Broadband mobile col freno. Il paradosso della gara Lte?

Agcom prevede la copertura 4G anche nelle aree dove arriverà la banda larga grazie al refarming del Gsm. Si rischia l’effetto boomerang: rallentare gli investimenti anti-digital divide e la copertura delle zone periferiche

Pubblicato il 21 Giu 2011

Potremmo definirlo il paradosso della doppia copertura. Quello,
cioè, per cui chi porta la banda larga mobile nelle aree di
digital divide sfruttando le frequenze a 900Mhz (all’inizio
riservate al Gsm, ma poi riutilizzate con tecnologia Umts) dovrà,
in un breve giro temporale, coprire le stesse zone anche con
frequenze a 800Mhz, se aggiudicatario di porzioni di spettro
liberato dallo switch-off digitale della tv.

Si tratta dei canali che verranno assegnati agli operatori con la
gara Lte in calendario entro settembre: proprio ieri in Gazzetta
Ufficiale sono stati pubblicate le procedure e le regole per
assegnazione e utilizzo di tali frequenze predisposto da Agcom; per
sabato è previsto il lancio del bando di gara da parte del
ministero dello Sviluppo economico.

È proprio fra i dispositivi di diffusione dell’Lte elaborati di
Agcom, se verranno proposti tali e quali dal bando del ministero,
che si trovano i meccanismi che rischiano di determinare un vero e
proprio paradosso: penalizzare chi investe in larga banda mobile
prima dell’arrivo dell’Lte. Col prevedibile risultato di
rallentare investimenti e diffusione del broadband nelle zone di
digital divide.

Esattamente il contrario, a ben vedere, di quelli che sono gli
obiettivi più volte espressi da Agcom di accelerare il superamento
del digital divide nell’intero Paese. Ed anche in contrasto con
gli obiettivi dell’Agenda Digitale europea che si propone di
portare almeno 2 megabit/s di banda larga in tutta Europa entro il
2013.

Appare difficile che la scadenza europea possa essere rispettata in
Italia senza l’apporto del broadband mobile. Tanto più
affidandosi soltanto all’Lte. L’asta per gli 800Mhz è sì
programmata per settembre, ma le frequenze non saranno rese
disponibili prima del gennaio 2013, sempre che vengano liberate
dalle tv che ora le occupano.

Ecco quindi che diventa di grande interesse la possibilità del
“rifarming” delle frequenze del Gsm per accelerare la
diffusione del broadband mobile nelle aree periferiche. Non a caso,
anche sulla base di tali considerazioni, lo scorso dicembre Agcom
ha concesso la possibilità del rifarming a Vodafone: dopo tale via
libera la società guidata da Paolo Bertoluzzo ha potuto lanciare
il piano dei “1.000 Comuni”: altrettante piccole collettività
locali periferiche dove in tre anni verrà portato Internet mobile
a 2 megabit/s. Proprio di recente, anche Tim ha fatto una analoga
richiesta ad Agcom. Il via libera dell’Authority è atteso per le
prossime settimane.

Agcom non nega la possibilità di sviluppare il broadband con i
900Mhz ma prevede che, sette anni dopo la messa a disposizione
delle nuove frequenze, gli operatori coprano l’intero territorio
anche con frequenze a 800Mhz. Un termine che viene giudicato dai
diretti interessati troppo perentorio e penalizzante per gli
investimenti a 900Mhz che, in particolare nelle zone di digital
divide, avrebbero invece bisogno di un arco temporale di
“protezione” più lungo per diventare interessanti. Altrimenti
vi è un rischio di un drastico rallentamento di tali
investimenti.
Agcom, a sua volta, vuole mettere dei precisi paletti per spingere
la costruzione delle nuove reti in tutte le aree del Paese evitando
penalizzazioni proprio delle aree più marginali. Dall’altra
parte si risponde che portare 2 megbit/s è comunque una iniziativa
anti-digital divide, pienamente rispondente agli obiettivi
dell’Ue, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata. Quanto
all’efficienze dell’uso delle nuove frequenze assegnate, si
osserva che fra gli obblighi previsti da Agcom vi sono altri
meccanismi che la assicurano, come ad esempio l’obbligo per
l’aggiudicatario di rispondere a ragionevoli richieste di accesso
di terzi.

Insomma, l’obbligo di ricopertura a 800 Mhz non ha ragioni di
esistere: è ridondante rispetto alle norme previste per l’Lte e
nel contempo rallenta lo sviluppo della banda larga mobile. Un
altro caso in cui il meglio è nemico del bene? Sarebbe un bel
paradosso.

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