L’annuncio dei dazi per le merci prodotte all’estero e importate negli Stati Uniti è stato un vero e proprio tsunami per il mondo finanziario in tutto il mondo, con borse in crollo e preoccupazioni crescenti per guerre commerciali già iniziate – come nel caso della Cina – o che si intravedono come una possibilità all’orizzonte. E la sospensione di 90 giorni della maggior parte delle tariffe aggiuntive, decisa a meno di una settimana dall’annuncio, non è servita a far calmare completamente le acque.
Tra i settori interessati dalla nuova politica protezionista varata dall’amministrazione Trump c’è ovviamente anche quello dell’Ict e delle telecomunicazioni, anche se – secondo gli analisti – i problemi maggiori dovrebbero verificarsi sul mercato interno statunitense, e meno su quelli del resto del mondo, Italia ed Europa comprese.
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Attrezzature di rete, dispositivi connessi e cloud
L’industria delle tlc e della tecnologia americana soffre del deficit commerciale con i Paesi esteri che il presidente Donald Trump intende sanare a colpi di dazi: Cina, Taiwan, Messico, ma anche diversi Paesi europei, inclusa l’Italia, sono i mercati da cui le aziende della tecnologia, delle telecomunicazioni e dei media americane acquistano semiconduttori e attrezzature di rete
Secondo Pwc la politica commerciale di Washington potrebbe rivelarsi un boomerang in primo luogo per i campioni nazionali: per le telco, innanzitutto, i dazi potrebbero avere un impatto sui costi di importazione delle apparecchiature e finire con l’influenzare gli investimenti nelle infrastrutture.
Sul fronte degli smartphone e degli altri dispositivi connessi, secondo gli analisti della Columbia Business School, i dazi potrebbero generare un aumento dei prezzi per i consumatori, poiché le aziende sarebbero costrette a trasferire i costi aggiuntivi sui clienti finali e una possibile riduzione dei tassi di crescita economica, in quanto i consumatori potrebbero ridurre la spesa a causa dei costi più elevati dei beni di consumo.
Per quanto riguarda il cloud, invece, i dazi di Trump potrebbero rappresentare un’occasione per sostenere lo sviluppo di un ecosistema sovrano europeo. Secondo il Cispe (Cloud Infrastructure Services Providers in Europe) il Vecchio continente ha bisogno di un’infrastruttura sicura e indipendente, che protegga i dati da accessi non autorizzati e da potenziali interferenze da parte di player stranieri.
Secondo un’analisi di Jeff Heynen, responsabile Broadband Access and Home Networking market, Fixed Wireless Access Infrastructure & Cpe di Dell’Oro Group, almeno negli Stati Uniti i dazi avranno un impatto minimo sulla maggior parte dei prezzi e delle installazioni di apparecchiature a banda larga in fibra, dal momento che i principali fornitori di apparecchiature a banda larga in fibra per l’Ftth hanno già trasferito la maggior parte dell’assemblaggio e della produzione sul territorio federale per aderire alla deroga Baba (Build America, Buy America) del programma Bead (Broadband Equity, Access, and Deployment).
Ma a risentire della nuova politica commerciale americana saranno secondo Dell’Oro soprattutto i router Wi-Fi residenziali. Proprio mentre i fornitori di queste apparecchiature stanno cercando di cavalcare l’onda della penetrazione del Wi-Fi 7 in un numero maggiore di case e aziende, i dazi faranno aumentare il costo al dettaglio anche dei marchi Wi-Fi più diffusi dal 5 al 15%.
Cina, Taiwan e Vietnam sono le sedi di produzione della stragrande maggioranza di questi dispositivi e, sebbene questi siano stati esentati dalle tariffe da venerdì sera, la probabilità che tali esenzioni rimangano è secondo l’analista molto bassa.
L’effetto dei dazi sul mondo dei data center e dell’intelligenza artificiale
Prendendo in considerazione il settore delle apparecchiature necessarie a implementare le nuove infrastrutture negli Usa, compresi i data center per l’intelligenza artificiale, i dazi rischiano di frenare gli effetti degli investimenti miliardari che le big tech stanno sostenendo per costruire le proprie infrastrutture per dedicata all’intelligenza artificiale nel Paese, a partire dai data center di nuova generazione.
Il paradosso è che uno scenario del genere comprometterebbe un obiettivo chiave di questa amministrazione: fin dal suo ritorno alla Casa Bianca all’inizio di quest’anno, Trump e i leader del settore hanno infatti parlato di piani ambiziosi per investire pesantemente nell’AI, forse senza rendersi conto della contraddizione in termini tra sostegno alle politiche di sviluppo tecnologico e inibizione di una filiera che, per forza di cose, è e resterà globale.
Dazi Usa e tlc, i problemi per 5G, fibra ottica e smartphone
Nei giorni immediatamente successivi all’annuncio dei dazi hanno iniziato a rincorrersi notizie sull’aumento che avrebbero provocato su alcuni “beni chiave” come gli smartphone, oltre che su 5G, fibra ottica e sistemi di networking.
E gli effetti sui consumatori sarebbero immediati, in particolare nel settore dei dispositivi mobili: Secondo le stime di Rosenblatt Securities, infatti, il prezzo degli iPhone potrebbe aumentare del 43%. Con il modello di punta, iPhone 16 Pro Max con 1 TB di memoria, venduto oggi negli Stati Uniti a 1.599 dollari, che potrebbe arrivare a costare quasi 2.300 dollari.
A focalizzare l’attenzione sul mercato degli smartphone sono i dati preliminari sl primotrimestre 2025 diffusi da Idc, secondo i quali il mercato globale degli smartphone torna a crescere, ma lo fa sotto una cappa di incertezza e strategia forzata, nel bel mezzo di una guerra commerciale inasprita tra Stati Uniti e Cina. Tra gennaio e marzo, spiega il report, sono stati spediti 304,9 milioni di smartphone a livello globale, con un incremento dell’1,5% su base annua.
Una performance che, seppur moderata, segna una “tenuta sorprendente” del comparto tech in uno dei periodi più delicati degli ultimi anni, dominato da tariffe in bilico, incertezza geopolitica e scelte industriali obbligate.
Dazi Usa e Tlc, per le telco italiane ed europee rischi contenuti
Secondo gli analisti, in ogni caso, i titoli delle società delle reti e dei servizi in Italia e in Europa non dovrebbero soffrire – a differenza di quelle statunitensi – per gli effetti della trade war di Trump. I dazi che hanno mandato in tilt le Borse mondiali non hanno infatti provocato conseguenze ai titoli delle società italiane delle reti Tlc e dei servizi, come Inwit, Poste e Tim.
Al contrario, sono le società con sede negli Stati Uniti che realizzano prodotti per le reti di telecomunicazioni che potrebbero davvero soffrire per i dazi. Tra questi ci sono Dell e Hpe, produttori di server venduti ai data center internazionali. Quegli stessi server vengono anche acquistati dagli operatori Tlc per ospitare software di rete, comprese le applicazioni utilizzate nel core 5G.
L’appello di Asstel: “Destinare le risorse di un’eventuale web tax alle Tlc”
Sul tema dei dazi interviene anche Asstel-Assotelecomunicazioni, che lancia un appello affinché le risorse derivanti da una futura web tax vengano in parte indirizzate verso lo sviluppo delle reti di telecomunicazioni, al fine di rafforzare la loro resilienza e sicurezza.
“Nell’ambito delle discussioni in corso sulla possibilità di tassare i ricavi che i grandi colossi digitali realizzano nel mercato europeo è utile ricordare che l’enorme aumento del traffico dati che ha consentito la diffusione dei servizi digitali da essi forniti è stato sostenuto grazie agli investimenti costanti realizzati dagli attori della filiera delle telecomunicazioni per il potenziamento e lo sviluppo delle reti di comunicazione elettronica”, spiega l’associazione, commentando le contromisure che la Commissione Ue starebbe valutando per rispondere ai dazi Usa.