Coppola: “Ora trovare i soldi per le Ngn”

Il deputato Pd: “Bene il project financing ma non sia fatto all’italiana dando risorse a chiunque”

Pubblicato il 17 Dic 2013

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«Le priorità di Caio produrranno effetti sull’innovazione del sistema Paese solo se accompagnate da un piano efficace di sviluppo della fibra e di diffusione delle competenze digitali». Paolo Coppola, deputato del Pd e membro della commissione Trasporti e Tlc della Camera, commenta la strategia messa in campo da mister Agenda digitale.
Come giudica la scelta di spingere su anagrafe unica, identità digitale, fatturazione elettronica?
Sono ottime scelte. La fatturazione è un progetto imprescindibile verso la strutturazione del procedimento amministrativo informatizzato. L’anagrafe unica è, invece, il “master data” più importante per erogare servizi in un’ottica di interoperabilità e avviare una rivisitazione dei software degli enti in ottica cloud. Per quanto riguarda l’identità digitale – un’iniziativa che io e Quintarelli abbiamo presentato a Caio che l’ha accolta – è il trampolino di lancio per l’open government. Complessivamente le tre iniziative rappresentano le infrastrutture software abilitanti all’Agenda così come sul versante hardware lo è la fibra.
Piano Caio promosso a pieni voti?
Finora Caio ha lavorato bene. Ma è importante che i progetti siano accompagnati da un efficace piano di diffusione di competenze digitali e da uno altrettanto efficace sullo sviluppo delle reti in fibra. Nello specifico delle competenze digitali, bisogna avviare un lavoro a medio termine per eliminare uno degli ostacoli più grandi ovvero la mancanza di skill propriamente detti e di consapevolezza dei vantaggi, ma anche dei rischi, che le tecnologie possono determinare nei rapporti con la PA. Serve l’impegno di tutti gli attori: quelli “istituzionali”, come la scuola, e delle associazioni di categoria.
Parliamo di fibra. L’Italia è indietro rispetto al resto d’Europa. Per quanto ancora pagheremo questo ritardo?
Iniziamo con l’essere onesti: il problema finora è stato soprattutto politico, di scelte politiche. In Italia non si sono fatti sufficienti investimenti in banda larga e fibra perché Internet non doveva diventare un competitor pericoloso per la Tv. Fatta questa operazione verità possiamo iniziare a ragionare su come colmare il gap accumulato in questi anni. Secondo stime dell’Ad di Telecom Italia, Marco Patuano per raggiungere il 50% della popolazione in Fttc servono 2 miliardi. Non sono moltissimi soldi, sarebbe il caso di iniziare a trovarli ed investirli in fibra invece di destinarli ad altro.
Due miliardi non saranno molti, ma in tempi di crisi economica e patto di stabilità diventa difficile reperire anche quelli. Il project financing è una soluzione a suo avviso?
In linea teorica sì. Il mio timore, però, è che si utilizzi la finanza di progetto “all’italiana” ovvero dando risorse a privati laddove non ci sono realmente rischi di investimento. Ecco, in questo caso non servirebbe. Detto questo mi rendo conto che per le imprese interessate ad investire il ritorno dell’investimento in questo momento è dirimente.
Allora?
Allora bisognerebbe spingere le telco non semplicemente ad investire nelle reti – anche nelle zone a fallimento di mercato – ma soprattutto a vendere servizi ad alto valore aggiunto e ad alto valore di conoscenza per fare in modo di rientrare in 30 mesi nell’investimento fatto sulle infrastrutture. Una strategia che finora non è stata presa in consideraziome e che invece avrebbe potuto accelerare lo sviluppo Ngn e rimettere l’Italia al passo con l’Europa.

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