“Il Jobs Act non è una soluzione al problema dei call center”. Salvo Ugliarolo segretario generale Uilcom, spiega CorCom cosa non lo convince della riforma del mercato del lavoro.
Per i lavoratori dell’outbound è stata fatta un’eccezione: non necessariamente contratto a tutele crescenti ma possibilità di mantenere i co.co.pro. Come giudica questa scelta?
La scelta servirà a mantenere l’occupazione, tenuto conto che le aziende che svolgono attività outbound difficilmente avrebbero scelto le tutele crescenti ma più realisticamente avrebbero delocalizzato le attività. Detto questo non bastano i co.co.pro. a risolvere la crisi dei call center che è una crisi sistemica che inerisce strettamente la norme attualmente vigenti e riguarderà, proprio in applicazione del Jobs Act, i lavoratori a tempo indeterminato.
In che senso?
Il combinato disposto di contratto a tutele crescenti e sgravi fiscali previsti dalla legge di Stabilità offre un vantaggio competitivo alle aziende nuove entranti che potranno applicare un costo del lavoro molto più basso, nel momento in cui partecipano alle gare che, dal canto loro, si svolgono sempre più con procedure al massimo ribasso. In questo modo si viene a creare una situazione di dumping nel settore che potrebbe portare le aziende che operano da più tempo e che hanno assunto in passato con contratti a tempo indeterminato a delocalizzare le attività.
E dunque che si dovrebbe fare?
Bisogna intervenire con regole chiare certe per arginare il fenomeno delle delocalizzazioni, per ridefinire la struttura dei costi per l’impresa e per eliminare la piaga delle gare al massimo ribasso. Tutte questioni che abbiamo posto al tavolo ristretto sulla crisi dei call center, che è stato istituito al Mise e che speriamo venga aggiornato al più presto.