Sono passati due anni da quando Cisco è entrata nel mercato dei
server, ovvero degli Unified computing systems (Ucs), come
preferisce chiamarli, per differenziare la sua proposition da
quella di altri concorrenti.
I risultati sono arrivati, anche se ancora non allineati agli
obiettivi per cosi dire tipici di un gruppo di queste dimensioni.
“Attualmente i nostri ricavi annualizzati in questo settore –
osserva Danilo Ciscato, director Mediterranean Region Marketing –
si aggirano intorno ai 650 milioni di dollari, ancora sotto il
miliardo di dollari che costituisce il nostro obiettivo standard di
quando poniamo in essere operazioni di questo genere. Ma siamo
sulla buona strada perché l’incremento medio annuo è del 700% e
nel mondo contiamo già 4000 società che hanno scelto le nostre
soluzioni, molte delle quali già con acquisti ripetuti. Abbiamo
attrezzato una rete di 350 partner con certificazione Atp e un
network di oltre 40 sviluppatori di software che stanno lavorando
sulle Api dei nostri sistemi. Le applicazioni supportate sono già
decine mi migliaia. Per esempio tutte le applicazioni migrate dai
sistemi legacy di Hp sono avvenute con successo”.
Il deployment dei sistemi Ucs interessa tutti i settori di
attività, quelli tipici dell’informatica, con manufacturing e
finance ai primi posti. L’Italia si è dimostrata un paese molto
ricettivo verso queste proposte, tanto che alcune referenze hanno
assunto una valenza internazionale.
E il futuro non potrà che confermare e consolidare i risultati,
aggiunge Cisco. Ma per fare questo è necessario un approccio al
mercato che segni una discontinuità con il passato nella ideazione
e gestione dei data center. Il mercato chiede un approccio che
privilegi integrazione, innovazione apertura agli standard . Ovvero
soluzioni coese integrate in sistemi di nuova generazione in grado
di ottimizzare al contempo capacità di computing, di networking,
di accesso allo storage e di virtualizzazione, con un meccanismo di
gestione anch’esso integrato. Questa è la strada imboccata da
Cisco con la collaborazione di alcuni partner, in primis Intel,
fornitore dei chip ma società con cui il leader dei router sta
cooperando anche su altri fronti tecnologici. Uno è quello della
sicurezza in ambito virtuale, un altro quello della memorizzazione
(supporti più veloci e di minore consumo) e della massima
trasparenza dei server.
Invero il percorso avviato non è facile da comprendere pienamente
e spiegare nonostante gli sforzi di Laura Pegorini, architecture
marketing manager data centre/virtualisation Med di Cisco e di
Andrea Toigo, enterpriese tecnology specialist Intel Italia. Il
messaggio più importante si può comunque riassumere in questi
termini: tutti i componenti che fanno parte della proposition Ucs
sono pensati per soddisfare ai bisogni attuali dei data center ma
ancora di più per ottemperare ai requisiti delle future evoluzioni
dei DC, che richiederanno soluzioni cloud-ready. Ovvero open,
sicure, scalabili, flessibili, resilienti e soprattutto
integrate.
“Dobbiamo inseguire, ossia siamo dei follower, in questo settore,
spiega Ciscato; per contro siamo però favoriti dall’essere dei
leader nel networking, ovvero in quello che è stato il settore che
ha generato le maggiori innovazioni nell’informatica negli scorsi
anni. Del resto la rete è il collante della rivoluzione in corso:
quasi due miliardi di persone connesse, 15 miliardi di oggetti
attesi nel 2015, 390 gigabytes di dati creati ogni secondo, 500
milioni di utenti su Facebook e 450 milioni su Skype. Anche questi
numeri sottolineano la necessità di un nuovo approccio
architetturale ai data center, che saranno sempre più
virtualizzati e cloud-ready.
E’ stata la virtualizzazione a innescare il processo di
cambiamento, slegando le applicazioni dall’hardware; il cloud
sarà il futuro e noi di Cisco questo futuro lo stiamo già
cavalcando oggi con un portafoglio prodotti in cui sono inglobati
le condizioni per fronteggiare i driver della futura generazione di
data center”.