SWITCH OFF SALE

Cinema digitale, serve un commissario straordinario

Nel processo di “switch off” delle sale la politica è un passo avanti al mercato. Quindi ha l’occasione di assumersi anche il compito di indicare una strategia industriale innovativa per l’intera filiera del cinema

Pubblicato il 19 Giu 2013

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Dopo la musica e la televisione la rivoluzione digitale impatta sulle sale cinematografiche. La pellicola cinematografica dopo più di un secolo di onorato servizio va in pensione definitivamente e l’esercente cinematografico è spaventato, si sente abbandonato di fronte ad un cambiamento che richiede investimenti economici ma soprattutto un cambio di mentalità imprenditoriale, un salto culturale. Solo pochi mesi fa, ad un seminario sull’argomento al Festival del Cinema di Venezia un importante rappresentante degli esercenti nazionali chiedeva “un rinvio dello switch off”, dimenticando che l’Italia è solo una provincia dell’Impero e che la rivoluzione digitale, decisa altrove, non si può fermare.

La stessa richiesta si è spesso sentita negli anni passati da parte delle emittenti televisive locali, terrorizzate anch’esse dall’arrivo del digitale. Sappiamo come è andata. La digitalizzazione della televisione italiana è un processo compiuto. Molte piccole emittenti sono entrate in crisi ma altre esperienze editoriali, nazionali e locali, sono nate e continuano a nascere. La televisione digitale non ha perso pubblico anzi ha aumentato il tempo complessivo di consumo televisivo degli italiani.

Prima ancora che un cambiamento di tecnologia, il digitale anche per le sale cinematografiche impone un cambiamento di cultura imprenditoriale. I benefici economici immediatamente tangibili riguardano i costi della distribuzione, passando dal costo medio di una copia in pellicola di 1.500 euro ai 100 euro di una copia digitale (trasmessa in banda larga via satellite o Dcp). Ma i benefici maggiori si hanno dal cambio di modello organizzativo. La copia digitale modifica i vincoli e il controllo che il distributore esercitava sul gestore della sala, spalancando le porte alla multiprogrammazione ed ai contenuti aggiuntivi. La possibilità di offrire prodotti per segmenti di mercato in orari differenziati, l’utilizzo delle sale per eventi live, l’opera lirica o il concerto rock di Ligabue, grazie al collegamento satellitare, le piattaforme di cinema on demand in sala, sono tutte forme di arricchimento del business della sala che si stanno sviluppando anche in Italia. Nel 2012 l’incasso nelle sale dei contenuti aggiuntivi è cresciuto del 115% rispetto al 2011.

Il paradosso italiano sta anche nel fatto che l’urgenza e la necessità di un intervento straordinario per evitare la chiusura delle sale è giustamente indicata nelle parole chiare del ministro dei Beni Culturali, più che dagli stessi attori della filiera del cinema che nella loro lettera aperta ai ministri Bray (Mibac) e Zanonato (Mise), di poche settimane fa, trattano l’argomento con parole tiepide e come settimo punto su otto: “Sostenere l’esercizio, combattendo con decisione la pirateria, salvaguardando e ampliando l’offerta delle sale di città, favorendone il pieno adeguamento al digitale in ragione del ruolo che le sale svolgono come centri di cultura, d’intrattenimento, di centro di socialità e aggregazione”.

In questo caso la politica è un passo avanti al mercato e quindi ha l’occasione di assumersi anche il compito di indicare una politica industriale innovativa per l’intera filiera del cinema. Non solo mettere a disposizione in tempi rapidi risorse economiche per l’acquisto dell’hardware, ma soprattutto risorse economiche per la formazione. Insieme alle Regioni predisporre percorsi formativi per le competenze tecniche e manageriali dei lavoratori del settore per superare il digital divide culturale. Immaginando anche percorsi amministrativi innovativi, semplificati e straordinari. Perché non nominare, ad esempio, un Commissario straordinario a cui dare il compito di portare a termine la missione “Sale All Digital” in un tempo determinato e pagato sulla base dei risultati ottenuti?
Il passaggio al digitale per le sale cinematografiche deve essere un’opportunità di sviluppo e crescita del settore, non può trasformarsi in chiusure di sale e impoverimento culturale per i cittadini e il territorio.

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