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Eva Spina (Mise): “Così l’Italia è uscita dalla blacklist dell’Itu”

Il direttore generale del Mise per la pianificazione e la gestione dello spettro radioelettrico “Sulla gestione delle frequenze siamo tornati torna ad avere credibilità internazionale” con una roadmap che ci dà tempo fino al 2022 per rispettare le peculiarità del nostro sistema televisivo. Adeguamento degli apparecchi TV: niente paura dello switch-off, sarà graduale

Pubblicato il 12 Dic 2017

spina

E’ stato necessario un forte impegno da parte dell’Italia per uscire dalla “lista nera” dell’Itu, cui eravamo relegati ancora nel 2014 per la cattiva gestione dello spettro radio, ma ora possiamo contare su una precisa roadmap per liberare le frequenze necessarie ai servizi mobili e su accordi internazionali che ci permettono di eliminare quelle interferenze con i paesi vicini che ci avevano reso un “osservato speciale” dell’ente di Ginevra. E’ quanto ha indicato Eva Spina, direttore generale del Ministero dello Sviluppo Economico per la pianificazione e la gestione dello spettro radioelettrico intervenendo a Roma agli “Stati Generali delle telecomunicazioni, l’Italia alla svolta dell’ultrabroadband”, l’evento organizzato da CorCom con il patrocinio del ministero dello Sviluppo economico-Segretariato alle Comunicazioni.

Importante l’impegno del Mise per risolvere la questione frequenze, con un intervento specifico per “rottamare” le frequenze interferenti verso i paesi vicini (Francia, Svizzera, Slovenia, Croazia, Malta) e l’emanazione delle gare (nelle Regioni Sicilia, Liguria e Toscana, Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Puglia) per assegnare invece frequenze coordinate e riconosciute a livello internazionale.

Tra le frequenze oggi riconosciute come fondamentali per i nuovi servizi mobili, quelle nella banda 3.4-3.8 Ghz potranno essere liberate in Italia in tempi più rapidi, visto che il refarming della parte 3.6-3.8 è già avviato; anche nella banda dei 26 Ghz la porzione 26.5-27.5 Ghz è disponibile. Più complesso il cammino che deve portare a liberare i 700 Mhz perché usati dalla Tv: in Italia siamo di fronte a un caso “anomalo”, diverso da quello di altri paesi europei, ha sottolineato Eva Spina: “Le Tv fanno un uso intensivo dello spettro, abbiamo ben 20 reti nazionali e da 10 a 18 reti locali per ogni regione. Siamo però impegnati sull’armonizzazione dello spettro a livello Ue e sulla liberazione dei 700 Mhz entro il 2022, con una roadmap dalle tempistiche serrate”, ha aggiunto il direttore generale del Mise e vice presidente dell’Itu: “A fine 2017 termineremo il processo di coordinamento internazionale, a fine giugno 2018 presenteremo la tabella di marcia nazionale e nel 2022 renderemo disponibili i 700 Mhz per le comunicazioni mobili”.

Come noto, l’Italia può usufruire di uno slittamento di due anni rispetto al termine fissato dall’Ue per liberare queste frequenze: ciò è giustificato dalla presenza di un numero eccezionale di operatori Tv. L’Italia ha anche ottenuto l’assegnazione della metà delle frequenze in banda Uhf disponibili per il sistema televisivo (14 su 28) con l’accordo degli altri paesi. “Quattordici sono molte più di quelle ricevute dagli altri, ma molte meno delle nostre attuali: siamo chiamati a ristrutturare tutto il sistema televisivo italiano e per questo useremo le nuove tecnologie”. Si tratta del passaggio allo standard del digitale terrestre di prossima generazione DVB-T2: Eva Spina ha assicurato che la migrazione sarà graduale: non c’è nessun obbligo di cambiare tutti subito il televisore e il decoder avrà prezzi “accessibili”.

L’adeguamento dovrà avvenire per i consumatori tra il 2020 e il 2022 (solo per chi ha TV “datati”), mentre l’Italia porterà a termine l’operazione del refarming dei 700 Mhz. Intanto, il nostro governo si è assicurato, sempre tramite accordi internazionali, di poter procedere con tempi più lunghi senza creare interferenze con i paesi che libereranno lo spettro già nel 2020, per esempio la Francia: “La soluzione che abbiamo trovato, anche su suggerimento di Parigi, è stata quella di rilasciare subito 4 canali uplink, perché possono creare intereferenze agli altri paesi”, ha spiegato Eva Spina. “Per il resto per l’Italia vale la deadline al 2022”.

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