I call center chiudono il 2013 con ricavi che tengono ma con forti perdite. A dirlo i dati dell’Ufficio Studi di Assocontact che Cor.Com è in grado di anticipare. Il report fotografa un settore composto da circa 190 imprese con 80mila addetti, di cui solo il 28% è a contratto a progetto, che nel 2013 hanno registrato ricavi per 1,19 milioni e perdite per 15 milioni (-1,3%) Di questi, 315 milioni provengono dall’outbound e 875 dall’inbound. Per il 2014 Assocontact stima un giro d’affari pari valutato in 1.215 milioni di euro (+2,1%) mentre nel medio periodo si attende un trend di crescita in linea con il periodo attuale(+2,5–3,0%),collegato alla fase di stallo dell’economia, che porterà i committenti ad accrescere l’attenzione ai costi. L’inbound manterrà una dinamica leggermente più vivace dell’outbound.
“Il quadro macro economico è ancora caratterizzato da una crisi economica generale acuiscono aggiunte difficoltà che riguardano il settore specifico ovvero la pressione sui prezzi e forte calo dei volumi generati dalle imprese di tlc”, spiega l’associazione. I margini in rosso e il trend decrescente dei ricavi (+16% nel 2006 per arrivare al +2,6% del 2013), dunque, spengono ogni entusiasmo per la tenuta del fatturato.
In questo difficile contesto, caratterizzato anche da numerose crisi aziendali – basti ricordare i 483 dipendenti E-Care di Cesano Boscono o i 262 di Accenture a Palermo – Assocontact ha redatto un position paper nel quale si identificano i punti dolenti su cui intervenire per rilanciare il settore.
Si comincia con la politica industriale. “Occorre un intervento congiunto legislativo e di concertazione sociale che elimini criticità legate alle continue crisi aziendali e ai fenomeni di concorrenza sleale” avverte l’associazione, mentre sono contestualmente necessari “una maggiore attenzione e monitoraggio da parte dei committenti nel selezionare le aziende che rispettino le regole vigenti in merito (art. 24 bis)”.
Il tutto senza dimenticare l’annoso problema della gare al massimo ribasso: una questione da affrontare con la massima priorità tenendo conto della qualità del servizio, oltre che del prezzo così come da risolvere è la questione del passaggio di commesse. “Al momento tale aspetto non è regolato ed auspichiamo un dialogo costruttivo, come previsto dall’art 58 del Ccnl delle telecomunicazioni”, ricorda l’associazione.
Riflettori anche sugli incentivi che, stando all’analisi dell’associazione, nei comparti labor intensive si sono nei fatti trasformati in opportunità speculative di breve termine (il periodo obbligatorio dei tre anni) e di concorrenza sleale. “Chiediamo dei correttivi per un utilizzo più corretto e responsabile di tale incentivi proponendo che, per i settori labor intensive con costi del lavoro pari o superiori al 60%, il valore degli sgravi oggi previsto su un periodo triennale venga esteso a 6 anni e solo a fronte di assunzioni full-time”.
In questo contesto la riforma del mercato del lavoro (Jobs act) al vaglio del governo diventa centrale. “Assocontact chiede di salvaguardare il lungo lavoro fatto insieme ai sindacati per siglare un accordo per i lavoratori a progetto impiegati nelle attività di vendita, telemarketing e recupero crediti. L’associazione è convinta che l’attività di vendita in outbound non sia paragonabile con nessuna forma di lavoro subordinato, ed oggi è già tutelata da un salario minimo garantito”.
Per quanto riguarda invece le politiche fiscali del governo, l’associazione si augura che trovi conferma definitiva la detrazione dell’imposta, ricordando che in questo comparto il costo del lavoro rappresenta circa il 75% del conto economico.
Assocontact infine sottolinea come – dato lo spostamento della domanda verso settori ad elevato tasso di contatto con i consumatori (servizi, finanza, e-commerce, pubblica amministrazione) – urga un intervento della politica per la riconversione industriale.