Una riunione lunga otto ore al ministero del Lavoro dalle 12 alle 20, che si è conclusa, nell’ultimo giorno utile e dopo una serie di altre riunioni, con un rinvio di una settimana per la decisione sulle procedure di mobilità in British Telecom Italia. Attorno allo stesso tavolo i vertici dell’azienda, i rappresentanti del Governo e quelli dei sindacati, per “una mediazione lunga e difficile”, come la definisce Salvo Ugliarolo, segretario nazionale Uilcom-Uil, che potrebbe però giungere a una conclusione diversa dai licenziamenti, con il ricorso a esodi incentivati che sono già stati accettati in via preliminare da 55 lavoratori. Per chiudere la vertenza, secondo quanto emerso dall’incontro di ieri, sarà necessario arrivare a 80.
Gli esuberi inizialmente annunciati dal gruppo britannico erano 147, poi portati a 122 su un totale di circa 950 lavoratori che l’azienda impiega tra le sedi di Milano, Torino, Roma, Firenze, Napoli e Padova. Ma se si dovessero raggiungere e superare le 80 adesioni agli esodi incentivati (a ognuno dei quali potrebbero andare da 15 a 33 mensilità), l’azienda sarebbe pronta a considerare soluzioni diverse dal licenziamento per gli altri circa 40 mandanti, fornendo ai sindacati nuovi margini di manovra.
Il tempo da qui al 4 dicembre servirà ai sindacati per portare questa proposta di soluzione nelle assemblee in azienda, e ottenere il mandato per chiudere. In questo caso si aprirebbe una ulteriore finestra di mobilità fino a marzo, data entro la quale il percorso delle uscite dovrà essersi completato.
L’azienda, con la proprietà britannica che ha dimostrato finora grande fermezza nel non voler accettare soluzioni come la Cassa integrazione o i contratti di solidarietà, ha voluto mantenersi dei margini di manovra per ridurre i costi, fino a ipotizzare eventuali demansionamenti.