TELEFONICA-TELECOM

Che fine farà Telecom? Telefonica non ha risposto

Tante promesse ai giornalisti dopo l’incontro con Letta. Ma per il momento sono solo dichiarazioni generiche. Nessun impegno per la tutela degli azionisti fuori da Telco, niente chiarimenti sulla cessione di Tim Brasil, ignorata la questione scorporo e frasi di maniera sugli investimenti

Pubblicato il 29 Ott 2013

Le promesse che Telecom Italia rimarrà italiana, che verranno portati avanti il piano industriale e gli investimenti nella fibra ottica e nel 4G, che l’occupazione in Italia sarà salvaguardata, che Telefonica non va temuta perché è un socio industriale: più che un appuntamento di chiarimento sulle sue strategie e sui suoi piani più immediati per Telecom Italia, quella dell’amministratore delegato di Telefonica Cesar Alierta oggi a Palazzo Chigi è stata una specie di missione rassicurazione. Almeno a giudicare, vista l’assenza di un comunicato ufficiale, dalle poche frasi rifilate da Alierta ai giornalisti uscendo da Palazzo Chigi.

Rassicurazione soprattutto in relazione alle molte voci levatesi in queste settimane contro lo sbarco degli spagnoli, piuttosto che nei confronti di Palazzo Chigi: il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ed il viceministro alle Comunicazioni, Antonio Catricalà, sin dall’inizio della vicenda hanno assunto una posizione decisamente attendista che non era difficile interpretare come un sostanziale semaforo verde alla crescita degli spagnoli in Telco.

Interpretazione confermata, del resto, dalle voci uscite da Palazzo Chigi subito dopo l’incontro secondo cui le nuove norme dell’Opa, che nelle intenzioni dei senatori Mucchetti e Matteoli avrebbero dovuto fermare Telefonica, sono rinviate a data da destinarsi.

La riuscita (per gli obiettivi che si era proposta) della missione “diplomatica” di Alierta è stata evidentemente facilitata dal fatto che, sempre a detta del presidente di Telefonica, i temi più caldi, quelli su cui più vivace è stato lo scontro di queste settimane, sono rimasti fuori dal portone della sede del governo.

Infatti, almeno a quanto ha dichiarato ai giornalisti uscendo dal palazzo del governo il presidente di Telefonica, non sono stati toccati i temi dello scorporo della rete, della vendita di Tim Brasil, del coinvolgimento dei piccoli azionisti in un’operazione finanziaria che lascia a bocca asciutta la stragrande maggioranza degli azionisti di Telecom Italia. Che devono, al massimo, accontentarsi di vedere il loro titolo salire sotto le ondate della speculazione del momento ed incrociare le dita sperando che i giochi ribassistici dell’ex patron di Wind Naguib Sawiris siano mal escogitati.

Tuttavia, le parole di Alierta non bastano a sgombrare i molti lati ancora oscuri.

Cosa significa che Telecom Italia resterà italiana? Nulla, se non si darà una risposta sensata a questa affermazione. Che non si farà la fusione con Telefonica, con tutto quel che ne consegue per i gli azionisti fuori dalla scatola cinese Telco? Che la rete non verrà trasportata in Spagna non vi sono dubbi, ma scelte di investimento, fornitori, strategie di mercato e di sviluppo, centri di ricerca e tutto il resto dove saranno? Il corpo di Telecom starà per forza in Italia, ma la testa?

Cosa vuole dire che non verrà toccata l’occupazione in Italia? Sappiamo tutti quale ristrutturazione attende l’azienda. È un modo di dire che l’occupazione verrà tagliata (per dismissione) in Argentina e Brasile?

Il piano di investimenti continuerà. Tuttavia, per rispondere alle esigenze dello “sviluppo tecnologico e della crescita dell’economia” fatte proprie dallo stesso Alierta bisognerà pigiare sull’acceleratore degli investimenti, non mantenere una marcia che già ora si fatica a reggere. Si finanzieranno con la vendita di Tim Brasil? E a che prezzo? Conveniente per Telecom Italia o per gli equilibri brasiliani di Telefonica? E l’idea di scorporare la rete o di societarizzarla è accantonata del tutto?

Sono queste le domande cui ci piacerebbe avere risposte. Purtroppo, mancano ancora. Il prossimo appuntamento è al cda del 7 novembre. Speriamo che serva per avere un po’ più di luce.

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