LA FUSIONE

Fastweb-Vodafone, ecco i nodi da sciogliere



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L’Antitrust pubblica il provvedimento che dà il via all’indagine per verificare gli impatti sulla concorrenza. Sul mobile nessuna criticità, è sul fisso che l’Autorità accende i riflettori: nel mirino i mercati dei servizi di accesso all’ingrosso e di quelli al dettaglio per la clientela residenziale e aziendale nonché di quelli per la pubblica amministrazione

Pubblicato il 17 set 2024



merger, acquisizione, takeover, rete unica

L’operazione Fastweb-Vodafone presente profili di criticità riguardo agli impatti nel mercato della rete fissa mentre non si rilevano questioni sa sollevare sul fronte del mobile. L’Autorità Antitrust ha pubblicato il provvedimento (QUI IL DOCUMENTO) che mette nero su bianco le questioni da prendere in esame a seguito delle segnalazioni pervenute da parte dei competitor e che hanno dato il via all’indagine sul progetto di fusione. Secondo l’Antitrust “l’operazione appare suscettibile di ostacolare, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, della legge n. 287/1990, in modo significativo la concorrenza effettiva, in particolare a causa della costituzione o del rafforzamento di una posizione dominante, nei mercati dei servizi di accesso all’ingrosso di rete fissa, dei servizi al dettaglio di rete fissa per la clientela residenziale, dei servizi al dettaglio di rete fissa per la clientela aziendale e dei servizi al dettaglio di rete fissa per la pubblica amministrazione”.

Il duopolio Tim-Fastweb nel B2B

Nel provvedimento sono analizzati nel dettaglio i singoli segmenti di mercato e per quel che riguarda i servizi business l’operazione “comporterà il venir meno della pressione competitiva esercitata attualmente da Vodafone – il terzo operatore di mercato – determinando la creazione di un duopolio composto da Tim e da Fastweb. La restante parte del mercato sarà servita da una frangia competitiva di operatori che servirà una domanda piuttosto residuale”. E ancora: “L’operazione, pur non facendo venir meno l’attuale posizione di preminenza di Tim, comporterà il rafforzamento di Fastweb, che verrà a detenere una quota di mercato del 30-35% in valore e del 20 -25% in volume, con un incremento di quota rispettivamente del 10-15%. L’entità post-merger aumenterà quindi il proprio distacco dagli altri operatori minori presenti sul mercato. In particolare, la differenza di quota di mercato rispetto a Wind3 risulterà pari a 30-35 punti percentuali considerando le quote in valore, e di quasi 20-25 punti percentuali in termini di quote in volume”.

Il duopolio Tim-Fastweb nella PA

Riguardo agli effetti dell’operazione nel mercato al dettaglio dei servizi di rete fissa destinati alla PA secondo l’Antitrust si assisterà a una modifica della struttura del mercato “nel senso che, venendo meno il vincolo competitivo esercitato da Vodafone, il numero di concorrenti passerà di fatto da tre a due, con un rafforzamento del duopolio tra Tim e Fastweb, ai quali si contrapporrà soltanto una frangia di operatori marginali, che congiuntamente soddisfano meno dell’1% della domanda”. E in prospettiva, segnala l’Autorità, “lo scarso dinamismo del mercato registratosi negli anni passati non consente di ipotizzare l’ingresso di nuovi operatori nel breve-medio periodo”. In sostanza l’operazione “pur non pregiudicando l’attuale posizione di leadership sul mercato dell’operatore storico Tim, comporterà una riduzione dell’asimmetria tra i due principali concorrenti,– Tim e Fastweb, che attualmente dominano il mercato. In particolare, sulla base dei dati forniti dalle parti, l’entità post-merger verrà a detenere una quota di mercato del 45-50% in valore, mentre quella in volume si attesterà al 30-35%, con un incremento di quota rispettivamente pari al 10-15% e al 5-10%. Ciò implica che quasi la metà del fabbisogno in valore e circa un terzo dei volumi complessivi richiesti della pubblica amministrazione sarà servito dall’entità post-merger”.

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