IL BILANCIO AGCOM 2005-2012

Calabrò: “Senza banda ultralarga si rischia di finire su binario morto”

Presentato oggi il bilancio di mandato 2005-2012 dell’Agcom. Il ritardo italiano nelle infrastrutture vale tra l’1 e l’1,5% del Pil. “Lo sviluppo di un ecosistema digitale è alla base del recupero di produttività”. Ngn: “Non è vero che abbassare il prezzo dell’unbundling spinge la fibra”.

Pubblicato il 02 Mag 2012

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“Il ritardo nello sviluppo della banda larga costa all’Italia tra l’1 e l’1,5% del Pil. Senza infrastrutture a banda ultra larga i sistemi economici avanzati finiscono su binari morti”. Il presidente dell’Agcom Corrado Calabrò, nel presentare oggi il bilancio di mandato (2005-2012) dell’Authority – prossima al rinnovo – ha acceso i riflettori sulle questioni “aperte” e sulla necessità per l’Italia di dotarsi di infrastrutture adeguate non solo a fronteggiare l’esponenziale crescita di dati ma anche per stimolare la ripresa e la crescita. L’appello è al governo ma anche alle telco.

Non solo la telefonia mobile, la quale ha un incremento esponenziale, ma tutti i servizi del futuro prossimo e di quello ulteriore richiedono una rete a banda larga e ultra larga – si legge nella relazione del Presidente -. L’internet delle cose segnerà un ulteriore salto di qualità nel consumo di byte”. Dal 2010 – ha ricordato Calabrò – l’Europa ha un’Agenda digitale, con obiettivi precisi e sfidanti da raggiungere nel 2013 e nel 2020, anche se con una visione un po’ impacciata circa le azioni con cui traguardarli. È ormai un punto fermo che lo sviluppo di un ecosistema digitale è alla base del recupero di produttività, per migliorare la competitività internazionale di un Paese e per creare nuova occupazione qualificata. “L’economia internet in Italia vale solo il 2% del Pil; la stessa stima conduce a valutare l’internet economy del Regno Unito nel 7,2% del Pil”.

“Come osservava il Ministro Passera – ha aggiunto Calabrò – per le infrastrutture è l’offerta a generare la domanda. Quando avremmo costruito le autostrade se avessimo atteso che prima fossero fabbricate le automobili che le avrebbero percorse? Ma non meno importante è lo sviluppo concomitante dei servizi. Infrastrutture e servizi devono fertilizzarsi a vicenda; disponibilità di applicazioni e utilizzo reale devono andare di pari passo, così come l’alfabetizzazione digitale della popolazione. Nella sua segnalazione al Governo e al Parlamento l’Agcom ha dato suggerimenti specifici e mirati, rilanciati pubblicamente da Confindustria Digitale”.

Secondo Calabrò “c’è ancora scarsa consapevolezza delle potenzialità globali delle tecnologie della società dell’informazione; il che relega queste ultime a uno dei tanti strumenti di sviluppo economico, mentre esse possono invece dare una spallata a un sistema imballato. Il settore delle tlc è la chiave di volta della rivoluzione digitale che, abilitando l’innovazione, può cambiare radicalmente i paradigmi dell’economia e della società”.

Determinante il ruolo dell’Agenda digitale “un progetto olistico che non può esaurirsi in una serie non sequenziale di azioni frammentate. Ha osservato la Commissaria Kroes che se l’economia digitale fosse un Paese la sua performance le varrebbe la partecipazione al G-20. Il suo tasso di crescita del 12% annuo supera quello cinese. Nessun altro settore è in grado di accelerare in misura comparabile la crescita e lo sviluppo del Paese, in un momento in cui ne abbiamo assoluto bisogno. Soprattutto per le generazioni future. Non è più tempo di simulazioni, o di iniziative sperimentali. Dum Romae consulitur, Italia regressa est”.

L’intervento di Calabrò è stato un’occasione per delineare la strada futura ma anche e soprattutto per mettere nero su bianco i progetti e le iniziative che hanno segnato i sette anni di mandato dell’Authority in scadenza. Sette anni in cui lo scenario si è completamente stravolto. “Nel 2005, all’inizio del nostro mandato, la prima azienda al mondo per capitalizzazione era Esso corporation. Oggi la prima azienda al mondo è Apple, che capitalizza più di tutta la borsa italiana”, sottolinea Calabrò. E se nel 2005 i social network erano in fase embrionale oggi Facebook conta circa 900 milioni di utenti. “Nati come ‘luoghi’ per mettere in contatto le persone, oggi le reti sociali sono diventate sempre più pervasive, diventando nei fatti la piattaforma di accesso ad altri servizi: leggere notizie, fare acquisti, cercare lavoro, caricare e scaricare file di tutti i tipi, ed anche ricercare informazioni bypassando i motori”.

In appena sette anni, dunque, internet “ha cambiato la faccia e la mentalità del mondo dei media”, dematerializzando servizi e prodotti e “ha cambiato la fruizione stessa dello spazio e del tempo”. Internet, insomma, si configura come “un cambio di paradigma” nella produzione di beni, servizi, cultura e del vivere civile. “Se lo si considera ‘solo’ come nuova tecnologia se ne perde la portata deflagrante e rivoluzionaria”.

UN PAESE A DOPPIA FACCIA

L’Italia è sotto la media Ue per la diffusione della banda larga fissa, per numero di famiglie connesse a Internet e a Internet veloce e per il commercio online. E siamo fanalino di coda in Europa riguardo alle esportazioni Ict: solo il 4% delle piccole e medie imprese “ovvero la spina dorsale del nostro tessuto produttivo”, dice Calabrò, vendono online, mentre la media Ue-27 è del 12%. Di contro l’Italia è fra le prime economie al mondo nel settore della telefonia mobile: nel nostro Paese il traffico dati in mobilità ha superato quello voce, grazie alle tecnologie 3G e alla forte diffusione di nuovi terminali, come smartphone e tablet. Siamo il Paese col maggior numero, in Europa, di cellulari e con la maggiore diffusione di apparecchi idonei a ricevere e trasmettere dati in mobilità (smartphone, ipad, chiavette Usb).

SPINGERE LA BANDA LARGA

La disponibilità di infrastrutture broadband e ultrabroadband servirà – sottolinea Calabrò – a sostenere lo sviluppo della telefonia mobile, che marcia a ritmi esponenziali e di tutti i servizi del futuro, in particolare quelli che ruotano attorno all’internet delle cose “che segnerà un ulteriore salto di qualità nel consumo di byte”. Dal 2010 – ha ricordato Calabrò – l’Europa ha un’Agenda digitale, con obiettivi precisi e sfidanti da raggiungere nel 2013 e nel 2020, anche se con una visione un po’ impacciata circa le azioni con cui traguardarli. È ormai un punto fermo che lo sviluppo di un ecosistema digitale è alla base del recupero di produttività, per migliorare la competitività internazionale di un Paese e per creare nuova occupazione qualificata. “L’economia internet in Italia vale solo il 2% del Pil; la stessa stima conduce a valutare l’internet economy del Regno Unito nel 7,2% del Pil”.

“Come osservava il Ministro Passera per le infrastrutture è l’offerta a generare la domanda. Quando avremmo costruito le autostrade se avessimo atteso che prima fossero fabbricate le automobili? Ma non meno importante è lo sviluppo concomitante dei servizi. Infrastrutture e servizi devono fertilizzarsi a vicenda; disponibilità di applicazioni e utilizzo reale devono andare di pari passo, così come l’alfabetizzazione digitale della popolazione. Nella segnalazione al Governo e al Parlamento l’Agcom ha dato suggerimenti specifici e mirati, rilanciati pubblicamente da Confindustria Digitale”.

Secondo Calabrò “c’è ancora scarsa consapevolezza delle potenzialità globali delle tecnologie della società dell’informazione; il che relega queste ultime a uno dei tanti strumenti di sviluppo economico, mentre esse possono invece dare una spallata a un sistema imballato. Il settore delle tlc è la chiave di volta della rivoluzione digitale che, abilitando l’innovazione, può cambiare radicalmente i paradigmi dell’economia e della società”.

Determinante il ruolo dell’Agenda digitale “un progetto olistico che non può esaurirsi in una serie non sequenziale di azioni frammentate – puntualizza Calabrò -. Ha osservato la Commissaria Kroes che se l’economia digitale fosse un Paese la sua performance le varrebbe la partecipazione al G-20. Il suo tasso di crescita del 12% annuo supera quello cinese. Nessun altro settore è in grado di accelerare la crescita e lo sviluppo del Paese, in un momento in cui ne abbiamo assoluto bisogno. Soprattutto per le generazioni future. Non è più tempo di simulazioni, o di iniziative sperimentali”. Calabrò sottolinea inoltre che il rinvio degli investimenti non deve essere imputato all’ “alibi” della mancanza di regole. “Abbiamo provveduto a quanto di nostra competenza dettando per le reti di nuova generazione regole ritenute fra le più complete in Europa”.

PARADIGMA INTERNET

L’intervento di Calabrò è stato un’occasione per delineare la strada futura ma anche e soprattutto per mettere nero su bianco i progetti e le iniziative che hanno segnato i sette anni di mandato dell’Authority in scadenza. Sette anni in cui lo scenario si è completamente stravolto. “Nel 2005, all’inizio del nostro mandato, la prima azienda al mondo per capitalizzazione era Esso corporation. Oggi la prima azienda al mondo è Apple, che capitalizza più di tutta la borsa italiana”, sottolinea Calabrò. E se nel 2005 i social network erano in fase embrionale oggi Facebook conta circa 900 milioni di utenti. “Nati come ‘luoghi’ per mettere in contatto le persone, oggi le reti sociali sono diventate sempre più pervasive, diventando nei fatti la piattaforma di accesso ad altri servizi: leggere notizie, fare acquisti, cercare lavoro, caricare e scaricare file di tutti i tipi, ed anche ricercare informazioni bypassando i motori”.

In appena sette anni, dunque, internet “ha cambiato la faccia e la mentalità del mondo dei media”, dematerializzando servizi e prodotti e “ha cambiato la fruizione stessa dello spazio e del tempo”. Internet, insomma, si configura come “un cambio di paradigma” nella produzione di beni, servizi, cultura e del vivere civile. “Se lo si considera ‘solo’ come nuova tecnologia se ne perde la portata deflagrante e rivoluzionaria”.

TLC, PATRIMONIO ITALIANO

Dagli inizi del secolo al 2006 – si legge nella relazione di Calabrò – in anni di stagnazione dell’economia italiana, il settore delle Tlc ha continuato a svilupparsi a un tasso superiore al 6% annuo; ha sostanzialmente tenuto, in rapporto agli altri settori, anche in quest’ultimo triennium horribile.

Il peso del settore sul Pil è oggi del 2,7% e il mobile vale ormai stabilmente più del fisso. Nel corso del settennio – è quanto si evince dal documento di fine mandato – si è duplicato il numero di linee in postazione fissa che forniscono connessioni a banda larga a famiglie e imprese; sedici volte superiore è il numero di utenti che accedono a internet in mobilità. “Il mondo racchiuso nel telefonino, nel tablet, nel palmo di una mano: è questo che vogliamo, ragazzini e adulti”, sottolinea il presidente. È crescente e consolidata la presenza sul mercato italiano di grandi gruppi multinazionali in aperta competizione, con ricadute positive sull’occupazione, con miglioramento della qualità e con continuo ampliamento della gamma dei servizi offerti. È costante la riduzione della quota di mercato degli incumbent: nel mobile nessun operatore possiede una quota superiore al 35%; nel fisso, nonostante la legacy del monopolio, la quota retail di Telecom è scesa di quasi 20 punti percentuali dal 2005, attestandosi, nella banda larga, al 53%.

Nel contempo le Tlc rimangono l’unico servizio con una dinamica marcatamente anti-inflattiva. La diminuzione dei prezzi finali del settore è stata di oltre il 33% negli ultimi quindici anni, a fronte di un aumento del 31% dell’indice generale dei prezzi. La forbice, quindi, è di oltre 60 punti. Le Tlc rappresentano il solo settore regolamentato in cui i prezzi siano in costante riduzione (ben il 15% solo nel periodo 2005-2010), in vistoso contrasto con i forti aumenti di energia, acqua, trasporti.

“I nostri provvedimenti sulla terminazione mobile, in interazione con la concorrenza, hanno determinato un potenziale risparmio per i consumatori di circa 4,5 miliardi di euro”, puntualizza Calabrò. La leva dei prezzi è stata utilizzata anche al fine di incentivare lo sviluppo della concorrenza tra operatori infrastrutturati con investimenti efficienti. I prezzi regolamentati dei principali servizi di accesso forniti da TI hanno registrato un aumento a partire dal 2009 “ma sono in linea con la media europea”, puntualizza Calabrò il quale aggiunge che “non è vero che abbassare il prezzo dell’unbundling del rame costituisce una spinta al passaggio alla fibra: se si riducono le risorse vengono meno gli investimenti”.

URAGANO OVER THE TOP

Valorizzare l’innovazione senza comprimere la competizione è tentare ora la quadratura del cerchio, evidenzia Calabrò, secondo il quale “senza una regolazione premiale non c’è incentivo per gli investimenti”. “Il comparto delle Tlc mentre è chiamato ad investire nel fisso e nel mobile, non riesce ad appropriarsi del valore atteso in corrispondenza degli investimenti nelle nuove reti. La crescente partecipazione ai ricavi complessivi della filiera delle Tlc così come dell’audiovisivo, da parte degli Ott è inarrestabile”.

Da una competizione tra gli operatori infrastrutturati per il mercato dell’accesso ad internet si è passati a una competizione tra le telco da una parte e i fornitori di servizi Ott dall’altra. Dopo aver disintermediato il ruolo dei fornitori di accesso su rete fissa, i fornitori di servizi stanno disintermediando anche le reti mobili. La loro azione travalica le strategie regolatorie dei singoli Paesi. Si sta delineando uno scenario in cui il flusso dei ricavi, dei volumi di traffico e degli investimenti sono tra loro scollegati. “È tempo che la Ue focalizzi la propria attenzione su questo sconvolgente fenomeno”.

TELECOM E OPEN ACCESS

“In Europa Open Access è considerato un benchmark, un modello da additare ad esempio; riconoscimenti cominciano a venire, sempre meno timidamente, anche in Italia. La regolazione non potrà non tenerne conto”. Con Open Access è stata attuata la separazione organica della gestione della rete di accesso da quella di commercializzazione dei servizi di TI, assicurando condizioni di effettiva parità di trattamento tra TI e Olo. Ma le sfide che attendono l’azienda non saranno di poco conto. “TI soffre – sottolinea Calabrò – come gli altri operatori ex monopolisti d’Europa. Se soffre di più lo si deve al fatto che sotto il peso dei debiti accumulati per effetto delle varie scalate, ha dismesso buona parte degli asset internazionali, determinando un processo di rifocalizzazione sui mercati nazionali, per cui le attività estere pesano sul fatturato meno rispetto alle prime quindici società europee del settore. L’attuale gestione di TI ha determinato un’inversione di tendenza a tal riguardo”. E tuttavia, considerate le quote prevalenti che la società ancora detiene sui mercati nazionali, “è inevitabile ch’essa risenta della maggiore attenzione cui l’incumbent è, per definizione, doverosamente soggetto nel mercato di riferimento. Non ignoriamo che in Europa qualche Stato è incline a regolamentazioni che tengano in particolare considerazione il campione nazionale per consentirgli di affrontare le sfide mondiali. Con l’evoluzione del settore verso le reti di nuova generazione il problema si ripresenta con una quadratura diversa e in maniera più pressante ma è un problema da affrontare in sede europea”.

LA NEW TV

Il panorama televisivo è destinato a un’ulteriore evoluzione in virtù dell’utilizzazione del dividendo digitale che avverrà con l’asta che sostituirà il beauty contest, che ridefinirà lo spettro in coerenza con la redistribuzione delle frequenze e la razionalizzazione del loro uso prefigurate nella Conferenza di Ginevra del febbraio scorso. Sono gli over the top e la catch-up Tv che stanno contribuendo a disegnare un nuovo modello di Tv ibrida, che ha nella rete la sua piattaforma d’elezione e che cresce rapidamente sia nella raccolta pubblicitaria sia nelle forme di abbonamento. Malgrado il dilagante successo di internet, l’Italia è però tuttora un Paese teledipendente.

LE REAZIONI

La Fiom-Cgil d’accordo con il presidente Agcom sullla necessità di sviluppare reti di nuova generazione per le comunicazioni come strumento per uscire dalla crisi. “Il Presidente dell’Agcom Calabrò, nel suo Bilancio di mandato, ha espresso la sua preoccupazione per il sovraccarico delle reti, specificando che ‘la rete fissa è satura’ mentre ‘quella mobile rischia ricorrenti crisi asmatiche’ – ricorda Fabrizio Potetti, coordinatore nazionale per il settore Ict – Calabrò né ricava giustamente che la necessità di sviluppare reti per le comunicazioni di nuova generazione ‘non è più rinviabile’.”

“Siamo lieti di constatare che Calabrò, nel momento in cui trae un bilancio del settennato passato alla guida dell’Autorità garante per le comunicazioni, afferma quanto già sostenuto dai sindacati dei metalmeccanici e, in particolare, dalla Fiom. Lo sviluppo, sia sotto il profilo della ricerca tecnologica che sotto il profilo della costruzione effettiva, di un’adeguata infrastruttura per le telecomunicazioni è una priorità assoluta per la ripresa economica del nostro Paese”.

“Se vogliamo veramente uscire dalla crisi, uno dei compiti da affrontare non è quello di togliere diritti ai lavoratori – conclude il sindacalista – ma quello di dare concrete infrastrutture alle imprese industriali, a partire da quelle necessarie per la crescita della effettiva possibilità di utilizzare reti adeguate alle attuali esigenze.”

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