Femtocelle al debutto. Partono Vodafone e Huawei

La tecnologia permette di estendere la copertuta fino a casa dell’utente. Ma è ancora tutta la valutare la stabilità del segnale sotto femtocella

Pubblicato il 21 Lug 2009

Le femtocelle stanno passando dalla fase dei test a quella dei
lanci commerciali, ma con lentezza da lumaca. Adesso, la notizia
del primo servizio femtocelle in Europa: avviato il primo luglio da
Vodafone nel Regno Unito. È uno scatolotto che, collegato
all’Adsl, crea una piccolissima cella di rete mobile a casa,
ripetendo così il segnale dell’operatore. Prima del Regno Unito,
il servizio è stato lanciato da Sprint e da Verizon negli Usa. Uno
analogo è anche in Giappone. Vodafone regala la femtocella a chi
ha piani tariffari di almeno 60 sterline al mese; altrimenti la
vende a 160 sterline, rateizzabili fino a 24 mesi. «Vodafone ha
scelto di utilizzare le femtocelle nel modo più elementare: per
estendere la copertura di rete fino a casa dell’utente. Segno che
siamo ancora in una fase iniziale del mercato femtocelle»,
commenta Steven Hartley, analista di Ovum. Le
femtocelle, poiché localizzano molto finemente l’accesso
dell’utente alla rete mobile, permettono infatti di offrire anche
servizi e tariffe speciali. Sconti per le chiamate fatte sotto
femtocella, servizi location-based, possibilità di download/upload
di contenuti video troppo pesanti per la normale rete
dell’operatore.

«Il servizio è comunque strategico, perché permette
all’operatore di trattenere o conquistare quegli utenti che
soffrono di scarsa copertura di segnale a casa o in ufficio»,
continua Hartley. Una migliore copertura cellulare può sostenere
anche il fenomeno, già rampante, della sostituzione
fisso-mobile.
«Permette inoltre di aumentare il traffico voce/dati e al tempo
stesso di sgravare la rete normale, basata su macro celle.
L’operatore può così contenere i costi accrescendo i ricavi»,
aggiunge.
Dicono da Vodafone di guardare con interesse a questo servizio, ma
ancora di non avere piani precisi per un lancio in Italia. Uno dei
problemi è l’alto costo di questi apparati, che grava
sull’utente e in parte sull’operatore che li sussidia. Ovum
apprezza la scelta di Vodafone di offrire diverse modalità per
avere la femtocella (a differenza di Verizon e Sprint). Per
l’operatore ci sono poi costi extra per gestire il nuovo
servizio, a partire da nuovi apparati da installare (gateway che
aggregano migliaia di femtocelle in una singola interfaccia
connessa con la rete mobile).

È ancora da verificare inoltre la compatibilità tecnica, il
rischio di interferenze, la stabilità del segnale sotto
femtocella. Ecco perché Vodafone per ora evita di abbinarvi
servizi extra. «Va bene in questa fase di rodaggio. Dopo, per
raggiungere sufficiente penetrazione e quindi economie di scala,
Vodafone dovrà differenziare ulteriormente l’offerta rivolta
agli utenti che si dotano di femtocelle», dice Hartley.
Scettico John Strand, presidente di Strand Consult: «l’idea di
utilizzare femtocelle è nata in previsione dell’aumento del
traffico banda larga mobile. Come soluzione quindi alle limitate
capacità delle macro celle della rete dell’operatore. Ma
l’errore è stato sottovalutare la naturale evoluzione del
mercato». E cioè: «il calo dei costi necessari per potenziare
l’infrastruttura di rete, la possibilità di utilizzare nuove
frequenze per i servizi cellulari, la diffusione di accordi di site
sharing (l’ultimo tra 3 Italia e Tim, Ndr)». Tutti fattori che
permettono agli operatori di offrire più banda a parità di costi
(o la stessa banda a costi decrescenti). Strand ritiene, di
conseguenza, che sarà difficile per un operatore mettere in piedi
un business case sostenibile con le femtocelle. Crede che il
mercato sarà di nicchia.

Migliore fortuna, secondo Strand, avranno le picocelle (vie di
mezzo tra le femto e le macro), che coprono un intero palazzo,
anziché solo un ufficio o un’abitazione. In effetti, Ericsson,
che prima era uno dei principali produttori a scommettere sulle
femtocelle, adesso sta spostando il proprio focus sulle
picocelle. 
Più ottimista Juniper Research: «il mercato globale delle
femtocelle 3G varrà 9 miliardi di dollari nel 2014», dice
l’analista Howard Wilcox. «Nei Paesi sviluppati, va verso il
mercato di massa».

E anche Huawei lancia la sua femtocella. L’azienda cinese ha
presentato il suo Femtocell 2.0, il dispositivo portatile per
accesso wireless che permette di collegarsi direttamente a una rete
Dsl broadband standard o a un servizio cablato, in ambienti sia
residenziali che business. “La nostra soluzione e i nostri
dispositivi femtocell sono perfettamente preparati per favorire
l'adozione da parte del mercato di massa – puntualizza Jiang
Wangcheng, president of Umts di Huawei Wireless -. Siamo
attivamente impegnati nel collaborare con tutti gli operatori
mondiali allo scopo di promuovere ulteriormente la diffusione dei
servizi broadband mobili attraverso l'offerta agli utenti di
una value proposition particolarmente interessante”. Il
dispositivo, premiato con iF Design Award e Red Dot Design Award,
supporta applicazioni di streaming video, Iptv, video conferencing
e broadband mobile. Finora Huawei ha implementato oltre 20 reti
femtocell pre-commerciali e di prova in collaborazione con i
maggiori operatori di telecomunicazioni globali. Nel dicembre 2008,
infine, ha inaugurato a Singapore la prima rete femtocell 3G
commerciale del mondo per conto di StarHub.

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