Assocontact scende in campo contro l’emendamento al Dl Sviluppo secondo cui i call center che delocalizzano le attività verso paesi esteri non potranno godere di benefici fiscali e contributivi da parte del nostro Paese. Secondo l’associazione “le limitazioni che il testo tende ad introdurre sulla possibilità di svolgere attività di call center all’estero suscitano contrarietà come considerazione generale, in quanto a nostro parere qualunque limitazione alla libertà di impresa non può essere da noi accolta favorevolmente, ma anche sotto un profilo strettamente giuridico”. Inoltre il provvedimenro appare “in palese il contrasto con i principi di libera circolazione comunitaria della “sanzione” sugli incentivi ex l. 407/90”.
Assocontact solleva dubbi anche sulla parte relativa al trattamento dei dati personali (il provvedimento impone alle aziende che operano all’estero di comunicare ai cittadini-clienti il paese in cui sono stati trasferiti i dati sensibili): “la normativa italiana e comunitaria costituivano già idonea garanzia per i consumatori non apparendo quindi necessario un intervento specifico del legislatore su tale materia”.
Perplessità, infine, anche sull’efficacia generale del “precetto normativo in termine di sostegno all’occupazione , considerato anche che in altri settori si assiste ad un diverso bilanciamento delle attività domestiche rispetto a quelle estere, in assenza di un quadro regolamentare così invasivo rispetto alla libertà d’impresa costituzionalmente garantita”.
Un giudizio positivo viene invece espresso sul tema delle collaborazioni coordinate e continuative utilizzate per le attività di vendita Outbound che l’emendamento stabilisce siano regolate mediante la definzione di contratti nazionali. “Si tratta un importante passo avanti perché permette di preservare più di 35.000 posti di lavoro, eliminando aree grigie di incertezza interpretativa, e rappresenta il completamento del processo di industrializzazione del settore iniziato nel 2006”
“Assocontact riconosce l’attenzione mostrata dal legislatore nei riguardi del settore che rappresenta oltre 80.000 addetti di cui il 70% donne ed il 80% giovani al primo impiego, pur ritenendo necessario che il percorso di dialogo con il Governo e le parti sociali continui nel tempo e non si interrompa con il licenziamento del testo relativo alle misure urgenti per la crescita del Paese – conclude la nota – L’obiettivo dell’Associazione rimane infatti lo sviluppo del settore e la sua definitiva trasformazione in una vera e propria industry di servizi altamente qualificati, professionalizzanti e ad alto valore aggiunto”.
L’emendamento invece ha incassato il parere favorevole dei sindacati. “Finalmente è riconosciuto il diritto del cittadino-cliente di essere informato sul luogo fisico in cui saranno gestiti i suoi dati personali consentendogli di opporre un rifiuto al trattamento di dati in paesi diversi dall’Italia – dice Emilio Miceli, segretario generale Slc Cgil – E’ un emendamento che incoraggia a proseguire nella battaglia contro il mercato nero dei database di dati sensibili”.
Inoltre “per la prima volta, si sancisce il principio che le aziende che delocalizzano le attività verso paesi esteri non potranno godere di benefici fiscali e contributivi da parte del nostro Paese”.
Si tratta, precisa Miceli, “di poche e chiare regole, peraltro già introdotte in altri paesi occidentali, a partire dagli Stati Uniti, per portare trasparenza in un settore in cui i cittadini ed i lavoratori rischiano che il proprio profilo personale sia subordinato a un sistema tutto incentrato sul profitto – prosegue – La norma, inoltre, consente di dare una speranza per il futuro di migliaia di donne e uomini, soprattutto giovani, che lavorano dentro i call center, spesso meridionali che non hanno altre opportunità, ma che in questi anni hanno potuto costruirsi una famiglia e vivere decentemente. Con questo emendamento, infine, si aiutano le aziende di call center a non cedere alla tentazione di abbandonare le aree più depresse del paese per localizzarsi in paesi dove non vigono nè diritti né regole”.