LA LETTERA

Call center, i sindacati al governo: “Cambiare norme su appalti per evitare collasso”

Slc, Fistel e Uilcom scrivono al ministero del Lavoro e al Mise: “L’attuale disciplina è iniqua e non conforme alla direttiva Ue”. Nel mirino anche il sistema di incentivi alle imprese che “crea disfunzioni e mina la politica industriale del paese”

Pubblicato il 25 Giu 2014

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Modificare la normativa sugli appalti ai call center, una disciplina iniqua e non conforme alle norme Ue, per salvare il settore dei call center. Lo chiedono Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil in una una lettera unitaria al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, al Ministero dello Sviluppo Economico ed alla XI Commissione – Lavoro pubblico e privato della Camera dei Deputati

“Normativa che – dichiara Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil – in maniera del tutto ingiustificata rispetto alla Direttiva Europea 2001/23/CE, ha creato uno spazio aperto all’arbitrio e alla corruzione che impedisce l’applicazione delle tutele previste dall’art. 4 l.n. 428/90 e le garanzie previste dall’articolo 2112 codice civile. Tale vuoto normativo, che si somma a un sistema d’incentivi economici insensato, sta determinando gravi disfunzioni, compromettendo e condizionando negativamente la politica industriale del Paese, con continue crisi aziendali che si scaricano unicamente sui lavoratori, vittime ignare di un sistema che non ha uguali in Europa.”

“Nonostante l’ampio riscontro dello sciopero del 4 giugno e gli impegni assunti per individuare opportune soluzioni, il settore ha avuto una nuova accelerazione in direzione esattamente opposta – ricorda il sindacalista: con la condizione per cui nelle prossime settimane potrebbero essere più di un migliaio i lavoratori che perderanno il posto di lavoro. Posto di lavoro perso non in quanto non esistere più ma unicamente perché spostato in altro territorio o, spesso, al di fuori dei confini nazionali. E’ ormai evidente che il tempo non è neutro rispetto alla decisione di un intervento sul settore.”

“Ancora una volta sono i sindacati che indicano la strada da seguire – conclude Azzola – le modifiche normative da introdurre, che si muovono nella direzione di dare una corretta applicazione alla Direttiva Europea e nel solco delle esperienze fatte dagli altri Paesi, sono semplici. Sarebbe sufficiente estendere le procedure di cui all’art. 2112 del codice civile anche alle vicende circolatorie relative alle successioni di appalti affidando la regolamentazione dei diversi aspetti del mantenimento dell’occupazione, ai livelli normativi e retributivi alla contrattazione collettiva. La modifica legislativa è indispensabile per evitare lo scatenarsi di un dumping contrattuale che aggraverebbe ulteriormente la situazione.”

A parlare della crisi del settore i casi di aziende che perdono appalti importanti. British Telecom, peraltro fornitore dei servizio di telefonia del Ministero del Lavoro, decide di revocare anticipatamente l’appalto con Accenture spa che occupa 280 persone a Palermo per svolgere tale attività. Il lavoro è spostato su un altro fornitore che non assumerà il personale già impiegato scaricando sulla società i costi dell’operazione. Eclatante il fatto che meno di 10 anni fa questi lavoratori furono ceduti come ramo aziendale proprio da British Telecom, con le tutele previste dal 2112 c.c., mentre oggi a parità di perimetro e attività le tutele non gli sono più riconosciute.

Voice Care, che occupava 200 persone a Ivrea e svolgeva una commessa per Seat Pagine Gialle che da un giorno all’altro licenzia tutto il personale mentre l’attività è spostata su un’altra azienda controllata da Contacta, la stessa che deteneva il controllo di Voice Care, procedendo a formare nuovo personale. I costi, al netto delle vicende giudiziarie che riguardano il fallimento, tutti a carico dello Stato e dei lavoratori.

Infocontact, con 1500 persone distribuite tra le sedi di Lamezia Terme e Rende. Operano su commesse di Wind, Poste Italiane ed Enel e anche in questo è in corso una procedura fallimentare con i committenti che stanno negoziando l’entrata di nuovi fornitori senza preoccuparsi del futuro dei 1500 addetti che finiranno, probabilmente, a carico dello Stato.

In quest’ambito è utile ricordare che il principale operatore di call center italiano, Almaviva Contact, ha attivato la solidarietà al 25% per i suoi 10.000 dipendenti mentre continua a perdere volumi e commesse a favore di aziende che delocalizzano o utilizzano gli incentivi statali e/o regionali per avere un vantaggio competitivo sul costo del lavoro.

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