LA TRIMESTRALE

Ericsson in chiaroscuro: la guerra russo-ucraina e dossier Iraq pesano sui conti

Nel primo quarter profitti a 2,94 miliardi di corone, in calo rispetto ai 3,17 miliardi dell’anno precedente per effetto degli accantonamenti per 900 milion legati allo stop del business a Mosca. Vendite a +11%, ma margini in sofferenza anche per le indagini nel Paese mediorientale. Il titolo perde Borsa quasi il 6%

Pubblicato il 14 Apr 2022

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Utile netto sotto le attese per Ericsson, che continua a soffrire in borsa anche per il dossier aperto su un caso di possibile corruzione in Iraq. Nel primo trimestre del 2022, infatti, il gruppo ha dovuto far fronte a una serie di uscite che hanno zavorrato i margini. Nello specifico: un contratto registrato in ritardo, accordi di licenza in scadenza e l’accantonamento di 900 milioni di corone svedesi (87,48 milioni di euro), già annunciato dopo la sospensione delle sue attività russe. Ericsson ha conquistato comunque quote di mercato nel quarter dopo aver messo a segno forti vendite di apparecchiature 5G in Nord America, Europa e America Latina, con le vendite complessive di apparecchiature di rete cresciute organicamente del 4%.

I risultati e gli obiettivi di Borje Ekholm

Più nello specifico, il gruppo ha registrato un utile netto attribuibile agli azionisti di 2,94 miliardi di corone svedesi (290 milioni di euro), rispetto ai 3,17 miliardi di corone svedesi dell’anno precedente: sul risultato impattano gli accantonamenti per 0,9 miliardi connessi alla decisione di sospendere a tempo indeterminato gli affari in Russia. Le vendite sono aumentate dell’11% a 55,06 miliardi di corone svedesi. Come accennato, i margini sono stati gravati dallo slittamento di un contratto software annuale da 1 miliardo di corone svedesi che viene normalmente registrato nel primo trimestre. Anche i maggiori costi di ricerca e sviluppo, la scadenza degli accordi sui brevetti in attesa di rinnovo e gli investimenti nella catena di approvvigionamento hanno avuto un impatto, ha affermato la società.

“Alla luce delle sfide della catena di approvvigionamento globale, abbiamo deciso di creare un buffer di componenti vitali per garantire il rispetto degli impegni di consegna dei clienti”, commenta l’amministratore delegato Borje Ekholm. Ericsson prevede ora che il mercato delle reti di accesso radio cresca del 5% quest’anno, rispetto al 3% stimato in precedenza. “Continuiamo a perseguire la nostra strategia per essere un fornitore leader di infrastrutture mobili e per stabilire un business aziendale mirato”, prosegue Ekholm. “Vediamo un forte slancio commerciale e i nostri investimenti in tecnologia e una catena di approvvigionamento resiliente ci hanno permesso di continuare a conquistare quote di mercato e mantenere gli impegni dei clienti nonostante le sfide della supply chain globale. L’invasione russa dell’Ucraina e il conseguente disastro umanitario rappresentano una grave battuta d’arresto per il mondo intero. Sebbene l’infrastruttura mobile sia essenziale per le comunicazioni in Russia, dall’inizio dell’invasione è stato chiaro che gli affari in Russia avrebbero dovuto essere riconsiderati. A seguito delle attuali sanzioni, abbiamo annunciato una sospensione a tempo indeterminato delle nostre attività interessate in Russia e registrato un fondo per svalutazione di beni e altri costi straordinari. Continueremo a monitorare e rispondere alla situazione giorno per giorno, con priorità alla sicurezza e al benessere delle nostre persone”.

Le ripercussioni in borsa e il dossier iracheno

I risultati sotto le aspettative hanno danneggiato Ericsson in Borsa (stamattina il titolo era scambiato a 83,32 cotone, con un calo vicino al 6%, tra i peggiori dell’indice Stoxx Europe 600, dopo essere arrivato a perdere oltre l’8% nelle prime fasi della seduta): gli investitori, del resto, sono impensieriti anche dalla prospettiva di nuovi pagamenti alla giustizia statunitense per la vicenda di possibile corruzione in Iraq che da due mesi grava sulla società. Un dossier la cui risoluzione “potrebbe comportare vari tipi di azioni da parte del ministero statunitense della Giustizia e potrebbe probabilmente includere pagamenti aggiuntivi, che in questo momento non possono essere stimati in modo affidabile”, ha spiegato il gruppo nel comunicato sui conti trimestrali.

Borje Ekholm ha sottolineato che Ericsson “è totalmente impegnata a collaborare” con la giustizia Usa. Il caso è scoppiato nello scorso febbraio, dopo la pubblicazione di un’inchiesta giornalistica realizzata dall’IciJ, il Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi. Sulla scia delle notizie di stampa, Ericsson ha dovuto rendere pubbliche le conclusioni di un’inchiesta interna, riguardante una vicenda di possibile corruzione nelle attività in Iraq dal 2011 al 2019. L’indagine interna ha fatto emergere pagamenti sospetti per il trasporto su strada nelle zone dell’Iraq controllate dallo Stato Islamico, che potrebbero essere finiti nelle tasche dei jihadisti. Ericsson aveva riconosciuto “un comportamento inaccettabile” e assicurato di avere preso misure contro il rischio di corruzione.

La reazione in borsa è stata comunque violenta: dalla metà di febbraio il gruppo svedese ha perso quasi un quarto del suo valore. Nel dicembre 2019 Ericsson ha già pagato un miliardo di dollari alla giustizia statunitense per chiudere i procedimenti per corruzione in altri cinque Paesi (Gibuti, Cina, Vietnam, Indonesia e Kuwait), nel quadro di un accordo transattivo (“Deferred prosecution agreement”).

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