LO SCENARIO

Canone frequenze, regolamento Agcom a rischio blocco

Il Mise valuta di sospendere il provvedimento in attesa di modificare la legge di riferimento. Nuovi criteri per non creare distorsioni sul mercato. Corsa contro il tempo per varare entro fine anno il “decreto Tv”

Pubblicato il 03 Ott 2014

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Il nodo nella vicenda del canone delle frequenze Tv non è soltanto di metodo ma anche di merito. Tanto che il Governo sarebbe intenzionato a bloccare l’entrata in vigore del nuovo regolamento Agcom, approvato dall’Authority lo scorso 30 settembre, in attesa di riscrivere la legge di riferimento su cui Agcom ha preso le proprie deliberazioni e ripartire così da basi diverse. “Stiamo valutando esattamente l’opportunità di una norma che intervenga e che sospenda l’effetto di queste determinazioni – ha detto il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli al termine della riunione informale del Consiglio Ue sulle Tlc a Milano – Naturalmente occorrerà procedere a una determinazione dei criteri in fase di transizione e alla rideterminazione della normativa compiutamente, in modo da poter eliminare questi effetti”.

L’intervento del ministero dello Sviluppo economico potrebbe quindi non limitarsi a una revisione delle gradualità dell’andata a regime del nuovo sistema (4 anni per Mediaset e Rai, 8 per le tv locali secondo la proposta di Agcom), ma spingersi più avanti, fino a mettere in discussione i criteri fissati dalla legge del febbraio 2012 che ha riscritto le regole del settore.

Rimarrà l’impostazione che ha spostato il baricentro del sistema di pagamento del canone dal fatturato (le società Tv “analogiche” pagavano l’1% del fatturato allo Stato) al valore delle frequenze possedute, quindi dalle imprese editoriali agli operatori di rete che detengono i diritti d’uso delle frequenze. Ma si potrebbero introdurre nuovi principi per evitare, oltre che minori entrate per le casse dello Stato durante la fase di transizione, anche eventuali effetti distorsivi del mercato, paventati da più parti.

Il meccanismo individuato da Agcom, infatti, favorirebbe gli operatori integrati verticalmente con i fornitori di contenuti rispetto agli editori puri, si ragiona al ministero. Un aspetto che il gruppo di lavoro messo in piedi dal sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli vuole “correggere”. Si pensa alla messa a punto di un disegno complessivo che potrebbe essere sistematizzato in un unico decreto del Governo, il “decreto Tv”, che metterebbe nello stesso “pacchetto” le nuove norme per il canone Rai, la revisione della legge sul canone per le frequenze e i contributi per le Tv private. Con l’obiettivo di mantenere il mercato aperto e incentivare le realtà che vogliono mettersi alla prova col mercato. Proprio sul canone Rai Giacomelli è tornato durante la conferenza stampa d Milano: “Lavoreremo nelle prossime settimane sul canone e su altri aspetti – ha sottolineato – La difficoltà è che il Governo è uno e il Parlamento è uno, e in questo momento sono concentrati su altre importanti priorità”.

Non è escluso che le entrate del canone delle frequenze possano andare a confluire in un fondo unico, insieme a quelle del canone Rai, da cui attingere per i finanziamenti del Governo alla tv di Stato e alle Tv private che forniscono un servizio pubblico, dopo una riscrittura attenta delle norme per stabilire le condizioni per l’accesso a questi finanziamenti.

L’aspetto complicato di tutta la vicenda è quello dei tempi, che sono particolarmente angusti. Perché ogni tassello possa andare al suo posto senza scossoni, il decreto dovrà arrivare all’approvazione del Consiglio dei ministri entro la fine di ottobre. Ed è già in atto una difficilissima corsa contro il tempo. I nuovi principi che porteranno alla riforma del Canone Rai devono ancora essere approvati da Palazzo Chigi, e i dettagli del decreto complessivo devono ancora essere messi nero su bianco dagli uffici legislativi.

Quando il “decreto Tv” sarà stato approvato dal Cdm, scatteranno i 60 giorni entro i quali esso dovrà essere convertito in legge dal Parlamento, ma è fondamentale che questo avvenga entro la fine dell’anno affinché le nuove norme siano applicabili da gennaio 2015.

Ma cosa accadrà se questi tempi non venissero rispettati? Rispetto al canone Rai si potrebbe prospettare una dilazione dei tempi di pagamento per i cittadini, o un rinvio di un anno per l’entrata in vigore delle nuove norme.

Più complicata la questione del canone per l’uso delle frequenze: “sforare” il termine di fine 2014 potrebbe portare a due conseguenze, rispetto alle quali non c’è però ancora chiarezza. Un’ipotesi è quella che si continui a pagare per un altro anno con le vecchie regole, quindi calcolando il canone sull’1% del fatturato, sempre che la vecchia legge posa considerarsi ancora in vigore. L’altra ipotesi, l’extrema ratio, è che il pagamento del canone possa risultare di fatto “sospeso” per un anno, e l’importo dovuto essere poi pagato negli anni successivi, con modalità da definire, secondo i criteri stabiliti dalle nuove norme.

“L’intervento del Governo annunciato dal sottosegretario Antonello Giacomelli va nella direzione giusta e rappresenta l’auspicabile esito di questa vicenda – commenta Vinicio Peluffo, capogruppo del Pd in commissione di Vigilanza Rai – Si deve evitare nei tempi più rapidi possibili che da una parte si conceda un inspiegabile sconto alla Rai e a Mediaset e dall altra si dia un pesante colpo all’emittenza locale”.

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