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Convergenza media-telco: la trasformazione digitale permetterà di venirne a capo?

Le telecomunicazioni hanno sempre avuto un rapporto difficile con i contenuti e le strategie sono divergenti: da un lato operatori che dismettono gli asset, dall’altro quelli che investono nell’integrazione per fidelizzare la clientela broadband. In Italia slancio negli ultimi mesi con il campionato di calcio Serie A

Pubblicato il 12 Ott 2021

Augusto Preta

Founder ITMedia Consulting

streaming-tv-video

Sarà pubblicato il 14 ottobre 2021 il XIX Rapporto Annuale Turning Digital – The Game Changer di ITMedia Consulting sullo stato della televisione in Europa ed i principali trend. Ecco l’anticipazione di Augusto Preta per CorCom

Lo stato della televisione in Europa

A seguito della crisi legata alla pandemia, il fatturato totale del mercato televisivo in Europa occidentale è tornato ai livelli del 2018, registrando un decremento del -1,5%. A tenere in piedi il mercato è stata la pay-tv, che ha raggiunto i 52,6 miliardi di euro di ricavi, con un +4,6%, un risultato per certi versi sorprendente, favorito dalla componente Vod che cresce di oltre il 30%, mentre la pay-TV tradizionale si mantiene appena sotto la media (-0,3%). Questo ha permesso di contenere le perdite, a fronte di una caduta consistente (-12,5%) della pubblicità.

Convergenza Telco-Media: stop o go?

Una delle principali tendenze rilevate nel rapporto di quest’anno è legata al tema della convergenza. Negli ultimi tempi, come noto, una tempesta di fusioni e acquisizioni e lo sviluppo di strategie di convergenza nell’arena dei media e delle telecomunicazioni hanno contrassegnato il settore. Da AT&T a Deutsche Telekom, BT e Telefonica, le società di telecomunicazioni hanno investito molto nei contenuti negli ultimi anni cercando di differenziarsi ampliando le loro offerte a contenuti video sempre più pregiati.

BT ha come noto investito miliardi in diritti sportivi come la Premier League e la Champions League per costruire BT Sport. L’obiettivo era acquisire e trattenere i clienti broadband interessati al calcio, generare un effetto a cascata positivo sia sul marchio per aumentare e aggiornare la percezione di BT tra i consumatori e a proteggersi da ciò che BT considerava il suo principale concorrente, Sky. Per fare ciò i contenuti sono essenziali e non tutti i contenuti sono uguali. La titolarità dei diritti sportivi può ad esempio garantire un’audience ampia e fedele, legata alle dimensioni della base di tifosi.

Ma entrare in un mercato affollato e competitivo è sempre complicato e nel frattempo l’orizzonte si è annuvolato. Infatti, otto anni dopo il suo lancio nell’agosto 2013, BT ha messo sul tavolo tutte le opzioni possibili per il futuro di BT Sport, inclusa una vendita completa, una partnership in joint venture con una società di media o la vendita di quote. Attualmente è in trattative avanzate con Dazn, il servizio di streaming sportivo con una forte presenza anche in Italia.

L’abbandono dello sport premium è da tempo atteso da BT, poiché si è dimostrato meno vantaggioso in termini di benefici incrociati con il suo core business broadband e mobile. Secondo alcune stime, BT ha speso 2 miliardi di sterline per coprire le perdite cumulative di BT Sport nel corso della sua esistenza. Tuttavia, i ricavi e i costi sono ora allineati grazie agli aumenti dei prezzi per il servizio. BT Sport è stato inizialmente efficace nello stabilizzare l’attività di vendita retail di consumatori di BT, ed è stato lodato per i suoi elevati valori di produzione. Tuttavia, il valore strategico di BT Sport è diminuito dopo che BT e Sky hanno stabilito una tregua nella costosa battaglia per i diritti sportivi nel 2017.

BT non è l’unica telco a ripensare ai propri investimenti nei media. La società di telecomunicazioni statunitense Verizon ha recentemente annunciato che sta vendendo Yahoo, Aol e altri asset multimediali alla società di private equity Apollo per 5 miliardi di dollari, dopo averli acquisiti per oltre 9 miliardi tra il 2015 e il 2017. Verizon aveva precedentemente venduto il sito di blog Tumblr nel 2019 e HuffPost a BuzzFeed l’anno scorso. Verizon prevede di utilizzare i proventi delle sue dismissioni dei media per concentrarsi sulle sue attività principali di telefonia e di provider di Internet.

Una strategia alternativa è di investire in contenuti originali, come film e serie. A questo scopo, le società di telecomunicazioni acquisiscono una società di contenuti con un catalogo di programmi comprovati, come ha fatto AT&T acquistando Time Warner nel giugno 2018. L’investimento in contenuti originali è un elemento di differenziazione per i fornitori di pay-TV (ad esempio Sky) e per i player OTT (Netflix). Netflix ha notevolmente aumentato il suo investimento in contenuti originali dalla sua prima incursione con House of Cards.

In questo senso, la recente decisione di AT&T di scindere WarnerMedia, che si unirà a Discovery per creare un colosso gestito dal ceo di Discovery David Zaslav, è un chiaro segno che le telecomunicazioni sono alle prese con grossi problemi con i contenuti. La nuova società si chiamerà Warner Bros. Discovery. Gli azionisti di AT&T riceverebbero azioni che rappresentano il 71% della nuova società, mentre gli azionisti di Discovery deterrebbero il 29%. Pur non trattandosi di un disinvestimento definitivo, conferma la volontà del gigante delle telecomunicazioni di rifocalizzarsi sul proprio core business e attendere l’evoluzione in arrivo in tutto il mondo dell’intrattenimento e dello streaming.

Tutte queste storie portano a pensare che le telecomunicazioni abbiano sempre avuto un rapporto difficile con i contenuti. E ciò nonostante le società di telecomunicazioni e TV in abbonamento abbiano molti attributi simili, in particolare l’acquisizione e la fidelizzazione dei clienti che rinnovano la bolletta ogni mese. Ad ogni modo non tutte le telco stanno ripensando al proprio investimento sui contenuti. Comcast è ancora nel business dei media anche con NBCUniversal e soprattutto con Sky.

In Italia, come noto, la convergenza ha raggiunto il suo slancio negli ultimi mesi, quando si sono sviluppate diverse partnership strategiche tra “Content e Telco”, volte a fidelizzare i clienti esistenti e a cercare di attrarne di nuovi. Da un lato la partnership tra l’operatore wholesale-only Ftth Open Fiber (a cui si è aggiunta poi Fastweb) e Sky, e dall’altro Tim-Dazn, con forti investimenti nei diritti sportivi, in particolare nel campionato maggiore di calcio di Serie A.

In Spagna Movistar Plus, la divisione pay-TV di successo di Telefonica, ha aumentato gli investimenti nei contenuti, in quanto è alla ricerca della preminenza come produttore in Spagna, oltre che per attingere alla domanda internazionale di contenuti in lingua spagnola. Nel frattempo, il servizio di pay-TV di Orange Ocs (ex Orange Cinema Service) è ora disponibile in Francia a livello wholesale per piattaforme come Canal+ e Amazon Prime Video, e non solo per i propri clienti.

In definitiva, il processo di convergenza tra media e telco si è rivelato non lineare, contrariamente a quanto previsto da molti fan della convergenza, e sembra più complesso che mai. La trasformazione digitale si è spinta in questa direzione ma il risultato è ancora lontano dall’essere realizzato.

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