Il 7 aprile il giudice per le indagini preliminari deciderà sulla
richiesta di commissariamento di Fastweb e Telecom Italia Sparkle.
La vicenda è nota, ne abbiamo scritto più volte anche su questo
sito, ma vale la pena di tornarci alla vigilia di una
determinazione che può avere effetti drammatici sulla vita delle
imprese coinvolte, sui posti di lavoro in ballo, sulla stessa
immagine dell’Italia nel contesto economico internazionale.
“Un test per il sistema giudiziario italiano”, ha scritto il
Financial Times. Un test i cui risultati non possono non riversarsi
anchesull’ affidabilità dell’Italia come Paese in cui conviene
investire. Tanto più che le lungaggini del processo civile, una
burocrazia a opprimente, una normativa sul lavoro troppo rigida
contribuiscono già non poco a tenere lontani i capitali
stranieri.
Non vogliamo entrare nel merito dell’inchiesta né nei suoi
aspetti giuridici: se ne è già parlato molto.
Ci preme però osservare che le Fastweb e le Telecom Italia Sparkle
di oggi sono ben diverse da quelle di ieri, quando avvenivano i
fatti contestati. I dirigenti sotto accusa sono stati rimossi e
licenziati, le attività oggetto dell’inchiesta sono cessate già
da anni, le procedure di audit interne sono state profondamente
innovate, i top manager delle aziende non sono più gli stessi. In
altre parole, è stata fatta pulizia e il reato contestato non è
più ripetibile. Anzi, le aziende coinvolte hanno mostrato di voler
collaborare con la magistratura per fare chiarezza su quanto è
avvenuto e prendere i conseguenti provvedimenti.
In ballo c’è l’applicazione della legge 231/01. È una norma
che anche le aziende in cui ha lavorato il manager infedele. Per
omessa vigilanza. Una legge di buone intenzioni, nata nel clima di
tangentopoli. Che si è sempre mostrata di difficile applicazione.
Fin dove la responsabilità di pratiche illecite va attribuita a
carenze di vigilanza aziendale e non a pratiche truffaldine di
manager che hanno ingannato e danneggiato innanzitutto le aziende
per cui lavoravano? La prevenzione, per quanto buona, non può
evitare tutti i reati. Altrimenti avremmo carceri vuote.
Ma anche ammettendo che sia dimostrabile un peccato di omissione o
peggio ancora di complicità dei management passati, che senso ha
colpire oggi, anni dopo i fatti, aziende che hanno mostrato di
avere fatto pulizia? La legge 231 prevede il commissariamento come
misura estrema per impedire la ripetizione dei reati grazie
all’arrivo di un amministratore di fiducia del giudice. Questo
pericolo, però, non esiste più.
Vi è poi un decisivo aspetto di sostanza da tenere in conto.
Fastweb, quotata in Borsa, e Sparkle sono aziende di alta
tecnologia operanti in comparti ultracompetitivi, in cui le
competenze di settore del management sono fondamentali. La loro
capacità di stare sul mercato va misurata e combattuta giorno per
giorno con azioni commerciali e gestionali specifiche, ma anche con
la contemporanea necessità di individuare strategie ed
investimenti che traguardino il futuro. Stare fermi, anche soltanto
per poche settimane, o fare le mosse sbagliate significa rischiare
di finire ai margini, di andare fuori gioco.
Un commissario giudiziale, per quanto capace, non potrà mai
rispondere adeguatamente a queste sfide del mercato. Per il suo
stesso ruolo istituzionale.
Per le aziende coinvolte il commissariamento, invece che una misura
salutare per riportare la correttezza gestionale in azienda, può
diventare una sentenza letale, una condanna a morte prima ancora
che qualsiasi Tribunale abbia giudicato i fatti contestati. Con
enormi danni per le aziende, i dipendenti, gli azionisti, i
fornitori, i clienti, il mercato, l’immagine dell’Italia.
Un’assurdità delle cui conseguenze gli stessi lavoratori sono
ben consapevole. Basti pensare alla mobilitazione dei dipendenti
Fastweb a difesa della loro azienda e le preoccupazioni espresse
dal mondo sindacale. Alla giustizia si chiede di fare giustizia. La
statua porta una benda. Per essere cieca quando valuta i pesi nella
bilancia, non per usare la spada menando fendenti all’impazzata
senza criterio.