Ora che l’Fbi è riuscita, con l’intervento di un “soggetto terzo” (probabilmente la società israeliana Cellebrite) a entrare nell’iPhone dell’attentatore di San Bernardino per estrarne i dati, il governo americano può porre fine alla sua battaglia in tribunale con Apple. Tutto risolto dunque sul piano giuridico? Sicurezza e privacy possono tornare ad andare d’accordo?
La vicenda ha gettato un’ombra sui due contendenti: la reputazione del sistema operativo di Apple come “inviolabile” sembra intaccata, visto che qualcuno lo ha violato, mentre la credibilità dell’Fbi è stata messa a dura prova, visto l’insistenza con cui i federali hanno chiesto per settimane agli ingegneri di Cupertino di sviluppare in codice ad hoc per aggirare le impostazioni di sicurezza dell’iPhone perché nessun altro avrebbe potuto farlo, quando poi si è dimostrato che non era così. Ma non solo: secondo il Financial Times, nemmeno le battaglie in tribunale si chiudono qui e il braccio di ferro sul tema dell’encryption impone una soluzione politica difficile da raggiungere.
“La questione non è sistemata”, afferma James Langevin, parlamentare Democratico del Rhode Island. “L’ideale sarebbe far sì che la comunità hitech, le agenzie di law enforcement e le associazioni per la privacy lavorassero insieme per arrivare a una soluzione”.
Ma la collaborazione e la soluzione condivisa non sembrano all’orizzonte. Michael McCaul, presidente dell’House Homeland Security Committee, ha presentato una proposta di legge per la creazione di un comitato di 16 membri il cui compito sarà raccomandare delle modifiche alla politica del governo sull’encryption. Anche se Langevin, co-firmatario della proposta di legge, spera di iniziare il dibattito sulla nuova legge già nelle prossime settimane, nessuna data è stata fissata.
Richard Burr, presidente del Senate Intelligence Committee, e la senatrice Dianne Feinstein, vice-presidente, presenteranno il prossimo mese una legge che vuole imporre alle aziende di collaborare con le forze dell’ordine per decifrare le informazioni criptate.
Tuttavia, se queste leggi saranno approvate, non esiste alcuna garanzia che la Silicon Valley sarà felice di collaborare. Molte aziende, tra cui Apple, hanno già protestato contro i nuovi poteri concessi alla sorveglianza elettronica dalla proposta di legge presentata nel Regno Unito (Uk Investigatory Powers Bill), che il Parlamento britannico sta discutendo in queste settimane. Un’analoga resistenza è attesa negli Stati Uniti.
Secondo gli esperti, perciò, si prepara una stagione di battaglie legali negli Usa contro le richieste delle agenzie del governo di “entrare” nelle comunicazioni elettroniche. Inoltre, le forze di polizia locali vogliono chiedere all’Fbi di svelare la metodologia usata per accedere all’iPhone 5c di Syed Rizwan Farook che ha fatto fuoco a San Bernardino (l’Fbi, invece, per ora non ha dato alcuna garanzia che renderà nota la tecnologia usata). Cyrus Vance, procuratore distrettuale a Manhattan, ha dichiarato che il suo ufficio ha mandati per estrarre dati da 175 iPhone di persone sospettate in vari crimini che finora non ha potuto eseguire.
“Ci troveremo davanti allo stesso braccio di ferro ancora molte volte, il dibattito non è chiuso”, secondo Adam Segal, autore del libro “The Hacked World Order: How Nations Fight, Trade, Maneuver, and Manipulate in the Digital Age”. Apple e tutte le altre aziende che offrono servizi per scambiare messaggi e comunicazioni in modo sicuro continuano a rischiare ingiunzioni del tribunale per sbloccare le loro impostazioni di sicurezza, concorda Phil Lee, partner dello studio legale Fieldfisher, nella Silicon Valley. “I criminali e i terroristi continuano a usare il mobile messaging. Gli utenti sono preoccupati per la loro privacy. Il problema non è risolto”.
Infatti, il dipartimento di Giustizia americano non ha escluso nuove azioni legali verso Apple. Cupertino, da parte sua, sta rafforzando la sicurezza dei suoi sistemi, tra cui la cifratura usata nello storage online iCloud, secondo fonti del Financial Times, pur avendo dichiarato che è pronta a partecipare a “un dibattito nazionale sulle nostre libertà civili e la sicurezza e privacy collettive”.