Per capire quale rivoluzione ha portato nel mondo di Internet in Italia il fatto che le partite di Serie A vengano trasmesse in diretta da una piattaforma di streaming c’è un osservatorio privilegiato: il Mix (Milan Internet eXchange), tra i principali internet exchange point su scala europea, punto di incontro in cui content provider, internet service provider, cloud provider e content delivery network mettono in comunicazione diretta i propri apparati in un sistema di rete condiviso che rende possibile la “prossimità tra le reti”, e quindi una migliore distribuzione e affidabilità dei servizi online. A dare in un’intervista a CorCom il quadro di quello che sta succedendo dal punto di vista del Mix è Mauro Magrassi, Chief technical officer del Milan Internet eXchange. “Il nostro è un sistema di semplificazione che crea una scorciatoia di rete per facilitare lo scambio del traffico – spiega Magrassi – Mix ha trai suoi afferenti più di 350 reti, e sostanzialmente con un unico accesso ogni operatore può scambiare traffico sulla rete del Mix in un local area network sicuro e ad altre prestazioni. Il Mix nasce come iniziativa degli Internet service provider e delle reti della ricerca italiana nella seconda metà degli anni 90, per poi acquisire la forma attuale dal 2000. Ed è tra l’altro coevo con gli altri principali Internet exchange europei, come Londra, Amsterdam e Francoforte, risponde a un modello comune per l’Europa, in cui gli operatori che insistono sullo stesso bacino di utenza capiscono che la connettività tra loro deve essere la migliore possibile”.
Magrassi, come impatta lo streaming di contenuti per l’entertainment, e più in generale lo streaming dello sport in diretta, sul traffico dati?
L’utilizzo di internet ha vissuto diverse “ere” nel nostro Paese, le prime sono state più lunghe, le successive si sono accorciate di pari passo con il progredire sempre più serrato della tecnologia. Partendo dalla fase pionieristica iniziale, in cui internet è essenzialmente web, non è contenuto multimediale, e l’utente è un utente dial-up, che sfrutta linee telefoniche di accesso per reperire informazioni a titolo personale, di solito di sera. In quella fase dal nostro punto di vista il prime time, quello in cui c’era più traffico dati, era tra le 21 e le 24. Quando dal dial-up si passa all’Adsl, e si comincia a distribuire internet anche come servizio per le aziende, il prime time si sposta al pomeriggio, tra le 16 e le 18. Alla fine della giornata di lavoro, e quando inizia la giornata negli Usa, dove risiedono i servizi di AmericaOnline, Yahoo e Google, con un picco di interazioni con la posta elettronica e con i motori di ricerca. Il punto di svolta successivo, per semplificare, è l’avvento del “modello Netflix”, con l’utilizzo della rete legato all’entertainment e al consumo di contenuti on demand. Siamo attorno al 2010, e il prime time torna a essere il dopo cena, il momento in cui gli utenti si fermano a guardare film e serie tv. Netflix ha tra l’altro avuto il merito di dimostrare che con un buon software si possono distribuire contenuti on demand agli utenti finali anche senza connettività di altissimo profilo, anche senza fibra. E così arriviamo ai giorni nostri, a questo 2021 che passerà alla storia come l’anno in cui tutta la Serie A di calcio è andata su Internet in live streaming.
Che cambiamento ha portato sul traffico dati la trasmissione delle partite del campionato in streaming?
Ora il prime time per il traffico dati non ha più una collocazione sempre uguale durante la giornata, ma coincide con l’orario delle partite. Il nuovo Netflix per l’Italia è diventato Dazn, che sposta il paradigma, perché non parliamo più di contenuti on demand ma di eventi in diretta. Per essere più chiari, se andiamo ad analizzare graficamente la forma del picco durante i match di Serie A, è curioso notare come venga rappresentata con due lobi intervallati da una depressione, l’intervallo tra il primo e il secondo tempo. Subito dopo il fischio di inizio registriamo una crescita di circa mezzo Terabit di traffico in pochi minuti.
Oggi l’evento live scatena un elevato numero di connessioni in un breve lasso di tempo, e questo costringe a dimensionare tutte le componenti della catena in maniera diversa rispetto al passato. Si tratta di una mole di dati che non può essere paragonata con quella generata dai contenuti on demand, e che impegna tutti i sistemi che gestiscono la fruizione del contenuto a prendere decisioni su dove instradare il traffico in tempi minimi, con la rete che deve adattarsi quindi molto più rapidamente e gestendo spike di traffico senza precedenti. Solo nel nostro caso, ad esempio, il traffico aumenta di oltre il 40% in pochi minuti durante un match, e c’è da dire che i punti di interscambio sono soltanto una delle vie possibili con cui i contenuti raggiungono le reti degli operatori.
Quali sono le principali criticità che emergono da questo nuovo modello di distribuzione dei contenuti?
Per la rete è uno stress notevole e difficile da digerire in certe situazioni. Mi lasci fare una considerazione da utente: oggi abbiamo una grande disponibilità di terminali 4K a prezzi più accessibili rispetto al passato, questo ci consente di essere utenti evoluti, per i quali anche un piccolo passo indietro diventa inaccettabile. Le criticità in generale possono essere di due tipi: una a livello di applicazione, con l’utente quindi che non riesce a collegarsi per motivi legati al software. Ma sono convinto che questo genere di problemi, che si sono verificati all’inizio del campionato, non si verificheranno più in futuro perché la piattaforma ha l’interesse e i mezzi per risolvere velocemente questo genere di disservizi. Poi c’è la criticità che dipende dalla sinergia tra tutte le componenti che gestiscono il servizio. Se avere una pluralità di soggetti coinvolti è un valore, rispetto a una situazione di monopolio, dall’altra c’è un effettivo bisogno di collaborazione tra i generatori dei contenuti che producono il segnale, i distributori, cioè le content delivery network che gestiscono i flussi di traffico, e i fornitori di accesso che sono il punto in cui tutto si scarica.
In cosa si concretizza questo modello “collaborativo”?
È fondamentale che tutte le componenti di questa filiera si muovano in modo coordinato: è difficile pensare a un sistema in cui c’è sovrabbondanza di disponibilità da parte delle piattaforme che erogano capacità computazionale sulla rete, cloud, content delivery, senza che ci sia una organica crescita nella capacità dell’utente finale di assorbire questi contenuti. Se uno degli anelli della catena viene meno, il progresso non si realizza: uno squilibrio o un anello debole avrebbe effetti negativi su tutta la catena. La parola chiave è omogeneità, che vuol dire qualità del servizio nell’accesso, una rete di distribuzione che sia in grado di gestirlo al meglio, e fornitori di contenuti e di servizi di elaborazione che facciano la loro parte.
Quale può essere il ruolo degli internet exchange point in questo contesto?
Noi, come Mix, pensiamo di poter fare di più: sono convinto che il nostro ruolo potrebbe essere sfruttato meglio sia dai produttori di contenuti sia dai consumatori. Oggi gli operatori collegano su di noi circa nove Tera di capacità, in crescita molto forte, con circa due Terabit aggiunti nel 2021. Se consideriamo che oggi per noi un match di Serie A vale circa mezzo Tera, questo vuol dire che abbiamo un tubo dalla portata di 9 Terabit in cui passa un flusso da 0,5. Ma siamo solo dei facilitatori che si trovano tra chi distribuisce e chi consegna agli utenti finali, una delle opportunità a disposizione degli operatori.
E il ruolo dell’utente finale?
All’utente finale spetta la scelta dell’operatore e della rete a cui affidarsi. Oggi il Paese intero sta spingendo sui collegamenti in fiber to the home, e credo che effettivamente la fibra sia una buona soluzione per la connettività. C’è però bisogno anche che gli utenti siano consapevoli del fatto che la scelta dell’operatore e della qualità del servizio siano ormai più importanti come criteri rispetto alla sola logica del prezzo. C’è bisogno che tutti diventiamo consumatori più evoluti, comprendendo che il collegamento a Internet sarà sempre più importante nelle nostre vite per studiare, lavorare da remoto, accedere ai servizi, semplificare la nostra vita in modo consistente. A titolo di esempio, mi sembra indicativo di come sta cambiando il mercato il fatto che negli Stati Uniti la disponibilità di una connettività di alto livello sia una delle componenti considerate quando si stabilisce il prezzo di una casa.
Guardando al futuro: come prevede che si possa evolvere il mercato, e che impatti avrà questa evoluzione sul ruolo e sul business di player come Mix?
L’evoluzione che ci aspettiamo è basata sulla convinzione che per migliorare ulteriormente la qualità dei servizi e la user experience sarà importante creare adiacenze di rete tra produttore e consumatore. La rete deve provare e diventare sempre più a Km0, proprio come succede nell’agrifood. In questa prospettiva un internet exchange che realizza interconnessioni di rete è un modello vincente da riproporre e da replicare in diverse realtà per servizi specifici, dal finance ai rapporti tra un’azienda e il suo indotto, ad esempio nel campo dell’industria 4.0, dove c’è bisogno di generare una relazione di connettività tra più soggetti differenti in maniera sicura e performante. Confidiamo nel fatto che in futuro l’adiacenza di rete sia sempre più importante, soprattutto nel campo dei servizi strategici di alto valore a alto appeal, per il mondo enterprise e per il settore pubblico.