Sanzione da 400mila euro per Vodafone, da 300mila per Wind Tre, da 200mila per Telecom e da 100mila per Fastweb: è costata cara la pratica di addebitare doppie bollette e fatturazioni post-recesso a quattro operatori della telefonia.
E’ il provvedimento preso dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato a seguito di alcune istruttorie che hanno consentito di “accertare – spiega una nota dell’Antitrust – comportamenti illegittimi nella gestione delle cessazioni delle utenze di telefonia fissa e mobile, anche nell’ipotesi di migrazione verso un altro operatore”.
Fatturazioni post-recesso e doppie fatturazioni
In particolare, dalle indagini sono emerse criticità nella gestione delle procedure interne delle cessazioni delle utenze, che hanno dato origine – a partire almeno da gennaio 2020 – a situazioni di fatturazioni post-recesso o, in caso di migrazione, di doppia fatturazione a carico dell’utente, a cui è stato richiesto illegittimamente di saldare le fatture sia del nuovo sia del precedente operatore.
Secondo l’Autorità presieduta da Roberto Rustichelli, la illegittima prosecuzione della fatturazione – dopo la richiesta di cessazione del servizio – è riconducibile ad anomalie e a disallineamenti tecnici tra i sistemi di gestione informatici del processo interno di ciascuna società, rispetto ai quali le stesse, anche se in misura diversa, non hanno adottato efficaci meccanismi di controllo e di intervento tempestivo. Le quattro compagnie telefoniche sono state diffidate dal continuare ad attuare la pratica scorretta ed entro 90 giorni dovranno comunicare all’Autorità le iniziative adottate a tal fine.
Il caso Vodafone
Vodafone (SCARICA QUI L’ATTO RELATIVO) è accusata di aver addebitato ai consumatori importi per servizi di fonia fissa e mobile successivamente alla manifestazione di volontà degli utenti (consumatori e microimprese) di recedere dal rapporto contrattuale, anche in caso di migrazione verso un altro operatore. “Gli elementi raccolti nel corso dell’istruttoria – spiega l’Autorità – mostrano come il professionista abbia continuato a richiedere il pagamento di fatture, a fronte della volontà del consumatore di estinguere il rapporto contrattuale, con l’effetto di prolungare forzatamente il rapporto stesso, anche per mesi”. Le procedure implementate da Vodafone, consistenti nel richiedere un numero elevato di documenti, anche nel caso in cui sia in grado già da subito di identificare e verificare il cliente, e di rimanifestare la volontà di recedere in più occasioni, “hanno l’effetto di ritardare ed ostacolare il recesso dei clienti”, chiarisce. In conclusione, l’Autorità ritiene che “i reclami ricevuti indicano come Vodafone abbia posto in essere una pratica commerciale aggressiva dal gennaio 2020”.
Il caso Fastweb
Fastweb (SCARICA QUI L’ATTO RELATIVO) è accusata di aver addebitato importi per servizi di fonia fissa e mobile successivamente alla manifestazione di volontà degli utenti di recedere dal rapporto contrattuale, anche in caso di migrazione verso un altro operatore. L’Autorità ha rilevato alcune criticità nella gestione della procedura interna del recesso, connesse anche all’elevato numero di processi gestiti, per cui alcune richieste possono essere trattate in ritardo o possono subire dei blocchi, determinando disallineamenti deisistemi informatici. Rilevata anche l’assenza di un’informativa specifica fornita al cliente circa lo status del rapporto contrattuale successivo alla richiesta di cessazione del rapporto stesso che, specie in caso di domiciliazione bancaria delle fatture, impedisce all’utente la rilevazione effettiva e/o tempestiva di eventuali addebiti ingiustificati.
“Dalla documentazione agli atti – spiega l’Antitrust – emerge che la condotta posta in essere da Fastweb non può essere considerata episodica, né riconducibile ad elementi del tutto fisiologici nel processo di fatturazione e migrazione. Infatti, i reclami pervenuti a Fastweb dal 2020 e le importanti percentuali di fondatezza degli stessi indicano che Fastweb, a partire almeno dal mese di gennaio 2020, abbia posto in essere una pratica commerciale aggressiva”.
Il caso Wind Tre
I dati raccolti nel corso dell’istruttoria Wind Tre (SCARICA QUI L’ATTO RELATIVO) “mostrano – spiega l’AgCom – come il professionista abbia continuato a richiedere il pagamento di fatture, a fronte della volontà del consumatore di estinguere il rapporto contrattuale, con l’effetto di prolungare forzatamente il rapporto stesso, anche per mesi”. La sussistenza di oggettivi problemi tecnici nelle procedure di recesso – aggiunge – “non fa venir meno la scorrettezza della condotta. Anzi, proprio l’esistenza di tali criticità oggettive dovrebbe indurre l’impresa a prestare maggior attenzione per intervenire su tale problematica al fine di tutelare nel miglior modo possibile l’utente”. In conclusione, dalla documentazione agli atti “emerge che la condotta posta in essere da Wind Tre non può essere considerata né episodica, in quanto riguardante un numero significativo di utenti, né riconducibile ad elementi del tutto fisiologici nel processo di fatturazione e migrazione”.
Il caso Tim
Nel caso Tim (SCARICA QUI L’ATTO RELATIVO), l’AgCom ha evidenziato in primo luogo le numerose problematiche tecnologiche e amministrative che caratterizzano le procedure relative alle cessazioni, anche con migrazioni, dei servizi di fonia fissa e mobile. Al contempo, ha messo in evidenza l’articolata regolamentazione concernente le cessazioni dei servizi di fonia, soprattutto ove la cessazione sia effettuata tramite migrazione. A tal riguardo, ha sottolineato come, fino al termine delle operazioni di trasferimento, l’operatore cedente è tenuto a continuare ad erogare i servizi di comunicazione. “Si deve considerare, tuttavia, che Tim, nel corso dell’istruttoria, ha adottato diverse iniziative che hanno modificato alcuni profili critici relative alle procedure aziendali”, puntualizza l’Autorità. “Tali iniziative, considerate complessivamente, sono in grado di attenuare gli effetti della pratica commerciale in esame, pur non risultando idonee a farla cessare”. In conclusione – recita il provvedimento -, “si ritiene che i reclami pervenuti dal 2020 e le percentuali di fondatezza degli stessi indicano che Tim, a partire almeno dal mese di gennaio 2020 abbia posto in essere una pratica commerciale aggressiva, consistente nella richiesta di pagamento di somme per servizi di fonia in relazione ai quali l’utente ha manifestato la volontà di cessare il relativo contratto o di migrare”,
Nuovi aumenti per la telefonia fissa e mobile
Intanto, l’aumento dei prezzi al consumo in Italia non risparmia il settore della telefonia. Lo rileva l’Osservatorio tariffe di Sostariffe.it e Segugio.it, secondo cui, con l’inflazione ancora alta, alcuni operatori hanno inaugurato il 2023 incrementando i costi per i già clienti tramite le rimodulazioni tariffarie: aumenti del canone di un importo fisso stabilito dal provider. Nel frattempo, compaiono le tariffe indicizzate all’inflazione che prevedono, tra le condizioni contrattuali, un adeguamento periodico del canone mensile in base all’andamento dell’inflazione e che potrebbero portare a nuovi a nuovi rincari nelle tariffe.
Per la telefonia mobile si sono registrati aumenti da parte di Tim (+2 euro al mese per alcuni già clienti) e WindTre (+2 euro al mese) oltre che dal principale operatore virtuale italiano PosteMobile (+1 euro al mese). Per la telefonia fissa, rimodulazioni sono arrivate per i clienti Fastweb (fino a + 5 euro al mese), Tim (+2 euro al mese) e Vodafone (+1,99 euro al mese).
Per il momento i rincari si sono concentrati sulle tariffe dei già clienti mentre quelle per i nuovi clienti non sembrano intaccate dal fenomeno. Come evidenziato dalle indagini dell’Osservatorio di inizio 2023, infatti, il canone medio delle offerte di telefonia mobile è al minimo storico ed anche il canone medio delle offerte Internet casa è in calo rispetto ai mesi scorsi.