La Procura della Repubblica di Roma, a seguito delle istanze che
illustravano le misure adottate da Telecom Italia Sparkle e da
Fastweb ha revocato la richiesta avanzata al giudice per le
indagini preliminari di nominare al vertice delle due aziende un
commissario giudiziale ai sensi della legge 321/01. Si tratta di
una norma che prevede la responsabilità oggettiva delle aziende
per i comportamenti contra legem dei loro dirigenti.
La revoca della richiesta di commissariare TI Sparkle e Fastweb è
un chiarimento importante e positivo che consente alle aziende
interessate di poter continuare nella normale operatività senza
dover soggiacere al capestro di una gestione catapultata
dall’esterno che non avrebbe potuto che influenzare molto
negativamente l’andamento delle due aziende in danno delle
società stesse, degli azionisti, dei dipendenti, dei
collaboratori, dell’indotto e dei clienti.
Il prezzo che Sparkle e Fastweb hanno pagato per poter continuare
regolarmente la loro attività è stato notevole, anche in termini
economici. L’entità delle garanzie fidejussorie accantonate è
decisamente rilevante, calibrata su una valutazione che assomma il
massimo fra penalità possibili, utili indebitamente percepiti,
elusione Iva così come contestati dalla Procura. Per Fastweb ciò
ha significato riportare il segno meno nella bottom line di un
bilancio, quello del 2009, che per la prima volta si era chiuso col
segno più.
Fastweb ha
pagato anche in termini gestionali: la Procura non si è
accontentata dello spin off delle attività wholesale, quelle
oggetto di contestazione, ma ha preteso l’autosospensione di
Stefano Parisi, il manager che ha guidato l’azienda negli ultimi
anni con risultati molto positivi. Al punto che i nuovi azionisti
di Swisscom non solo lo hanno confermato amministratore delegato
quando sono diventati l’azionista di riferimento, ma hanno fatto
quadrato attorno a lui anche in questa vicenda.
Parisi, va ricordato, è semplicemente il destinatario di un avviso
di garanzia nell’ambito di un’indagine che ha coinvolto decine
e decine di persone, molte delle quali anche ristrette in carcere.
Sino a giudizio definitivo, egli resta innocente.
Il sospetto di un suo coinvolgimento è però valso a costringerlo,
per evitare guai maggiori a Fastweb, a rinunciare alle redini
dell’azienda. Un danno personale, ma anche per Fastweb che si
trova costretta a rinunciare ad una professionalità
importantissima: non è la condanna a morte che probabilmente
sarebbe seguita all’arrivo del commissario, ma è certamente un
handicap pesante in un mercato competitivo come le tlc.
Parisi si è “autosospeso” in attesa di un chiarimento. Prima
ancora che per lui, è importante per l’”ecosistema” Fastweb
che la magistratura riesca a stringere i tempi di questo
chiarimento.
I precedenti non fanno ben sperare, ma i magistrati dovrebbero
avere ben chiaro che in gioco sono i destini di decine di migliaia
di persone e la stessa credibilità internazionale dell’Italia e
della sua giustizia. Più tempo passa, più tutti saremo perdenti.
Nel frattempo, sarebbe bene che la politica cominci ad interrogarsi
sui meccanismi e sulle conseguenze di una legge, la 231, che in
certi casi rischia di fare danni maggiori dei giusti interessi che
si propone di tutelare.