LAVORO

Ericsson, accordo sui 134 esuberi: al centro l’incentivo all’esodo

Raggiunta tra azienda e sindacati l’intesa che chiude la procedura, individuando come unico criterio, in deroga alla legge, la non opposizione al licenziamento. Intanto si scalda la vertenza BT sui 128 tagli

Pubblicato il 13 Giu 2023

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Accordo raggiunto tra  Ericsson Italia e i sindacati sugli esuberi annunciati dall’azienda svedese delle Tlc nel nostro Paese: per i 134 lavoratori interessati varrà come unico criterio, in deroga alla legge, la non opposizione al licenziamento. Lo comunica una nota di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil, le cui segreterie nazionali e territoriali si sono riunite con il coordinamento Rsu e i rappresentanti di Ericsson per discutere relativamente alla procedura di riduzione del personale avviata dall’azienda.

Ericsson aveva annunciato ad aprile addirittura 150 esuberi durante un incontro con i sindacati sull’andamento aziendale ed il piano industriale, indicando che l’uscita sarebbe avvenuta con modalità “non traumatiche” entro il 2023. 

Ericsson, come sarà l’incentivazione all’esodo

In base all’accordo raggiunto, a fronte dell’adesione volontaria, sarà possibile accedere ad un sistema di incentivazione all’esodo, così definito: 48 mensilità + 15 mila euro, per chi aderisce entro il 31 luglio con uscita il 30 settembre; 48 mensilità + 8mila euro, per chi aderisce entro il 31 agosto con uscita il 30 settembre; 48 mensilità, per chi aderisce entro luglio con uscita fino al 31 dicembre; 34 mensilità per chi aderisce a partire dal 1 settembre con uscita il 31 dicembre.

Sono inoltre previste, a prescindere dal periodo di adesione ed uscita, ulteriori 1.000 euro a titolo di transazione generale.

Le nuove richieste sul tavolo 

Le segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil, “pur esprimendo apprezzamento per la chiusura della procedura di licenziamento, tenuto conto di quanto accade nel settore, non possono comunque che ribadire quanto non sia più sostenibile limitare il confronto con Ericsson Italia, solo ed esclusivamente per procedure di riduzione del personale”, si legge nella nota dei sindacati. “Il confronto su un integrativo aziendale che coniughi il miglioramento della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro delle persone e redistribuisca salario per rispondere all’andamento inflattivo, non è più rinviabile”.

A tal fine, nell’incontro di verifica calendarizzato entro l’autunno, sarà ribadita la rivendicazione e, in assenza dell’avvio di un serio percorso negoziale sui temi posti dal sindacato, saranno messe in atto tutte le azioni a tutela e sostegno delle lavoratrici e dei lavoratori di Ericsson.

Il paradosso delle tlc: più connettività meno ricavi

Le rappresentanze sindacali esprimono da tempo “grande preoccupazione innanzi l’ennesima azienda del settore che, a fronte della riduzione dei ricavi, dichiara la propria volontà di avviare iniziative volte al contenimento dei costi, con pesanti impatti sulle lavoratrici e sui lavoratori seppur con modalità ed iniziative non ostili e concordate. Ridurre i costi, tagliare personale. Vecchie ricette di fronte a nuove sfide che il mercato, soprattutto digitale, propone. Il settore delle telecomunicazioni sta attraversando una profonda crisi sistemica, in un comparto che vive il paradosso di vedere contrarre i ricavi nonostante un aumento esponenziale della domanda di connettività e servizi collegati”.

Primo incontro con i sindacati per BT Italia

Ericsson è solo l’ennesima azienda del settore che, a fronte della contrazione dei ricavi, dichiara la propria volontà di avviare iniziative volte al contenimento dei costi, con pesanti impatti sulle lavoratrici e sui lavoratori. Ad annunciare esuberi sono state diverse altre aziende in Italia, tra cui BT, che in un incontro di inizio anno con i sindacati di categoria, Slc, Fistel e Uilcom, ha spiegato di voler puntare ad un nuovo modello organizzativo più semplice e snello dismettendo attività non più attuali (rete legacy) e puntando su altre di maggiore prospettiva (modernizzazione It, cybersecurity, mercato cloud). 

Proprio in merito alla procedura di licenziamento avviata dall’azienda lo scorso 6 aprile e che riguarda 128 persone, si è svolto il primo incontro presso il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali tra i rappresentanti aziendali di BT Italia assistita da Unindustria Roma, le segreterie nazionali e territoriali di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e le Rsu, che prova a sbloccare una vertenza rimasta in stallo. Infatti, nei 45 giorni previsti dalla norma per il confronto in sede aziendale, non è stato raggiunto alcun un accordo e il Ministero ha chiesto chiarimenti e dettagli sulle relative posizioni.

BT Italia ha ribadito quanto sostenuto nei precedenti incontri, ferma nel sostenere che qualunque strumento, su cui discutere e confrontarsi, risulterebbe inutile senza garanzie di una uscita certa, entro l’anno fiscale, dei lavoratori dichiarati in eccedenza.

Le organizzazioni sindacali, di contro, hanno ribadito la necessità di utilizzare tutti i possibili strumenti messi a disposizione da legge e contratto, per addivenire ad un accordo che, comunque, escluda i licenziamenti coatti.

Il Ministero del Lavoro, tenuto conto delle dichiarazioni al tavolo, ha illustrato le varie tipologie di ammortizzatori sociali, utili a rispondere alle esigenze aziendali soddisfacendo, al contempo, l’esclusione dei licenziamenti, come richiesto dal sindacato.

Ipotesi cassa integrazione 

L’azienda BT Italia si è dichiarata disponibile a valutare la cassa integrazione per crisi per la durata di 6 mesi (1 luglio – 31 dicembre), con un utilizzo fino al 100% per le risorse che, dal prossimo mese, saranno in reparti privi di attività. In questo periodo l’azienda aprirebbe ad un incentivo all’esodo volontario, per poi procedere, al termine della cigs, con i licenziamenti coatti qualora non fosse raggiunto il numero di 128 uscite.

Le segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil “hanno ribadito che non sono disponibili alla sottoscrizione di accordi che comunque prevedano licenziamenti coatti. La proposta aziendale non farebbe altro che rimandare, di solo 6 mesi, il licenziamento delle lavoratrici e dei lavoratori che non aderiranno a misure di incentivazione all’esodo”, si legge in una nota. “Le organizzazioni sindacali hanno dato apertura all’utilizzo della cassa integrazione e ad un sistema di incentivazione all’esodo, esclusivamente quali strumenti finalizzati alla chiusura definitiva della procedura di licenziamento in corso”.

Registrando un’apertura aziendale, il Ministero ha rinviato la parti ad un incontro conclusivo il prossimo 21 giugno, chiedendo ad azienda e sindacato di continuare a confrontarsi, nel frattempo, con l’obiettivo di trovare un equilibrio tra gli interessi posti in campo.

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