“L’Agenda digitale deve essere la centro della strategie di crescita del Paese. E il Parlamento deve fare la sua parte”. Jonny Crosio, senatore della Lega Nord e membro della Commissione Lavori Pubblici di Palazzo Madama, commenta al Corriere delle Comunicazioni la proposta di Paolo Coppola (Pd) di istituire una commissione permanente sull’Agenda digitale.
Perché non funziona l’attuale ripartizione delle competenze tra le commissioni parlamentari?
Perché le Tlc e l’Agenda digitale sono ancora, purtroppo, le “cugine povere” delle politiche di questo paese; motivo per cui vengono affrontate in maniera residuale nel lavoro parlamentare.
Quindi è d’accordo con la necessità di creare una commissione ad hoc?
Certamente. Credo che l’Italia non si possa più permettere ritardi sullo sviluppo dell’Agenda, ritardi in gran parte dovuti all’eccessiva frammentazione delle competenze. In passato ho addirittura auspicato che si creasse un ministero ad hoc su questi temi che reputo l’asse su cui far poggiare tutte le strategie di uscita dalla crisi. In questo senso un organo parlamentare potrebbe rendere più incisiva l’azione politica.
Nessuna “controindicazione” all’istituzione di questa commissione?
E’ chiaro che non deve essere l’ennesimo carrozzone che macina acqua, ma operare anche diventando un pungolo e uno stimolo al governo che, finora, non ha dimostrato di puntare seriamente sul digitale. Ricordo che nella legge di Stabilità 2014 sono stanti stanziati solo 20 milioni di euro per l’Agenda. Ci rendiamo conto che è una presa in giro? Oppure vogliamo finalmente denunciare gli effetti degli annunci del viceministro alle Comunicazioni, Antonio Catricalà, che in audizione al Senato, ha detto che i fondi per sostenere le tv locali verranno prelevati da quelli dell’Agenda?
Non la convince la strategia del governo Letta, dunque. Che idea si è fatto della strategia slim di Francesco Caio che ha deciso di puntare su anagrafe, identità digitale e fatturazione elettronica?
Caio è una persona di grande competenza e valore. Il punto non è quello che vuole fare lui ma “come” e “se” l’esecutivo ha intenzione di mettere in atto i suoi consigli. Il rischio vero è che i rapporti su Agenda digitale e banda larga a cui ha iniziato a lavorare facciano la stessa fine di quello che lo stesso Caio ha elaborato per l’allora ministro alle Comunicazioni, Paolo Romani. Ovvero finito in un cassetto.