Dossier illegali, con 7,5 mln Telecom e Pirelli patteggiano

Telecom Italia e Pirelli hanno chiesto di patteggiare l’accusa di corruzione nel processo per l’attività di dossieraggio illecito della Security di Giuliano Tavaroli: sul piatto 7,5 milioni di euro come risarcimento a tre ministeri e ai dipendenti schedati. La Procura di Milano accetta

Pubblicato il 01 Feb 2010

Telecom e Pirelli escono dall’udienza preliminare in corso dal 31
marzo 2009 sul dossieraggio illecito praticato dalla divisione
Security negli anni in cui era guidata da Giuliano Tavaroli e che
vedeva 36 persone indagate per migliaia di fascicoli illegali: le
due aziende hanno chiesto e ottenuto dalla Procura di Milano di
patteggiare, offrendo un risarcimento di 7 milioni e mezzo di euro.
Sebbene Telecom e Pirelli non intendano ammettere alcuna
responsabilità ma si rappresentino come danneggiate dal
comportamento di Tavaroli e degli altri manager della sicurezza
aziendale, spiega il Corriere della sera, le due aziende scelgono
dunque di patteggiare l’accusa di corruzione per la quale i pm
Napoleone-Civardi-Piacente ne avevano chiesto nel 2008 il rinvio a
giudizio.

La Procura di Milano ha accettato l’accordo che calcola il
risarcimento in questo modo: 100mila euro di profitto del reato,
400mila euro di sanzione pecuniaria, 750mila a titolo di
risarcimento danni a tre ministeri, 3mila euro di offerta-standard
ai dipendenti schedati al momento dell’assunzione (circa 4,8
milioni). Il dossieraggio illegale con casi anche di
intercettazioni telematiche pagato dal 1997 al 2005 con 34 milioni
di euro aziendali, spiega ancora il Corsera, si alimentava di molti
canali: le risorse societarie utilizzate dalla struttura di
Tavaroli per il mercimonio di tabulati telefonici o
l’intercettazione di posta elettronica; l’agenzia di
investigazione privata di Emanuele Cipriani; il flusso informativo
veicolato da detective privati ex Cia ed ex Sisde; la pirateria
informatica del Tiger Team di Fabio Ghioni in Telecom; notizie
carpite da archivi dei servizi segreti; i profili stilati dall’ex
giornalista di Famiglia Cristiana Guglielmo Sasinini.

L’origine dell’imputazione di corruzione risiede invece, in
base alla legge 231, nelle tangenti pagate a poliziotti,
carabinieri e finanzieri per gli accessi abusivi alle banche dati
del ministero dell’Interno, della Giustizia e delle Finanze. La
stessa legge 231 chiede che le aziende riparino alle conseguenze
del reato risarcendo integralmente il danno, adottando un modello
organizzativo adeguato a prevenire i reati dei dipendenti e
facendosi confiscare il profitto conseguito. Ed è questo che
Telecom e Pirelli hanno preferito fare, anziché aspettare e vedere
come si sarebbero sistemate le tante variabili in gioco e che già
stanno smantellando l’udienza preliminare: la prescrizione (che
ha cancellato i reati fino al 2003); la legge 2007 sulla
distruzione dei dossier illegali (che rende di scarsissima
utilizzabilità molti dei dvd sequestrati a Cipriani); la recente
apposizione del segreto di Stato da parte del premier Berlusconi
sulle circostanze richiamate dall’indagato ex numero uno del
Sismi, Marco Mancini; e la possibile approvazione della legge sul
“processo breve” anche per le aziende.

Alle vittime del dossieraggio non resterà che provare a intentare
alle società per le quali lavorava Tavaroli una causa civile a
parte, conclude il Corsera. Telecom e Pirelli restano invece
nell’udienza preliminare solo come parti civili costituite contro
Tavaroli e Cipriani per l’ipotesi che costoro si siano
indebitamente appropriati di soldi aziendali, e come responsabili
civili rispetto ad altri reati contestati agli indagati.

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