Era inevitabile. La guerra commerciale Usa-Cina impatta e impatterà sempre di più sull’Europa e il caso dell’arresto della vicepresidente e chief financial officer di Huawei Meng Wanzhou, nonché figlia del suo fondatore Ren Zhengfei, non poteva lasciare l’Europa indifferente. Peccato che la “disunione” della Ue ha dato per l’ennesima volta cattiva prova di sé suscitando a ragione la sopresa della stessa Huawei che sull’Europa ha molto scommesso e investito nel corso degli anni.
A lasciare a bocca aperta le esternazioni del Commissario al digitale Andrus Ansip: “In realtà non sappiamo molto sul caso Huawei ma come persone normali dobbiamo essere preoccupati. Dobbiamo essere preoccupati perché la Cina ha fissato nuove regole in base a cui le loro imprese devono cooperare con la loro intelligence e io sono sempre stato contrario a backdoor obbligatorie”. “Non è un buon segno quando le imprese devono aprire i loro sistemi ai servizi segreti”, ha aggiunto. Immediata la risposta di Huawei che si è detta “sorpresa” ma anche “delusa”. E “respinge categoricamente ogni accusa di poter costituire una minaccia alla sicurezza. Siamo aperti al dialogo con Ansip per chiarire queste incomprensioni e siamo parte della soluzione, non il problema. Nessun governo ci ha mai chiesto di costruire backdoor o interrompere le reti. La cybersicurezza è sempre stata la nostra priorità”. Huwaei si dice “pronta a fornire qualsiasi informazione e si impegna a mantenere un dialogo aperto con i partner europei sulle questioni relative alla sicurezza”. Inoltre, continua la nota del gigante del tech, “intendiamo continuare la nostra cooperazione di lunga data con la Commissione Ue in qualità di società privata e di proprietà dei suoi dipendenti” e, in relazione alle affermazioni di Ansip che le imprese cinesi sono obbligate ad aprire i loro sistemi ai servizi segreti, “non tollereremmo mai un comportamento simile da parte di nessuno del nostro personale.
E fra l’altro le esternazioni di Ansip non fanno il paio con quelle dei singoli Paesi a partire dalla Francia: “Gli investimenti di Huawei sono benvenuti” ha detto il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire, a margine di un incontro con il vicepremier cinese Hu Chunhua. “Huawei è una società che ha un posto importante in Francia, che ha investito in Francia e i cui investimenti sono i benvenuti”. Le Maire ritiene al contempo legittimo che il governo francese stabilisca “limiti chiari”, tanto più che il quadro normativo vigente “fornisce tutti gli strumenti di cui abbiamo bisogno per fissare i limiti”.
Riguardo agli impatti della vicenda in Italia, intervistato dal Sole 24 Ore Radiocor il presidente del Copasir Adolfo Urso ha evidenziato che “il caso Hauwei è un altro segnale di quanto importante sia valutare bene gli attori della competizione globale”. Da parte del comitato parlamentare per la sicurezza, ha puntualizzato però Urso, “non è in corso alcun accertamento ad hoc sul caso del colosso cinese ma c’è attenzione generale sul tema”. Urso chiede l’attivazione di “una Commissione d’inchiesta parlamentare sulle azioni di Paesi ed aziende straniere in Italia, volte ad acquisire il nostro patrimonio finanziario, tecnologico e industriale italiano. In gioco ci sono implicazioni economiche, ma anche di sicurezza, soprattutto in relazione a questioni strategiche come le reti di tlc”.
Dopo la decisione di BT di escludere Huawei dal core network , l’azienda cinese – riferisce il FT – avrebbe accettato le richieste dell’intelligence britannica sull’uso di attrezzature e software, al fine di non essere esclusa dai piani nazionali 5G. Secondo il giornale finanziario dei dirigenti di Huawei avrebbero incontrato funzionari del National Cyber Security Center (Ncsc), accettando una serie di requisiti tecnici. Lo stesso Ncsc ha scritto in una nota di essere “impegnato per la sicurezza delle reti del Regno Unito” e di avere “un regolare dialogo con Huawei rispetto ai canoni attesi per quanto riguarda i loro prodotti”. L’agenzia governativa “ha preoccupazioni intorno a una serie di temi tecnici ha ha indicato i miglioramenti che l’azienda deve apportare”.
Intanto continua a condirsi di particolare la vicenda dell’arresto. Huawei, secondo quanto riferiscono i media americani, avrebbe eluso le sanzioni americane all’Iran tramite Hsbc Holdings Plc. Di qui l’arresto della manager-erede arrestata in Canada. Al suo posto è stato oggi nominato il chairman Liang Hua.
L’azienda cinese, insieme alla competitor Zte, sarebbe inoltre finita nel mirino del Giappone: secondo quanto riferiscono il quotidiano nipponico Yomiuri Shimbun e l’agenzia di stampa Jiji, lunedì 10 dicembre potrebbe essere ufficializzata, da parte del governo, la decisione di mettere al mando le soluzioni delle due aziende in nome della tutela della sicurezza nazionale.
Tornando al caso americano il presidente Donald Trump ha scelto la strada del silenzio. Ma in un tweet si è detto fiducioso – senza fare alcun riferimento alla vicenda – in merito alla tregua commerciale su cui c’è stata un’intesa con Xi Jinping nei giorni scorsi. “I team di ambo le parti stanno avendo comunicazioni e stanno cooperando bene. Siamo totalmente fiduciosi che un accordo possa essere raggiunto entro i prossimi 90 giorni“, ha twittato Trump.
La Cina – e non poteva essere diversamente -ha reagito al caso Huawei con timore ma anche rimandando le accuse al mittente e al “mandante”, gli Stati Uniti (che nei giorni scorsi hanno fatto appello ai Paesi alleati di ridurre l’uso delle soluzioni Huawei). In una serie di articoli ed editoriali sulla stampa cinese i riflettori si sono accesi sulla battaglia tecnologica fra i due Paesi e in particolare sulla corsa alla “supremazia” sul 5G. “Il Governo cinese dovrebbe seriamente valutare la tendenza degli Usa ad abusare di procedure giudiziarie per frenare i gruppi cinesi di alta tecnologia”, si legge sul Global Times in un editoriale. “È di tutta evidenza che Washington ricorre a questo miserabile espediente per bloccare il progresso di Huawei sul mercato del 5G”. Il China Daily ritiene che alla base dell’arresto ci siano strategie geopolitiche: “Gli Usa fanno tutto il possibile per contrastare il boom mondiale di Huawei”.
Il Canada intanto si è sfilato da qualsiasi coinvolgimento “politico” nell’arresto. “Il Canada ha un processo giudiziario completamente indipendente. Siamo stati informati del procedimento giudiziario pochi giorni prima dell’arresto e non c’è stato alcun intervento politico in questa decisione perché rispettiamo l’indipendenza del sistema giudiziario, ha puntualizzato il primo ministro Justin Trudeau.