LO SCONTRO

Diritto all’oblio, Google ricorre in appello in Francia

Il motore di ricerca fa ricorso alla Corte amministrativa e al Consiglio di Stato contro il Garante Privacy d’Oltralpe che chiede il “colpo di spugna” anche per siti non Ue: “Non può prendere decisioni fuori dalla Francia”

Pubblicato il 19 Mag 2016

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Google ricorre in appello in Francia dopo la condanna a 100 mila euro di multa della Cnil, il Garante francese per la privacy, per violazione del diritto all’oblio. La Cnil ha condannato il colosso di Montain View perché il gruppo riconosce il diritto all’oblio solo per le ricerche sul suo motore ricerca nella versione europea di Google e non a livello mondiale. Secondo Google la Cnil non ha il potere di prendere decisioni a di fuori delle frontiere francesi.

A spiegare la posizione di Mountain View è Kent Walker, senior vicepresident e general counsel. “Per centinaia di anni – spiega il manager – è stata una norma accettata il fatto che nessun paese avesse il diritto di imporre le proprie regole ai cittadini di altri paesi. Di conseguenza, informazioni che sono illegali in un paese possono essere perfettamente legali in altri: la Thailandia considera reato gli insulti al Re, in Brasile è vietato condurre campagne elettorali negative verso gli avversari, la Turchia considera reato discorsi denigratori di Ataturk o della nazione Turca – attività perfettamente legali in altre parti del mondo. Operando a livello globale, ci impegniamo seriamente per rispettare queste differenze”.

Il Cnil a marzo, prosegue Walker, “ha ordinato che la sua interpretazione della legge francese a tutela del diritto all’oblio debba applicarsi non solo in Francia ma in ogni Paese del mondo. Il diritto all’oblio – o più precisamente, un diritto ad essere deindicizzati dai risultati di ricerca – è stato creato in una sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue del 2014. Questo diritto permette agli europei di deindicizzare alcuni link che compaiono nei risultati dei motori per ricerche effettuate con il loro nome, anche quando questi link conducono a informazioni corrette e pubblicate nel rispetto della legge, come ad esempio articoli di giornale o siti ufficiali dei governi. Google recepisce la decisione della Corte di Giustizia Europea in ogni paese dell’Ue. Abbiamo rivisto circa 1,5 milioni di pagine web in tutta Europa, deindicizzandone circa il 40%. Nella sola Francia abbiamo rivisto oltre trecentomila pagine web, eliminandone circa il 50%. Seguendo i suggerimenti delle autorità garanti europee, abbiamo recentemente ampliato il nostro approccio, restringendo l’accesso ai link deindicizzati su tutti i servizi di ricerca Google visibili dal paese della persona che ha effettuato la richiesta e rimuoviamo i link dai risultati di ricerca anche sugli altri domini europei”.

“Ciò significa – evidenzia Google – che se un utente in Francia effettua una ricerca su una persona per cui abbiamo deindicizzato un link per il diritto all’oblio, quell’utente non vedrà il link nei servizi ricerca di Google da nessuna parte – indipendentemente dal dominio che userà. Chiunque fuori dall’Europa, dove non esiste alcuna legge sul diritto all’oblio, continuerà invece a vedere quel link tra le risposte a quella stessa ricerca su tutti i domini non europei. L’ultimo ordine che abbiamo ricevuto dal Cnil, tuttavia, ci impone di andare oltre, applicando l’interpretazione della legge francese fatta dal Cnil ad ogni versione dei servizi di ricerca Google su scala globale. Questo comporterebbe rimuovere i link dall’Australia (google.com.au) allo Zambia (google.co.zm) e da tutti i domini che ci sono nel mezzo, incluso google.com – anche se il contenuto potrebbe essere perfettamente legale in quei paesi”.

“Per una questione sia di legge sia di principio – puntualizza Walker – siamo in disaccordo con questa richiesta. Rispettiamo le leggi dei paesi in cui operiamo, tuttavia se la legge francese si applicasse a livello globale, quanto ci vorrebbe perché un qualsiasi altro paese, magari meno aperto e democratico, inizi a chiedere che le sue leggi che regolano l’informazione vengano applicate, come in questo caso, su scala globale? Questo ordine potrebbe portare ad un meccanismo di ‘corsa al ribasso’ su scala globale, limitando l’accesso ad informazioni che è perfettamente lecito vedere nel proprio paese. Ad esempio, potrebbe impedire ai cittadini francesi di vedere del contenuto che è perfettamente legale in Francia. E non si tratta solo di una considerazione ipotetica: abbiamo ricevuto richieste da parte di governi di rimuovere contenuti a livello globale per vari motivi e ci siamo opposti, anche se questo a volte ha portato al blocco dei nostri servizi”.

“A tutela di questo principio fondamentale del diritto internazionale – conclude Walker – oggi abbiamo presentato alla Suprema Corte amministrativa francese, il Consiglio di Stato, il nostro appello all’ordine ricevuto dal Cnil. Attendiamo che la Corte riveda il caso, nella speranza che vengano mantenuti i diritti dei cittadini di ogni parte del mondo ad accedere a informazioni legali”.

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