Europa: per le Tlc è corsa contro il tempo

Elezioni del Parlamento alle porte. La riforma rischia di slittare


Pubblicato il 05 Mar 2009

È una corsa contro il tempo quella verso l’approvazione, da
parte dell’Europa, del Telecom Package, l’atteso pacchetto di
misure che dovrà ridefinire il quadro regolatorio continentale in
materia di telecomunicazioni alla luce del rinnovato scenario
tecnologico e delle esigenze di operatori di mercato e
cittadini.
I lavori vanno avanti dal 2002 anche se è a partire dal mese di
novembre 2007 – data a cui risale la realizzazione, nero su bianco,
della bozza di legislazione – che si è cominicato a delineare
concretamente il nuovo scenario regolatorio. Ora però resta
davvero poco tempo per non rischiare di rimandare a data da
destinarsi l’approvazione definitiva del pacchetto. La deadline
è aprile 2009: in calendario c’è la decisione finale, in
sessione plenaria a Strasburgo, da parte di Parlamento, Consiglio e
Commissione, sul Telecom Package. Ma se l’approvazione definitiva
non dovesse arrivare ad aprile si rischia di mandare all’aria
tutto il lavoro fatto. La fine del mandato parlamentare europeo si
avvicina – sono fissate ai primi giorni di giugno 2009 le
votazioni nei singoli Stati membri – e se il pacchetto
Telecomunicazioni non sarò licenziato per tempo la discussione
slitterà inevitabilmente al dopo elezioni, con tutte le
implicazioni del caso sia sul fronte temporale sia su quello dei
contenuti, considerato che la “squadra” che ha a lungo lavorato
sul caso non sarà più la stessa.
Le questioni sul piatto sulle quali bisogna ancora trovare un
accordo comune non sono molte, in termini numerici, ma sono le più
importanti: accesso alle reti Ngn e assegnazione delle frequenze
derivanti dallo switch off televisivo (migrazione dall’analogico
al digitale) sono i due più intricati nodi da sciogliere. Stando
alle parole del Commissario europeo per la Società
dell’Informazione Viviane Reding “il 70% del lavoro è stato
fatto”. Ma non tutti concordano: durante la conferenza che ha
riunito a Praga, lo scorso 17 febbraio, i ministri delle Tlc dei 27
Stati membri, sono stati presentati una serie di emendamenti al
testo iniziale della Commissione già revisionato dal Parlamento
europeo a settembre 2008 e successivamente recepito dalla
Commissione il 6 novembre e nuovamente dal Consiglio il 27
novembre. “Ma parlare di un accordo vicino è ridicolo –
sottolinea un diplomatico europeo che preferisce restare anonimo -.
Sul 90% del testo non c’è concordanza di opinioni. Dunque siamo
parecchio lontani dal traguardo”.
Come dovrà essere regolato l’accesso alle reti a banda larga di
nuova generazione? È meglio optare per il modello suggerito dal
Consiglio europeo, su proposta della Commissione, che prevede un
“premio” (risk premium) per chi realizzerà le infrastrutture?
Oppure dovrà prevalere la linea parlamentare orientata alla
condivisione del rischio (risk sharing) da parte di tutti gli
attori in campo? Nel modello Commissione-Consiglio cosa si intende
esattamente per premio: una vacanza regolatoria oppure un
riconoscimento di tipo economico? La banda larga deve essere
riconosciuta in qualità di servizio universale? Questi gli
interrogativi in materia di Ngn e broadband ancora a caccia di
risposta. A cui si aggiungono quelli, altrettanti spinosi, relativi
al delicato tema della riallocazione dello spettro radio. È
ipotizzabile una riassegnazione delle risorse con una regia
comunitaria oppure ogni singolo Paese potrà operare in base alle
specifiche esigenze? Le frequenze liberate come dovranno essere
utilizzate? Quali i soggetti “titolari” delle risorse?
Come se non bastasse al tutto si somma la sopraggiunta crisi
economica. Lo slittamento dei tempi di approvazione della riforma
fa paura: il settore delle telecomunicazioni ha contribuito alla
produzione di un quarto del prodotto interno lordo in Europa negli
ultimi dieci anni. Il forte rallentamento del business della
telefonia fissa ha però già messo in crisi i conti dei colossi
del settore che guardano alla banda larga in qualità di fonte di
nuove revenue. Ma gli investimenti sulle reti di nuova generazione
sono al palo e non solo perché manca liquidità: i maggiori
operatori in particolare aspettano che si faccia chiarezza sulle
regole prima di investire eventuali risorse. Intanto però si
allontano sempre di più gli obiettivi di Lisbona.

Gli altri articoli sono pubblicati sul numero 5 del quindicinale
Corriere delle Comunicazioni

 

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