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Caso Huawei, il governo punta a un “bollino” per le reti di Tlc

Secondo quanto risulta a Corcom si starebbe studiando un sistema per “certificare” la sicurezza di sistemi e apparati a garanzia della cybersecurity nazionale. Sempre più forte l’attenzione sulla newco delle reti: una rete di “Stato” consentirebbe di spingere la fibra e tutelare la sicurezza. E spunta l’ipotesi di un consorzio “allargato”

Pubblicato il 31 Gen 2019

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Mettere in sicurezza le reti di Tlc italiane attraverso un sistema di “certificazione” in grado di garantirne la piena affidabilità. È questo il progetto a cui – secondo quanto risulta a Corcom – starebbe lavorando il governo giallo-verde.

Il tema della sicurezza delle reti di Tlc sta diventando sempre più stringente anche a seguito del “caso” Huawei ossia della richiesta agli Alleati, da parte del governo Usa, di “bandire” il più possibile l’uso di sistemi e apparati della compagnia cinese considerata “occhio” e “orecchio” della Cina. Secondo quanto risulta a Corcom il pressing degli Stati Uniti si sarebbe fatto già sentire sul governo italiano chiamato dunque a esprimersi sulla questione: il terreno di scontro si sta progressivamente spostando proprio sull’Europa, dove già peraltro alcuni Paesi si stanno muovendo, quantomeno sulla carta, anche in risposta al pressing americano. Alcuni hanno avviato indagini, altri hanno alzato l’asticella del livello di pericolo per le reti nazionali, altri ancora non ravvisano al momento rischi di sorta. Ma tant’è che qualcosa bisognerà pur dire, pur fare.

L’Italia fino ad oggi ha mantenuto il riserbo se non fosse per una dichiarazione, a inizio dicembre 2018, di  Adolfo Urso, vicepresidente del Copasir. Relativamente al caso Huawei – Meng Wanzhou, cfo di Huawei e figlia del fondatore, era stata appena arrestata in Canada su richiesta degli Usa – Urso puntualizzava che da parte del comitato parlamentare per la sicurezza “non è in corso un accertamento ad hoc” ma “c’è attenzione generale sul tema”.

Due mesi però separano quelle dichiarazioni dalla cronaca che vede protagonista il colosso cinese. E che si è fatta sempre più aspra con gli Usa a rincarare la dose un giorno sì e l’altro pure. Al di là del caso Huawei è evidente che la “guerra dei dati” – che secondo il numero uno di Alibaba Jack Ma (ma non è l’unico ad aver lanciato l’allarme) farà da miccia alla terza guerra mondiale -allarga inevitabilmente i confini del dibattito dalle questioni tecnologiche a quelle geopolitiche e che nessun Paese potrà permettersi di sottovalutare i potenziali impatti di una perdita di controllo di informazioni considerate sensibili, strategiche e persino vitali per la tenuta economica ma anche per la sopravvivenza stesse dell’economia-Paese.

L’idea di un “bollino” di sicurezza, che faccia leva su parametri e criteri di affidabilità per l’uso di sistemi e apparati potrebbe rappresentare una prima risposta concreta alla questione. Anche se poi bisognerà capire chi stabilisce i parametri e chi ne verifica il rispetto nel corso del tempo. E bisognerà capire anche – ed è questa la vera grande questione – da che parte sta il governo italiano e quali sono gli interessi in ballo. I cinesi di Huawei, ma anche quelli di Zte stanno investendo e continuano a investire ingenti risorse nel nostro Paese divenuto “hub” europeo in particolare in materia di 5G.

Huawei peraltro ha già fatto sapere che non esclude disinvestimenti nei Paesi “voltagabbana”, un’ipotesi che molto probabilmente si tradurrà in realtà non tanto per “vendetta”- è il banale sospetto di molti – ma per impossibilità di mandare avanti il business e sostenere gli investimenti a fronte di restrizioni e ostacoli operativi.

Il governo giallo-verde starebbe puntando ad accendere sempre di più i riflettori sulla necessità di una rete di “Stato” attraverso la creazione di una newco delle reti – con la convergenza degli asset di Tim e Open Fiber e a “supervisione” Cdp –  soluzione privilegiata non solo per cablare l’Italia ma a questo punto anche per gestire al meglio le questioni legate alla cybersecurity. Come dire, due piccioni con una fava.

Il tema delle banda ultralarga e quello della cybersecurity stanno dunque convergendo sullo stesso tavolo. E sempre secondo quanto risulta a Corcom il governo starebbe valutando anche il progetto di una “newco” allargata, una sorta di “consorzio” delle reti con le infrastrutture di proprietà pubblica ma aperto ad una serie di aziende in qualità di partner, ciascuno con soluzioni e competenze ad hoc, in modo da poter spingere una serie di progetti facendo leva sull’expertise dei vari soggetti in campo in settori quali il manufacturing, la mobility, l’automotive, il turismo. Partner che sarebbero “certificati” anche sul fronte della security.

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