“Nel 2024, l’economia digitale statunitense supera i 7 trilioni di dollari, alimentata dalla crescita esplosiva dei servizi delle grandi aziende tech nei settori del cloud, del software e della pubblicità. Questa economia non esisterebbe senza la banda larga e gli sforzi pubblici e privati per connettere americani e aree rurali. Di conseguenza, le grandi aziende tecnologiche dovrebbero contribuire alle reti a banda larga e ai programmi che favoriscono il loro successo finanziario”: questa la vision di Strand Consult messa nero su bianco nel nuovo report “Ending Big Tech’s Free Ride on Usf: Reforming the Universal Service Fund to Serve Consumers and America””
I profitti delle big tech
Il settore tecnologico ha tratto notevoli profitti dai 9 miliardi di dollari del Fondo per il Servizio Universale (Usf) – evidenziano gli analisti di Strand – senza però contribuire al programma. Attualmente, l’Usf è finanziato da tasse raccolte sulle sottoscrizioni tradizionali di servizi vocali, che sono in calo. Per finanziare l’Usf, un sovrapprezzo del 36% sul costo dell’abbonamento viene aggiunto alla bolletta per determinati servizi di telecomunicazione. Questo costo grava principalmente su persone anziane con redditi fissi.
L’impatto sui conti delle big tech
“Se le grandi aziende tecnologiche coprissero i costi del Fondo per il Servizio Universale e dell’Affordable Connectivity Program, ciò rappresenterebbe meno dell’1% del loro fatturato. Infatti, con l’aumentare delle famiglie e delle località connesse grazie ai fondi Usf, le entrate annuali delle grandi aziende tecnologiche potrebbero crescere fino a 35 miliardi di dollari in più all’anno. Alcuni servizi delle grandi aziende tecnologiche potrebbero già essere idonei per la valutazione Usf poiché integrano le telecomunicazioni e richiedono una licenza Fcc”.
L’impatto sulle telco
Strand ricorda che alcune aziende del settore tecnologico si avvalgono di esenzioni di auto-approvvigionamento per evitare sistematicamente gli obblighi Usf. Inoltre, evitano di compensare la maggior parte dei fornitori di banda larga per l’uso delle loro reti. “Le aziende tecnologiche generano oltre il 60% del traffico internet totale sulle reti a banda larga statunitensi e occupano la maggior parte della larghezza di banda americana, creando costi significativi per i fornitori di banda larga che rimangono non recuperati. Strand Consult non ha ancora trovato fornitori di banda larga che abbiano tratto profitto dall’aumento del traffico delle grandi aziende tecnologiche sulle loro reti. Piuttosto, i fornitori di banda larga affrontano una crescente competizione da nuove tecnologie e prezzi in calo per gli abbonamenti a banda larga, rendendo difficile l’investimento nelle reti”. Nel frattempo, il 25% del traffico internet è costituito dalla pubblicità delle grandi aziende tecnologiche, un elemento che i consumatori non richiedono né controllano e che aumenta con tutto il traffico internet del 20-30% anno su anno. “Gli abbonati alla banda larga pagano lo stesso per i dati pubblicitari quanto per i dati che richiedono, una norma politica anti-consumatore implementata dal lobbying delle grandi aziende tecnologiche”.
La posizione della politica
I politici riconoscono sempre più che lo status quo non è più accettabile e che il “viaggio gratis” delle grandi aziende tecnologiche sull’Usf deve finire. Il nuovo rapporto di Strand Consult, “Ending Big Tech’s Free Ride on USF: Reforming the Universal Service Fund to Serve Consumers and America”, propone riforme per modernizzare l’Usf, descrive come incorporare contributi finanziari dalle grandi aziende tecnologiche e ridurre così i costi per i consumatori, e come tali riforme possano beneficiare le grandi aziende tecnologiche e l’economia statunitense connettendo più località e persone.