema corte coreana”, ha affermato il vice presidente esecutivo di Qualcomm, Don Rosenberg.
Fra i paesi che si sono scagliati contro il modello di licensing di Qualcomm c’è la Cina, che a febbraio 2015 ha imposto al produttore una multa di 975 milioni di dollari e nuove regole per la vendita delle licenze.
In Europa Qualcomm ha subito quest’anno dall’antitrust una multa da 242 milioni di euro per abuso di posizione dominante sul mercato dei chip 3G. L’indagine della Commissione europea ha riguardato l’applicazione di prezzi cosiddetti predatori sui chip modem 3G e ha concluso che i chip di Qualcomm sono stati venduti sottocosto per spingere fuori mercato Icera, azienda concorrente oggi proprietà di Nvidia. Per Qualcomm si tratta della seconda multa antitrust in Ue dopo quella da 997 milioni di euro nel 2018 per aver ostacolato il business dei fornitori alternativi per il suo più grande cliente, Apple.
Fronte aperto negli Usa
Negli Stati Uniti la Ftc ha in corso dal 2017 una causa antitrust contro il chipmaker. I legali dell’ente federale hanno sostenuto che Qualcomm ha usato il potere di mercato nei chip 3G e 4G per costringere i produttori di cellulari a firmare accordi di licenza che prevedevano royalty molto alte. Se nessuno interviene, accadrà lo stesso con i chip 5G, ha sostenuto l’accusa.
Quest’anno il regolatore ha imposto a Qualcomm di aprire le licenze ai fornitori di chip rivali e di smettere di esigere dai clienti dei suoi chip di firmare una licenza di brevetto prima dell’acquisto dei chip stessi. Qualcomm ha ottenuto in appello un congelamento della sentenza sostenendo che l’esecuzione prima del giudizio definitivo pregiudica pesantemente le trattative con i produttori di smartphone interessati ai chip per il 5G.