I lavoratori del call center Almaviva di Palermo e Catania, ma anche vertici aziendali, sindacalisti e semplici cittadini hanno raccolto le firme per una diffida contro lo Stato “per il mancato rispetto delle norme di controllo sulle delocalizzazioni selvagge nel mondo dei call center”. L’atto, che in pochi giorni ha raccolto oltre 700 firme, è stato consegnato ai parlamentari di Sel Erasmo Palazzotto e Peppe De Cristofaro che lo porteranno in parlamento e al ministero dello Sviluppo e si faranno portavoce delle istanze dei lavoratori a livello istituzionale.
Al centro della diffida, l’articolo 24 bis del decreto legge 83 del 2012 “Misure a sostegno della tutela di dati personali, della sicurezza nazionale, della concorrenza e dell’occupazione nelle attività svolte da call center” che regola le attività dei call center italiani che delocalizzano all’estero.
La norma prevede regole ferree per le aziende che decidono di trasferire il traffico delle chiamate italiane in paesi stranieri – dalla protezione dei dati sensibili dei clienti alla tutela dei lavoratori italiani, all’obbligo di informare l’utente se risponderà un operatore italiano o straniero – e prevede anche sanzioni di 10mila euro per ogni giorno di mancato rispetto da parte dell’azienda.
Una norma che, sottolineano i lavoratori, “di fatto non è stata mai applicata”. “Le conseguenze le stiamo pagando tutti – spiegano Loredana Ilardi, Stefano Zappalà, Antonio Ribaudo e Sergio Calogero, portavoce dei lavoratori Almaviva siciliani – Tra Palermo e Catania sono 2500 gli esuberi dichiarati e conviviamo da anni con la paura che le commesse su cui lavoriamo vengano trasferite da un giorno all’altro in paesi stranieri”.
Obiettivo della diffida è veder avviati “entro 30 giorni i controlli e applicate le sanzioni ai call center che non rispettano l’articolo 24. Se questo non accadrà – aggiungono – ci rivolgeremo all’autorità giudiziaria per il mancato rispetto del principio di legalità da parte dei dirigenti statali, punito dal codice penale con un anno di reclusione e multe fino ai mille euro”.