il dossier fair share

Equo compenso telco-over the top: niente di fatto per ora



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Gli emendamenti al disegno di legge Concorrenza presentati da Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega sono stati stralciati perché estranei alla materia del Ddl. Ma per il governo la questione resta sul tavolo. Secondo il ministro Urso il contributo delle big tech nella realizzazione delle reti a banda ultralarga è “assolutamente necessario”

Pubblicato il 23 ott 2024

Federica Meta

Giornalista



reti futuro

Salta il fair share. Sono stati dichiarati inammissibili – per estraneità di materia – gli emendamenti al Ddl Concorrenza presentati da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia che chiedevano di introdurre un contributo da parte delle piattaforme digitali per l’utilizzo delle reti.

Le proposte di modifica

Le proposte di modifica, sostanzialmente, prevedevano che le grandi multinazionali che forniscono servizi e contenuti online (Ott) paghino un equo compenso per contribuire allo sviluppo e al mantenimento delle infrastrutture di rete. L’obiettivo, quindi, era superare la situazione attuale in cui le big del settore delle telecomunicazioni, nonostante il grande utilizzo di traffico, non contribuiscono a questi costi che, invece, ricadono interamente sugli operatori.

Sono questi, infatti, “che portano la rete internet agli utilizzatori finali e che sono impegnati a portare avanti cospicui investimenti per lo sviluppo delle infrastrutture digitali di ultima generazione nel nostro Paese”, si leggeva nella relazione illustrativa.

Urso: “Contributo big tech necessario”

Il dossier resta comunque aperto. Nei giorni scorsi il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, intervenendo all’assemblea di Assolombarda aveva rimarcato la necessità di regolare il fai share.

Credo che sia assolutamente necessario un intervento di questa natura – spiegava – Sono convinto che questo possa contribuire in maniera significativa rispetto al carico che viene attribuito alla rete, allo sviluppo e al sostegno del nostro sistema delle telecomunicazioni, quindi siamo d’accordo. L’ipotesi, infatti, sarebbe contenuta in alcuni emendamenti della maggioranza alla legge sulla Concorrenza, in discussione alla Camera. Quanto alla possibile cifra di questo “contributo”, Urso ha tagliato corto: “Siamo tutti al lavoro, l’importante è che si vada in questa direzione. È buon senso che le Big Tech contribuiscano per il carico di lavoro che poi viene affidato alle grandi reti di telecomunicazione”.t

Cosa fanno gli altri Paesi

Fin dal 2014, infatti, Netflix paga Comcast Cable per il trasporto del traffico dati alla clientela dell’operatore di telecomunicazioni americano. In Germania, Meta il gruppo fondato da Mark Zuckerberg paga Deutsche Telekom per lo stesso tipo di interconnessione. Quando il gruppo Usa che controlla di Facebook, Instagram e Whatsapp ha provato a sottrarsi agli obblighi stipulati nel negoziato privato con la società tedesca, l’operatore tlc tedesco ha fatto causa e l’ha vinta in tribunale. La Corte di Colonia, che è specializzata in questioni di concorrenza, a maggio ha respinto le argomentazioni di Meta secondo cui Deutsche Telekom avrebbe abusato del suo potere di mercato imponendo tariffe eccessive e anzi ha affermato che l’operatore tlc tedesco “può in linea di principio esigere il pagamento per un servizio di valore come il trasporto dati in quanto è la base del modello di business delle grandi società di Internet”.

Le mosse della Ue

Lo scorso febbraio la Commissione ha riaperto il dossier, dando il via libera al Digital connectivity package con l’ok del collegio dei commissari.

Il paper affronta il tema la convergenza tecnologica tra le telecomunicazioni e il cloud, sottolinea l’importanza di realizzare appieno il potenziale del mercato unico digitale per le telecomunicazioni e apre le porte a “misure volte a garantire una vera parità di condizioni” tra operatori diversi.

Focus anche sul fair share. L’esecutivo Ue, si legge nel White Paper, “potrebbe prendere in considerazione l’ampliamento” della portata delle attuali norme sulle tlc “per garantire condizioni di parità per tutti gli attori e gli utenti finali delle reti digitali”. “Data la probabile portata globale e l’impatto degli sviluppi tecnologici e di eventuali modifiche normative”, viene precisato, “una riforma dell’attuale quadro” dovrà “essere adeguatamente valutata in termini di impatto economico su tutti gli attori e discussa ampiamente con tutte le parti interessate”.

L’assist di Draghi

Sulla necessità che Google & co contribuiscano alla realizzazione delle nuove reti ha insistito anche l’ex presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel suo rapporto sulla competitività europea presentato alla Commissione Ue.

“Per aumentare la capacità degli operatori dell’Ue di investire in queste tecnologie – si legge nel rapporto – si raccomanda di supportare la condivisione degli investimenti commerciali tra telco e very large online platforms che utilizzano in modo massiccio le reti di dati dell’Ue ma non contribuiscono a finanziarle”.

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