IL DOCUMENTO

Fair share, 20 telco in pressing: “Basta asimmetrie, le big tech devono contribuire alle reti”

L’appello sottoscritto anche dai ceo di Tim e Vodafone, Labriola e Della Valle. “Le grandi aziende tecnologiche oggi non pagano quasi nulla per il trasporto dei dati sulle nostre reti e, mentre gli operatori di Tlc non riescono a negoziare prezzi adeguati, alcuni cloud provider fanno pagare ai loro clienti fino a 80 volte di più. Senza un cambiamento, l’Europa rischia di non riuscire a soddisfare le sue ambizioni politiche ed economiche”

Pubblicato il 02 Ott 2023

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Le telco europee tornano in pressing sul fair share – quello che, dal loro punto di vista, è “l’equo contributo” che le piattaforme digitali devono pagare ai fornitori dei servizi di telecomunicazione in quanto pesanti generatori di traffico dati sulle reti in banda ultralarga. L’appello arriva da 20 gruppi delle tlc tra cui TimVodafone, BT, Orange e Deutsche Telekom, i cui ceo hanno firmato una lettera (SCARICA QUI IL DOCUMENTO COMPLETO) rivolta alle autorità europee in cui chiedono una legislazione che affronti il tema del fair share.

“Serve un contributo equo e proporzionato da parte dei principali generatori di traffico ai costi delle infrastrutture di rete dovrebbero costituire la base di un nuovo approccio”, si legge nell’appello, firmato, tra gli altri, dall’Addi Tim, Pietro Labriola, e dalla ceo di Vodafone, Margherita Della Valle. Ma le telco chiedono anche una revisione della politica dello spettro, accettando la necessità di scala per evitare la frammentazione del mercato.

“L’Europa deve agire per proteggere il suo futuro digitale”; a rischio, evidenziano le telco, ci sono gli investimenti degli operatori di rete e le “ambizioni politiche ed economiche” dell’Ue.

Senza fair share, Digital Decade Ue a rischio 

L’Ue ha stabilito i suoi ambiziosi obiettivi per il 2030 nell’ambito della Digital Decade, al fine di abilitare  tecnologie come l’intelligenza artificiale, la realtà virtuale e l’Internet of things e applicazioni nell’Industtria 4.0, nelle smart city, nel metaverso e altro ancora. Questa prossima fase della trasformazione digitale è sostenuta dalla connettività a banda ultralarga, alimentata da reti mobili 5G, sicure, ultraveloci e a bassa latenza, e dalle reti in fibra.

Ma questi cambiamenti comporteranno anche nuove esigenze per le reti di telecomunicazioni, scrivono le telco. “Senza gli investimenti necessari, il Decennio digitale europeo fallirà. Gli investimenti futuri sono sotto grave pressione e sono necessarie azioni regolatorie per garantirli”, si legge nella lettera.

Per fare investimenti servono nuove regole

“Chiediamo ai responsabili politici dell’Ue di rivedere il quadro regolatorio delle telecomunicazioni attuale e consentire ai gruppi industriali e alle pmi europee di competere a livello globale. Una revisione della politica dello spettro, accettando la necessità di scala per evitare la frammentazione del mercato, e un contributo equo e proporzionato da parte dei principali generatori di traffico ai costi delle infrastrutture di rete dovrebbero costituire la base di un nuovo approccio”.

Al centro del dibattito c’è la questione degli investimenti. L’Ue ha stimato che, entro il 2030, saranno necessari almeno 174 miliardi di euro di nuovi investimenti per raggiungere gli obiettivi di connettività. “Attualmente, il settore delle telecomunicazioni non è abbastanza forte per soddisfare tale domanda, con molti operatori che a malapena coprono i costi del capitale”, affermano le telco europee. “Allo stesso tempo, il traffico dati è cresciuto in modo incessante a un tasso medio del 20-30% all’anno, principalmente guidato da poche grandi aziende tecnologiche. Questa crescita continuerà, ma nelle attuali condizioni probabilmente non si tradurrà in un corrispondente ritorno sugli investimenti. Mentre il settore delle telecomunicazioni ha fornito una connettività migliorata, i prezzi al dettaglio dei servizi di telecomunicazione sono generalmente diminuiti negli ultimi dieci anni, allo stesso tempo in cui i costi sono aumentati. Le nuove tecnologie aumenteranno le richieste sull’infrastruttura di rete sottostante, aumentando ulteriormente i costi” (un tema su cui ha fornito dati, di recente, anche uno studio di Strand Consult).

Per questi motivi, “gli operatori delle telecomunicazioni europee invitano i responsabili politici dell’Ue a garantire un contributo equo da parte delle aziende che traggono maggiori benefici dall’infrastruttura che costruiamo e gestiamo”.

Sarebbero colpite “solo per le big tech”

Il fair share, aggiungono i firmatari, sarebbe un meccanismo rivolto a un ambito ristretto, ovvero solo quello dei grandi generatori di traffico, non i fornitori di contenuti e applicazioni più piccoli. Potrebbe includere responsabilità e trasparenza sui contributi ricevuti, in modo che gli operatori investano direttamente nell’infrastruttura digitale dell’Europa.

Le big tech, attualmente, “non pagano quasi nulla per il trasporto dei dati nelle nostre reti, lontano dal coprire i costi necessari per espandere le reti e raggiungere gli ambiziosi obiettivi dell’Ue. I fornitori di telecomunicazioni non possono negoziare prezzi adeguati per il trasporto dei dati; al contrario, alcuni provider cloud addebitano ai loro clienti fino a 80 volte di più per il trasporto dei dati dal cloud”.

Inoltre, “attualmente non esiste alcun incentivo (economico) per ridurre il traffico dati superfluo. La pandemia ha dimostrato che ciò è possibile. Una regolamentazione per una giusta distribuzione incentiverebbe un utilizzo dei dati più responsabile ed efficiente senza compromettere l’esperienza del cliente, contribuendo anche agli obiettivi dell’UE in materia di consumo energetico e riduzione delle emissioni di CO2″.

La posizione dell’Europa sul fair share

Lo scorso giugno, il commissario europeo al Mercato Interno, Thierry Breton, ha affermato che il  fair share è legittimo, ma deve essere inserito in un quadro legislativo più ampio. In un’intervista a Les Echos, Breton ha ribadito la necessità che gli Ott contribuiscano allo sviluppo delle reti di tlc, pur evidenziando che non c’è nessuna volontà di aprire un conflitto tra telco e big tech.

Sempre a giugno, il voto del Parlamento Ue, nella riunione plenaria, si è espresso in maggioranza a favore di una risoluzione a sostegno del principio senders-pay, ovvero chi manda traffico sulle reti paga. In pratica, il Parlamento europeo dice sì alla richiesta di istituire “un quadro politico in cui i grandi generatori di traffico contribuiscano equamente al finanziamento adeguato delle reti di telecomunicazioni, fatta salva la neutralità della rete”.

Non tutti i Paesi Ue sono, tuttavia, a favore del fair share: 10 si sono schierati per un no, 10 per un sì e 6 si sono detti neutrali nella riunione di giugno tra i ministri delle Tlc dei principali Paesi europei con il commissario Breton per fare il punto sulla proposta che punta a obbligare le principali big tech a contribuire alla realizzazione delle nuove reti a banda ultralarga. Secondo quanto risulta a CorCom si sarebbero espressi a favore o comunque aperti all’ipotesi, oltre all’Italia, Polonia, Romania, Francia, Lettonia, Ungheria, Grecia, Portogallo e Cipro. I neutrali sono Belgio, Slovacchia, Belgio, Slovenia, Finlandia, Croazia e Svezia (a giugno presidente di turno). Gli scettici o non propensi che avrebbero chiesto una valutazione di impatto prima di procedere sarebbero Lussemburgo, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Germania, Irlanda, Estonia, Danimarca, Lituania, Austria e Malta.

I firmatari dell’appello delle telco

Thomas Arnoldner, ceo, A1 Telekom Austria Group; Ana Figueiredo, ceo, Altice Portugal; Edward Bouygues, chairman, e Benoit Torloting, ceo, Bouygues Telecom; Philip Jansen, chief executive, BT group; Andreas Neocleous, ceo, Cyta; Timotheus Höttges, ceo, Deutsche Teleko; Oliver Loomes, ceo, eir; Christian Salbaing, deputy chairman, Hutchison Europe; Mike Fries, Ceo, Liberty global; Joost Farwerck, ceo e chairman del board of management, Kpn; Christel Heydemann, ceo, Orange group; Guillaume Boutin, ceo, Proximus group; Sigve Brekke, president e ceo, Telenor group; Michel Jumeau, ceo, Tdc Net; José María Alvarez Pallete, chairman e ceo, Telefónica; Kjell Morten Johnsen, president e ceo, Tele2 group; Allison Kirkby, president e ceo, TeliaCompany; Pietro Labriola, ceo e general manager, Tim; Victoriya Boklag, ceo, United group; Margherita Della Valle, ceo, VodafoneGroup.

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