Come si riconosce una smart city? Partendo da questa domanda che affronta uno dei nodi di maggiore interesse di urban planner e amministratori locali italiani ed europei, Cittalia Anci Ricerche ha raccolto i contributi dei principali esperti italiani del settore nell’e-book intitolato “Il percorso verso la città intelligente”, realizzato con l’obiettivo di alimentare il dibattito sul rapporto tra innovazione tecnologica e politiche urbane nel nostro paese. “Il testo – spiega il curatore Paolo Testa – fornisce una base di dibattito importante per le attività dell’Osservatorio Smart Cities dell’Anci ed è stato realizzato grazie ai contributi di coloro che sono impegnati in prima linea per favorire l’innovazione urbana nelle città italiane”.
“La smart city è riconoscibile perché ripensa in una logica multicanale le modalità con cui eroga i suoi servizi, riduce la propria presenza fisica per concentrare gli sforzi sulla qualità delle prestazioni e sulle capacità di interagire con i suoi abitanti” spiega Claudio Forghieri, direttore Smart city exhibition-Forum Pa nel suo intervento mentre per il segretario generale dell’associazione Genova smart city Gloria Piaggio “la smart city migliora la qualità della vita attraverso lo sviluppo economico sostenibile basato sull’innovazione e guidato dalla leadership locale in un processo di pianificazione integrata”.
“Le smart cities sono una grande opportunità per l’Italia – afferma il presidente e fondatore di Kanso Andrea Granelli -. Il tema va affrontato nel modo giusto: non deve essere una pallida imitazione dei modelli americani che partono da una visione distopica del vivere urbano e non deve essere neanche una semplice risposta ai bandi europei per racimolare risorse pubbliche. Ma piuttosto – aggiunge Granelli – l’occasione per riflettere a fondo sul futuro delle nostre città, riunendo attorno a tavoli progettuali i principali attori per cogliere appieno le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, ma in armonia con la storia, le tradizioni e le vocazioni delle nostre città. Non considerare solo la ‘città che consuma e che amministra’ ma anche la ‘città che produce’”.
Per il coordinatore Area innovazione del Comune di Firenze Giovanni Menduni, il nodo principale non è quello di introdurre nuovi sensori nelle città piuttosto di utilizzare meglio quelli già esistenti per sviluppare un efficace sistema di gestione dei dati nell’ambito di un disegno organico puntando alla collaborazione tra amministrazione e cittadini. “C’è un filo che aiuta l’intelligenza e che unisce tutto. Si chiama coerenza – spiega Menduni -. È un filo che parte da una conoscenza unitaria. Dati aperti, pubblici e condivisi. Dal grafo stradale alla toponomastica, dalle aree verdi ai dati dei sensori del traffico, dalla qualità dell’aria ai servizi. Questi dati sono il primo tessuto connettivo della smart community. Romperne la coerenza vuol dire creare stupidità”.
Il concetto di smart city serve però anche a realizzare innovative modalità di collaborazione tra pubblico e privato e a favorire la partecipazione civica, come suggerisce l’esempio di Torino. “La sfida delle smart cities – affermano Elisa Rosso dirigente del servizio Fondi europei, innovazione e sviluppo economico, e Gianfranco Presutti direttore della direzione lavoro, sviluppo, fondi europei e smart city – necessita, oltre ad una forte integrazione tra i settori dell’amministrazione, di una costante tensione verso l’innovazione, non solo tecnologica, ma intesa come apertura e contaminazione continua verso il nuovo. Le fonti cui attingere sono diffuse e, potenzialmente, non hanno limiti di contesto: policy europee, best practices diffuse per il mondo, le reti di città e organizzazioni no-profit, i centri di ricerca e le università, i social network professionali”.