IL COMMENTO

E adesso, cosa farà Telecom?

Marco Patuano è rimasto col cerino in mano: ora deve trovare un altro piano per uscire dall’impasse brasiliana e per dare a Telecom Italia una rotta strategica. Non sarà facile

Pubblicato il 28 Ago 2014

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La forza della moneta contante buttata sul piatto da Telefonica. E la scelta di essere coerenti con una impostazione di strategia industriale che prevede l’uscita dalle telecomunicazioni per concentrarsi nel business del content. E, forse, anche la sirena di un accordo con Telefonica per la distribuzione dei contenuti del gruppo Vivendi ben al di là del mercato brasiliano, magari ovunque Telefonica sia presente (ma su questo aspetto non sono trapelate indiscrezioni). Sono le ragioni che hanno portato il consiglio di amministrazione di Vivendi – nel corso di una riunione sorprendentemente rapida – ad accettare l’offerta avanzata dal presidente del gruppo di tlc spagnolo, Cesar Alierta, per un matrimonio in terra brasiliana.

Adesso fra i due gruppi parte una trattativa in esclusiva per arrivare alla sigla del patto di nozze con una dead line di tre mesi. Non sarà comunque un percorso semplicissimo, anche per le implicazioni di antitrust. Come del resto ben sa Alierta che ha dovuto fare i conti con le autorità brasiliane proprio a causa della sua partecipazione in Telco, primo azionista di Telecom Italia.

Telco è in liquidazione e la quota che fa direttamente capo a Telefonica è di fatto sterilizzata, ininfluente rispetto alla gestione, al contrario di quanto avveniva nel precedente cda. Ma ci vorranno ancora alcuni mesi prima che il nodo sia sciolto del tutto, anche formalmente. Per di più, in Brasile sono imminenti le elezioni politiche e non si conoscono quali saranno gli orientamenti del governo che uscirà dal voto.

Comunque sarà, la scelta di Vivendi rappresenta una sconfitta bruciante per l’altro pretendente: Telecom Italia. Gli italiani ci speravano, anche perché se la loro offerta era meno interessante della spagnola nella componente cash, appariva assai meglio strutturata sul fronte dell’alleanza industriale. Ma non è bastato. Del resto, Telecom non poteva offrire di più.

Il balzo in Borsa del titolo subito dopo la decisione di Vivendi mostra l’apprensione del mercato per un’operazione che aveva un forte senso industriale in Brasile, ma che appariva onerosa a Roma. Oltre a tradire la speculazione su una prossima cessione di Tim Brasil. Se non a Oi – ­­che ha i sui problemi finanziari nonostante l’incarico appena dato al Banco Btg Pactual di studiare un bid su Tim Brasil – a qualche altro pretendente o gruppo di pretendenti, rimettendo così sul tavolo quell’ipotesi di spezzatino che se non accantonata, veleggiava comunque dietro le quinte ma abbastanza in disparte.

Marco Patuano è rimasto col cerino in mano e adesso deve trovare un’altra strategia per uscire dall’impasse brasiliana e per dare a Telecom Italia una rotta strategica. Non sarà facile. Certo, tutto può continuare così ancora per qualche tempo. Il Brasile continua a macinare utili e a riequilibrare il calo del mercato domestico italiano dal quale continuano ad arrivare notizie non entusiasmanti.

Ma il debito incombe, incombono gli investimenti da fare in Brasile per le nuove licenze mobili la cui asta è in dirittura d’arrivo, incombono gli investimenti nel broadband fisso e mobile in Italia con l’esigenza di riempirli di contenuti. Da questo punto di vista l’alleanza con Vivendi, e in prospettiva magari anche con Mediaset, aveva un forte senso prospettico. Invece, si ritrova con una concorrente Telefonica rafforzata in Brasile proprio su quella convergenza fisso-mobile-contenuti che doveva garantire il suo percorso di crescita.

Il sogno è svanito, “tradito” proprio dalle mosse improvvise ed aggressive di chi per sette anni è stato il principale azionista di Telecom Italia. Adesso, si tratta di evitare che quello che era un sogno si trasformi in un incubo. Ma la normale amministrazione rischia di non bastare più.

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