“L’atto finale di una cattiva privatizzazione”. Nella sua prima intervista dopo le dimissioni da Agcom, rilasciata al Sole 24 Ore, Maurizio Dècina analizza l’operazione Telefonica-Telco lanciando l’allarme sul futuro delle Tlc, “per la cessione del campione nazionale (Telecom ndr) – spiega – ma soprattutto alla prospettive di investimento e innovazione per infrastrutture e i servizi del paese”.
Dècina dice di concordare con il senatore Pd, Massimo Mucchetti, e con i consiglieri indipendenti di TI “sui conflitti di interesse e sul debito di Telefonica”.
Sugli errori commessi Dècina, pur dando atto all’attuale management di avere rivendicato l’italianità e di aver recuperato gli asset sudamericani, osserva che in 7 anni Telecom ha perso 8 miliardi di ricavi domestici”. Sugli effetti dell’unbundling sullo stato di salute di Telecom rivendica “con orgoglio” la determinazione delle nuove tariffe.
“La definizione di queste tariffe – spiega – ha tenuto conto non solo delle indicazioni comunitarie, ma anche di quelle nazionali. Per esempio: cho fa riferimento a 10 euro per l’unbundling tedesco dimentica che, grazie alla cura dimagrante subita da Telecom Italia negli ultimi dieci anni, Deutsche Telekom impiega più del doppio del personale per linea della rete di accesso”.
Dècina accende infine i riflettori sul suo successore, che dovrà “avere caratteristiche di indipendenza e competenza richieste per la regolamentazione tecnica di settori cruciali per la modernizzazione del paese e in grande evoluzione verso Internet”.