Il cosiddetto “decreto comunicazioni” che dovrebbe andare all’approvazione del Consiglio dei ministri entro il mese di ottobre poggerà su due gambe: la riforma del canone Rai, e la modifica della progressività dell’entrata a regime del nuovo regolamento Agcom sul canone sulla concessione delle frequenze televisive.
A mettere a punto la misura sta lavorando il sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli. La progressività fissata da Agcom sul canone frequenze, il cosiddetto “glide path”, prevedeva inizialmente 4 anni per Rai e Mediaset e 8 per le Tv locali. Al ministero dello Sviluppo economico spetterà ora scegliere sulla gradualità e la progressività dell’adeguamento al nuovo canone, e determinare in che tempi arrivare alla cifra prevista a regime, facendo in modo che non si verifichino minori entrate per lo Stato rispetto al sistema in vigore finora.
Il nuovo regolamento varato da Agcom nasce dopo la legge che nel febbraio 2012 ha imposto un totale cambio di rotta nel sistema di pagamento del canone dovuto dalle aziende Tv allo Stato: il baricentro si sposta dal fatturato (le società Tv “analogiche” pagavano l’1% del fatturato allo Stato) al valore delle frequenze possedute. Quindi dalle imprese editoriali a quelle tecnologiche (gli operatori di rete) che detengono i diritti d’uso delle frequenze.
Sulla questione Roberto Fico (M5S), presidente della commissione di vigilanza sulla Rai, annuncia già per settimana prossima un’audizione del presidente AgCom Angelo Marcello Cardani: “Riteniamo la vicenda molto urgente – ha detto a Repubblica – e abbiamo cambiato il calendario della commissione per sentire il presidente Cardani e il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli”.
Contro i 5 stelle si schiera Michele Anzaldi, parlamentare Pd, che della commissione di vigilanza è segretario: “Mentre i commissari di centrodestra dell’Agcom – afferma – si apprestavano a votare il nuovo regolamento, dal Movimento 5 stelle non si è levata nessuna voce, a differenza di quelle del Pd e dei consumatori. Si svegliano solo ora, a regolamento approvato”. E rispetto al regolamento la posizione di Anzaldi è netta: “i nuovi criteri rappresentano un grave danno all’erario per la riduzione degli introiti per lo Stato, e rischiano di essere il colpo letale per le tv private e locali, quelle sopravvissute in questi mesi alla grave crisi economica che ha colpito il settore”. Proprio contro l’approvazione del regolamento Anzaldi aveva proposto alle associazioni dei consumatori di valutare l’opportunità di un esposto alla magistratura, alla giustizia amministrativa e alla Corte dei Conti.
A raccogliere l’invito di Anzaldi rivolto alle associazioni dei consumatori è Elio Lanutti, presidente di Adusbef, che annuncia di aver “incaricato i propri legali di redigere un urgente esposto alla Corte dei Conti contro Agcom (da presentare tempestivamente il prossimo lunedì) che sembra prona ad assecondare interessi privati a danno di quelli pubblici”. Lanutti definise in una nota “assurda e scandalosa” la revisione dei canoni di concessione tv. “La revisione dei canoni – spiega – non rappresenta un atto dovuto, ma potrebbe costituire un favore alle imprese egemoni con evidente danno al bilancio dello Stato di oltre 130 milioni di euro. Il provvedimento, oltre a pregiudicare definitivamente l’autonomia di giudizio dell’Agcom e dare un colpo mortale alle piccole emittenti già strangolate dal monopolio della raccolta pubblicitaria Publitalia/Sipra”, vede “concretizzarsi un evidente danno erariale per l’indebita sottrazione dalle casse dello Stato di 131,7 milioni di euro – conclude la nota Adusbef – per favorire smaccatamente un duopolio che ha impedito la crescita di una informazione plurale, indispensabile nelle democrazie”.