STRATEGIE

Carnevale Maffè: “Banda ultralarga? Meglio l’Internet of things”

Secondo il docente della Bocconi l’Italia sta sbagliando strategia. “Ci ostiniamo a voler recuperare un ritardo mentre si potrebbe eccellere nel business multimiliardario dello Iot”

Pubblicato il 21 Lug 2015

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Piano banda ultra larga governativo? Stiamo sbagliando tutto, secondo Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente all’università Bocconi di Milano, perché “ci ostiniamo a voler recuperare un ritardo che l’Italia ha sull’accesso internet delle persone, quando invece potremmo eccellere nel business multi-miliardario dell’internet of things, dove pure c’è bisogno di banda larga di qualità. Qui sono auspicabili alcune misure urgenti, di cui sto già parlando con il Governo”.

Quale strategia vorrebbe dall’Italia, da settembre, sulle nuove infrastrutture di connettività?

L’Italia dovrebbe avviare in anticipo la corsa per l’internet of things. Stiamo ancora cercando di colmare il gap della internet of people, anche con il piano banda ultra larga governativo 2014-2020. Ma i soldi veri non sono lì, sono nell’internet of things. Inutile cercare di colmare il gap culturale delle persone. Un terzo degli italiani non ha mai usato il computer e sembra refrattario a ogni cambiamento. Allora dico: siamo in ritardo sulla internet delle persone, proviamo a giocare in anticipo su quella delle cose.

Come?

Prima di tutto, in due modi. Primo, abbiamo due miliardi di metri quadri di edifici che devono essere riqualificati energeticamente, su un totale di 2,5 miliardi. Quattro quinti del nostro patrimonio è inadeguato a reggere i futuri scenari della sostenibilità abitativa. In questi giorni il premier Renzi pensa di detassare la prima casa. Allora- ne ho parlato ieri con il viceministro all’economia Pierpaolo Baretta- la sola via è collegare tutto questo al concetto di smart home. Insomma: ti tolgo le tasse solo se metti tecnologia per aumentare la sostenibilità energetica. Trasformiamo una perdita di gettito fiscale in investimento tecnologico e sviluppo di sistema. L’altro punto riguardano le banche, che sono i maggiori gestori del patrimonio immobiliare italiano e sono finanziatori di milioni di edifici attraverso i mutui. Allora la mia proposta alle banche è diventare attori di questo percorso finanziando, con il mutuo, la trasformazione della casa in smart home. Le banche possono poi diventare intermediari di tutte le utilities e gestire i flussi di pagamento degli utenti.

Su quali altri fronti agire?

Finora ho parlato delle case, ma mi vengono in mente altri due ambiti su cui puntare. Per esempio, le filieri produttive. Se le aziende accettano di renderle tracciabili, lo Stato può semplificare o ridurre gli accertamenti fiscali. Il terzo ambito sono le auto: abbiamo già il più grande parco automobilistico con smart box attivo. Un’idea è dimezzare il costo del bollo auto a chi l’ha installato.

Ma in tutto questo la banda ultra larga che ruolo ha?

Sì, ha un ruolo. La banda ultra larga che ci serve, però, non si apprezza per velocità pura, ma per livelli generali di qualità. Deve essere affidabile e avere una copertura estesa: così può reggere il futuro dell’internet of things. La fibra può essere una buona tecnologia per questo ma non è la sola. La velocità pura serve alla fine solo per lo streaming video, ma la gente non coglie il vantaggio di farlo via banda ultra larga invece che via satellite o digitale terrestre. Ecco perché meglio puntare sulle cose, che a differenza delle persone non hai bisogno di convincerle a adottare la banda ultra larga…

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