Uscirà domani il primo bando per eliminare il digital divide entro il 2014: sono 15,7 milioni di euro, su Lazio, Marche e Liguria. Già, perché a quanto risulta al nostro giornale, il ministero allo Sviluppo economico ha deciso di non fare un bando unico per la rete d’accesso- a differenza di quanto annunciato in precedenza- ma di spacchettarlo in più gare, differenziate a livello geografico. Il totale resta di 232 milioni di euro ma solo nelle prossime settimane si completerà l’iter con tutti i bandi, per arrivare a coprire tutte le regioni.
Il motivo di questa scelta è strategico: far partire subito i bandi nelle aree non problematiche, aggirando così alcuni ostacoli procedurali che rischiavano (e rischiano tuttora, in realtà) di ritardare il tutto. La questione di fondo è che, per la normativa, i bandi possono riguardare solo zone in fallimento di mercato. Cioè devono escludere non solo quelle ora in digital divide, ma anche quelle dove gli operatori intendono arrivare con proprie risorse, in futuro. Nei giorni scorsi, quindi, Sviluppo economico ha chiesto a tutti gli operatori in quali aree intendono sviluppare la propria copertura con i propri piani (senza i bandi e senza risorse pubbliche).
Sorpresa del ministero è stato scoprire che i piani, in alcune regioni, erano ben più importanti del previsto. Aveva insomma sottovalutato la voglia degli operatori di mettere banda larga con proprie risorse. Il problema è che ora deve accertarsi che questa volontà dichiarata sia aderente al vero. Deve indagare e ottenere conferma che gli operatori sul serio si impegneranno a garantire almeno 2 Megabit a ciascun cittadino delle zone di prossima copertura.
La fase della verifica può tramutarsi in un impasse. Se il ministero include nei bandi le zone dubbie (in cui insomma non si fida tanto della volontà delle aziende), rischia di essere subito bloccato da un ricorso degli operatori. Se invece si fida senza ulteriori verifiche, corre il rischio di fare bandi inadeguati alle vere esigenze del territorio. È il problema della coperta troppo corta e la soluzione strategica per ora è di far partire subito i bandi nelle regioni in cui non ci sono queste incertezze. Le altre aree saranno sbloccate man mano che la situazione si chiarisce.
Ricordiamo che si tratta sempre di bandi per costruire la rete d’accesso a 2 megabit, con il modello a incentivo, e in regime di neutralità tecnologica. I bandi sono rivolti agli operatori, che costruiranno le reti con fondi pubblici e in parte (almeno per il 30 per cento del totale) con proprie risorse. Potranno usare tecnologie tradizionali o wireless, purché garantiscano i 2 Megabit a cittadino. E’ la prima volta che l’Italia utilizzerà questo modello.
Ad adottarlo sarà anche un prossimo bando da 547 milioni di euro per costruire una rete a banda ultra larga nelle zone non interessate dai piani degli operatori.
Dei bandi annunciati a febbraio per ora è uscito solo quello da 121 milioni di euro per la rete di backhauling, che costruirà Infratel, analogo ad altri già lanciati negli anni precedenti contro il digital divide.