Nessun riferimento esplicito. Ma è chiaro il messaggio del Ceo di Vodafone sulla vicenda Telecom-Telefonica. “Uno dei punti di forza del gruppo Vodafone – ha detto Vittorio Colao – è il modello ‘a capitale diffuso'”. Dove “non esistono gruppi di controllo o azionisti di rilievo, la governance è inglese, le azioni si contano e non si pesano. Tutti gli azionisti sono uguali e nessuno siede in cda”. Così Colao ha spiegato durante il discorso all’inaugurazione dell’anno accademico all’Università Bocconi, precisando che si tratta di un “modello che tutela meglio tutti gli azionisti a prescindere dell’investimento e dagli orizzonti temporali”.
Per Colao la “questione chiave è chi decide sulle scelte di lungo periodo”: solitamente e’ il cda a decidere, “ma da noi in cda non siedono gli azionisti ma consiglieri indipendenti, che devono rappresentare l’interesse degli azionisti nel loro insieme e il management”. In Vodafone “le strategie e gli orizzonti temporali non vengono definiti con gli azionisti in cda, ma dai senior executive con il cda in incontri dedicati, con un’ informazione trasparente sui mercati. E’ la grande sfida del capitalismo pubblico”, ha aggiunto Colao.
La creazione “di un mercato unico delle telecomunicazioni potrà creare opportunità formidabili – ha detto Colao -.Le opportunita’ derivanti da collegare in un singolo mercato digitale cloud technologies – produttività, costi e sicurezza – processing di contenuti educativi, scientifici di intrattenimento grazie alla banda larga – fissa mobile e ubiqua – sono formidabili”. “La frammentazione tra stati europei rende tutto difficile, è francamente poco praticabile ed è anacronistica. Abbiamo regole specifiche, disomogenee e spesso protezionistiche sulle assegnazioni di frequenze, sulla sicurezza e sulla privacy, sull’accesso alle reti fisse e cosi’ via”, ha spiegato il numero uno di Vodafone, sottolineando che la “Ue ha rappresentato un ulteriore livello di complessita’. Noi oggi in Europa abbiamo 187 regolatori, cosa che porta a grande frammentazione e burocrazia sovranazionale e stoppa lo sviluppo del settore. Gli europeisti per nascita come me devono spiegare perché investire in Europa”. Dobbiamo “pensare seriamente al rilancio dell’industria europea: dopo il quinquennio 2008-2013 nei prossimi 5 anni l’Europa dovrà tornare a puntare su competitivita’ e snellimento dei costi amministrativi. L’infrastruttura è la grande piattaforma che puo’ rendere possibile ciò”.