Anche l’industria delle tlc e della tecnologia americana soffre del deficit commerciale con i Paesi esteri che il presidente Donald Trump intende sanare a colpi di dazi. Cina, Taiwan, Messico, ma anche diversi Paesi europei, inclusa l’Italia, sono i mercati da cui le aziende della tecnologia, delle telecomunicazioni e dei media degli Stati Uniti acquistano beni – dai semiconduttori alle attrezzature di rete -, come mostrano i numeri elaborati da Pwc. E la politica commerciale di Washington potrebbe rivelarsi un boomerang per i campioni nazionali.
“Queste tariffe introdurranno una nuova sfida per l’industria Tmt”, si legge nel report. “È fondamentale per le multinazionali statunitensi valutare l’impatto di queste politiche commerciali sulle loro operazioni commerciali e sulle catene di approvvigionamento“.
Per esempio, per le telco i dazi potrebbero avere un impatto sui costi di importazione delle apparecchiature e finire con l’influenzare gli investimenti nelle infrastrutture.
I dazi di Trump nuovo rischio per le telco Usa
Già nel suo primo giorno in carica, Trump ha pubblicato l’America First Trade Policy, che ha lanciato un’indagine sulle pratiche commerciali sleali. Una componente chiave di questa indagine, “Unfair and unbalanced trade”, prende di mira i Paesi con significativi deficit commerciali annuali di merci, proponendo di sottoporli a tariffe specifiche. Ciò include diverse nazioni dell’Unione europea (ad esempio, Germania, Irlanda e Italia), dell’Asia (ad esempio Vietnam, Giappone e Taiwan) e altri partner globali. Anche una revisione delle pratiche commerciali sleali da parte di altri paesi e una consultazione rispetto all’accordo Stati Uniti-Messico-Canada (Usmca) sono componenti chiave dell’indagine.

Trump ha anche introdotto il Fair and reciprocal plan, progettato per valutare e imporre dazi reciproci ai paesi che applicano dazi più elevati sulle merci statunitensi, anche attraverso un’imposta sul valore aggiunto o altre barriere non tariffarie. L’Unione europea, l’India e il Giappone sono stati identificati come potenziali obiettivi.
Sia l’America First Trade Policy che il Fair and Reciprocal Plan dovrebbero completare le loro indagini entro il 1° aprile con potenziali nuove tariffe in vigore già dal 2 aprile.
Il peso delle tariffe potrebbe decuplicare
Di fronte a questo scenario gli importatori e gli acquirenti di tutti i settori, compresa l’industria della tecnologia, dei media e delle telecomunicazioni (Tmt), dovrebbero valutare i potenziali impatti sul loro futuro. L’analisi del settore tariffario statunitense condotta da Pwc indica che la politica dei dazi potrebbe far aumentare il peso delle tariffe da circa 13 miliardi di dollari a circa 139 miliardi di dollari all’anno per il settore Tmt, sebbene tale cifra non tenga conto delle contromisure che i partner commerciali possono imporre o degli aggiustamenti comportamentali che le aziende possono apportare, in reazione ai cambiamenti politici statunitensi.
Ogni multinazionale, comprese quelle non attualmente soggette a dazi, dovrebbe valutare l’impatto pre e post delle tariffe sull’utile operativo e sugli utili per azione. È fondamentale che le aziende creino dei modelli per analizzare e predire i cambiamenti e per basare le loro decisioni strategiche sui dati.
Impatti sulla supply chain: cattive notizie per Ue e Italia
Quanto alle strategie di mitigazione, Pwc suggerisce di rivalutare le opzioni di approvvigionamento globale e possibili aggiustamenti alle presenza operativa, favorendo alcune regioni geografiche rispetto ad altre.
Questa è sicuramente una cattiva notizia per le imprese europee e italiane, se non saranno più parte della supply chain.