La Apple è stata travolta da una valanga di querele lanciata da un gruppo di genitori americani su tutte le furie perché i loro figli minorenni hanno presentato ingenti serie di conti salati derivanti dalle spese per le applicazioni per bambini disegnate per iPhone e Ipad. Una class action è stata accettata dal giudice della corte federale degli Stati Uniti che ha rigettato la richiesta di Apple di respingere il caso.
La causa riguarda quelle applicazioni che richiedono agli utenti di utilizzare denaro virtuale per acquistare aggiornamenti che possono costare fino a 70 sterline a software. C’è da dire che si tratta di dati e item digitali che inizialmente possono essere spesso scaricati gratuitamente. e che soltanto in un secondo momento si trasformano in prodotti a pagamento. Un’applicazione sul banco degli imputati, ad esempio come riportato dal quotidiano inglese Telegraph, è quella del Villaggio dei Puffi, che invita i bambini a spendere nell’acquisto di oggetti digitali senza richiedere l’autorizzazione dei genitori. Una volta ricevuto il consenso dei piccoli e inconsapevoli consumatori, la spesa viene fatturata sul conto iTunes e sulla carta di credito associati all’iPhone o all’iPad utilizzati dai bimbi. Nell’azione presentata al tribunale, i genitori americani accusano la Apple di aver coscientemente "indotto" i bambini a comprare nuove applicazioni.
I genitori accusano Apple di aver reso troppo facile per i bambini l’acquisto di oggetti digitali. Nel mirino soprattutto le “fragoline” del villaggio dei puffi, facilmente acquistabili anche senza il permesso dei genitori. Di fatto, il gruppo di adulti accusa Apple di rendere troppo semplice l’acquisto tramite iPhone e iPad, inducendo i piccoli a concludere acquisti in autonomia.