IL LIBRO

“Digital Divide et Impera”, l’economia digitale contro la corruzione

Il volume di Maurizio Matteo Dècina sarà presentato il 26 Maggio nella sala stampa presso il Forum Pa (Palazzo dei Congressi) a partire dalle 13,30

Pubblicato il 18 Mag 2016

E.L.

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Il libro di Maurizio Matteo DècinaDigital Divide et Impera” (Editori Riuniti) verrà presentato il 26 Maggio nella sala stampa presso il Forum Pa (Palazzo dei Congressi) a partire dalle ore 13,30.

I relatori saranno Luca Attias, responsabile dei sistemi informativi della Corte dei Conti, il professor Francesco Vatalaro ordinario presso l’Università di Tor Vergata, la giornalista finanziaria del Fatto Quotidiano Fiorina Capozzi e l’avvocato Fulvio Sarzana esperto in materia di regolamentazione delle reti. Modera Gildo Campesato.

Da Digital Divide et Impera

“Per analizzare il rapporto tra ICT e anticorruzione, valutando il peso che la tecnologia può esercitare, abbiamo svolto una ricerca statistica con l’aiuto di un team di giovani ingegneri elettronici esperti di e-Government. Lo studio ha avuto come oggetto la relazione tra lo sviluppo dell’economia digitale, la corruzione, la libertà di stampa e in ultimo l’indice di Gini che misura il grado di disparità sociale di un sistema economico. La base statistica si è alimentata con gli indicatori relativi a più di 150 Paesi di cui abbiamo trovato i dati. Il modello incrocia i numeri illustrando le possibili relazioni intercorrenti tra le variabili analizzate e i risultati sono stati sorprendenti. () La prima simulazione effettuata è quella con oggetto l’indice di sviluppo digitale e il livello di corruzione in tutti i Paesi del mondo. Il grafico a nuvola indica la coppia di dati relativa a ciascun Paese. Come è facilmente visibile la relazione tra le due variabili è crescente (l’indice di corruzione va da 0, massima corruzione, a 100, minima corruzione). Interpolando i dati, ovvero trovando la funzione che più si avvicina alla relazione delle variabili, si ottiene la linea di tendenza illustrata nel grafico.

L’Italia è situata proprio nel mezzo di questa linea. L’analisi grafica mostra come all’aumentare dell’indice di sviluppo dell’economia digitale (ICT development index), aumenti anche il grado di trasparenza, legalità e anticorruzione di un Paese. Tale relazione nel secondo tratto della curva non è lineare bensì esponenziale. La spiegazione che abbiamo cercato di dare empiricamente è che da un certo punto in poi, un massiccio e consapevole utilizzo dell’economia digitale produce un incremento più che proporzionale dei livelli di trasparenza e legalità di un Paese. A livelli più bassi l’ICT ha meno influenza. L’Italia sembrerebbe posizionata solo all’inizio di questo processo poiché in fatto di economia digitale siamo messi abbastanza male: appena trentottesimi. Posizione che se rapportata al volume della nostra economia, l’ottava nel mondo, è la terzultima sui 150 Paesi analizzati.

Abbiamo verificato la relazione tra economia digitale e indice di corruzione anche utilizzando i dati del Digital Economy and Society Index (DESI) su base europea. E la relazione, come è facilmente visibile, anche in questo caso è ugualmente esponenziale. Preoccupante la posizione dell’Italia. Ugualmente interessanti le relazioni tra libertà di stampa e corruzione e tra sviluppo digitale e libertà di stampa. () Tutte le simulazioni convergono sul fatto che quanto più è digitalizzato un Paese, più probabilità ci sono che sia trasparente, libero e democratico. E in questa classifica convergente i Paesi che occupano il podio sono Danimarca, Norvegia, Svezia e Finlandia.”

“Ci si chiede se traendo spunto dalla storia antica non si possa arrivare anche ad un miglioramento del sistema giuridico poiché la partecipazione della società civile non sarebbe una novità. In questa caso l’evoluzione delle polis greche, culla della civiltà, può venirci in soccorso. Ad Atene Solone, appartenente alla leggendaria schiera dei sette saggi, nella sua riforma censuaria istituì, secondo quanto riportato da Aristotele, una assemblea chiamata Boulè. Questa istituzione, perfezionata poi con la riforma di Clistene nel 507 A.C. era costituita da 500 membri estratti a sorte dalla società civile. La Boulè, innovativo organo di controllo e giudizio sull’operato di arconti e magistrati, era considerata il massimo esempio di democrazia.

Pensiamo ad esempio ad una Boulè moderna costituita da migliaia di cittadini onesti e competenti estratti a sorte in rete, per età, livello di studio ed esperienza professionale, che ogni anno prestino un servizio sociale di monitoraggio e giudizio in cause penali e civili. Ognuno di questi potrebbe avere un rating professionale al pari degli “I like di Facebook”.

Attraverso il web sarebbe possibile nel futuro assistere e dare un giudizio, qualora si possa esser reputati competenti, in cause con oggetto spolpamento di aziende, favoritismi in bandi di gara, evasione e qualsiasi altro tipo di inefficienza economica. Il web 2.0 potrebbe essere anche questo. C’e’ bisogno dunque di reti, apparati ed applicazioni, ma anche di una corretta educazione digitale basata su principi etici.

La parola etica deriva dal greco “Etos”, “carattere”, “comportamento”, “costume”, “consuetudine”, e viene utilizzata da Aristotele nel secondo libro della Retorica nel quale il filosofo analizza i vari tipi di caratteri del pubblico di cui l’oratore deve tenere conto per essere convincente. Il termine etica dunque, nel suo significato originario, indicherebbe una serie di comportamenti o consuetudini. Oggi potremmo interpretare l’etica come una serie di consuetudini da seguire per arrivare al buon Governo. Tante più persone seguono questi “costumi” tanto maggiore sarà il beneficio per la collettiv

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